"Abbiamo ascoltato la gente comune e provato a metterci sulla lunghezza d´onda"Chi di noi non ricorda questa frase.Mario Serio faceva parte della Corte federale che ha partorito quel popò di sentenza d'appello sullo scandalo calcio. E a distanza di mesi eccone una riproposizione. Stavolta è Giancarlo Abete a dichiarare: «l'opinione pubblica vuole comportamenti diversi».
Se siamo nuovamente arrivati a queste dichiarazioni, allora siamo messi maluccio.
Aveva ragione il compianto Enzo Biagi a parlare di “Santa inquisizione”, quando al termine dei processi sportivi si lesse: “Abbiamo cercato di interpretare un sentimento collettivo".
Una Corte che interpreta, badare bene, interpreta un “sentimento collettivo”.
Ma i processi, di giustizia sportiva, civile e penale, non avrebbero bisogno di prove certe, o perlomeno inconfutabile per dare alla Corte la possibilità di esporre la propria sentenza?
Dottor Abete, ci dispiace contraddirla, ma l’opinione pubblica in tutto questo conta come il due di picche quando la briscola è a cuori. L’opinione pubblica si deve attenere alle indagini svolte dagli inquirenti e alla buona fede del lavoro svolto da magistrati e giudici, non può e non deve avere voce in capitolo sulle decisioni che si esprimono in un’aula di tribunale.
Sarebbe come andare dal macellaio sotto casa e chiedere che pena si dovrebbe infliggere a questo o a quello, e con lo stesso metodo chiedere ad un giudice di stabilire il prezzo dell’agnello sotto le festività natalizie o pasquali.
Viviamo e lavoriamo in un Paese già di suo “grottesco”, dove tutto è usato secondo le circostanze o degli interessi, cerchiamo almeno nelle occasioni in cui la parola “giustizia” deve fare il proprio corso, di non intralciare con frasi fuori luogo, l’andamento trasparente del lavoro di persone pagate dai contribuenti, e di non portarle a scegliere i metodi usati nel XV secolo.
Si torna a parlare di celerità, a me onestamente questi due argomenti toccati, “opinione pubblica” e “celerità” fanno decisamente paura.E non per questioni personali, ci mancherebbe, mi è stato insegnato, per fortuna, di fare sempre e comunque le cose bene e che la fretta è solo portatrice di cattivi consigli, e che il giudizio della gente debba sempre e comunque essere preso per quello che è.Invece mi sembra di essere salito sulla macchina del tempo di “Ritorno al futuro”, che in questo caso fa un viaggio a ritroso.
Ci siamo vergognati in molti, non solo il Senatore Cossiga, al tempo di quelle sentenze, risultate contrarie ad ogni codice etico che possa rispettare prima di tutto l’uomo che l’imputato, per poi sentirci dire, come se fosse un articolo di un codice, che la gente comune aveva la necessità di trovare un colpevole.
Ma noi siamo testoni, e da allora ci continuiamo a chiedere di quale giustizia, se poi giustizia non è stata, se non una sommarietà totale di quello che è stato.
Quindi Dottor Abete, lasciamo che il procuratore federale abbia il tempo di valutare questo nuovo filone di intercettazioni, con la dovuta calma e soprattutto con gli atti completi in mano, di danni, a suo tempo, ne sono stati gia fatti, e anche molti.
Non ci rincorre nessuno, questa volta non c’è l’Uefa che ha bisogno di liste o di un campionato che ha bisogno di stilare calendari, ma anche ci fosse la necessità di tutto questo, si ricordi che è più importante la dignità di un uomo, dei propri famigliari, del proprio figlio che tutti i giorni va a scuola, che di una partita di pallone.
E’ facile, in questa sorta di Paese democratico e civile, etichettare una persona, e renderla visibile sotto certe vesti per tutta la vita, per una sorta di sciacallaggine espressa da giornali e televisioni da dare in pasto al macellaio sotto casa.
di Cirdan
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