L'ippica di casa nostra sta attraversando la peggior crisi della propria storia ma questo non basta ad attenuare la campagna di una certa stampa contro
Infinitif, l'ultimo trionfatore del
Derby italiano del trotto (indigeni di 3 anni) che, fatto unico nella storia del "
Nastro Azzurro", ha saputo imporsi da imbattuto, il suo
score parla chiaro: 8 vittorie su 8 apparizioni in pista. Secondo questo palese e violento attacco mediatico, Infinitif non sarebbe italiano, quindi non avrebbe avuto le credenziali per correre il Derby e andrebbe radiato.
Ma cosa ha commesso l'allievo di
Jean Pierre Dobuis appartenente alla scuderia
Bolgheri (che lo ha pure allevato) per meritare un trattamento del genere? Sua madre,
Island Dream, sarebbe stata registrata in ritardo nel libro genialogico italiano. In poche parole e sostanza la requisitoria è basata soltanto su cavilli burocratici. Tanto è vero che vi è una seconda interrogazione in
Senato, presentata dai senatori Giuseppe Saro (Dca) e Paolo Scarpa Bonazza (FI) al ministro dell'agricoltura Paolo De Castro e vi è stata una prima pronuncia del
Tar di Roma su una richiesta di sospensiva.
Ma analizziamo nel dettaglio regole, sentenze e commenti:
La Gazzetta dello Sport si è occupata premurosamente del caso Infinitif, chiedendo, con la firma di Michele Ferrante, la non italianità del vincitore del derby nazionale.
Nell'articolo
pubblicato in data 15/12/2007, relativo alla sentenza del Tar, il giornalista commette tre inesattezze.
La prima riguarda il numero di cavalli (secondo lui) non in regola, scrivedo: "
l'Unire nel breve dibattimento ha sostenuto la presenza di altri 800 cavalli non in regola ma ugualmente attivi", niente di più sbagliato, perchè questo fantomatico numero di cavalli (lo riproporremo anche più avanti) è relativo ai puledri nati nel 2006 e registrati in ritardo, ma pur sempre registrati (
Anact, l'associazione nazionale allevatori del cavallo trottatore)) e quindi non irregolari.
Il discorso in questo caso si potrebbe allargare; di cavalli registarti in ritardo c'è nè sono ogni anno, sopratutto per problemi burocratici che allungano, e anche di molto, la registrazione degli stessi, la cosa che invece sbalordisce è questo accanimento solamente per il caso Infinitif riguardante Island Dream, la madre. Anche la mamma di Viking Kronos (unico tre anni che "rubò" la platea a Varenne, fino al 71°Derby del trotto poi vinto dal campione di Zenzalino) era "straniera" (americana), ma non lasciò mai gli States, e tutto questo baccano non scoppiò.
La seconda è relativo alla presa d'atto dell'Unire, che secondo Ferrante avrebbe riconosciuto la posizione irregolare di Infinitif, scrivendo: "l'Unire ha fatto di tutto e di più, dichiarando la regolarità di Infinitif (segretario Soverchia) per poi prendere atto che qualcosa non quadrava (commissione voluta da Melzi) e, infine, ammettere di fatto la non regolarità della posizione di Infinitif". Ammettendo cosa, se è stata proprio l'Unire ad ammettere di fatto la regolarità di Infinitif nel momento in cui si è costituita davanti al Tar, insieme al ministro dell'agricoltura, Paolo De Castro, opponendosi al ricorso della Trofal Stars (scuderia appartenente al secondo arrivato, Impeto Grif, nel Derby).
Per dirla tecnicamente sia la
Haras Nationaux (amministrazione pubblica francese dipendente dal ministero dell'agricoltura, vigente da oltre 300 anni negli interessi del territorio, degli agricoltori, degli allevatori, degli appassionati di cavalli etc.), sia il Ministero dell'agricoltura, sia l'Unire, sia l'Anact e per ultimo ma non ultimo il Tar del Lazio, dicono che è tutto regolare, tranne Michele Ferrante che bombarda l'opinione pubblica sostenendo una sua idea: Infinitif non è italiano; nonostante a favore di Dubois ci siano organismi ufficiali, italiani e francesi, tribunale compreso.
Per concludere con la chicca virgolettata in cui scrive: "a una sommaria valutazione dei documenti presentati non esistono elementi sufficienti per provare che Infinitif non è italiano", mentre il Tar una cosa del genere non l'ha mai scritta.
Sul sito
Cavallo 2000, si riporta testuale la sentenza del Tar con le parole: "
a una sommaria delibazione propria della fase cautelare, il ricorso non presenta consistenti elementi di fondatezza, in particolare alla luce della documentazione depositata in atti". In parole povere, non c'è alcun elemento che fonda l'accusa. Voglio pensare che non ci sia malafede nella penna di Ferrante, ci mancherebbe, ma è altresì vero che modificare a proprio piacimento una sentenza di un Tribunale amministrativo che si è espresso molto chiaramente, suona in maniera distorta.
Concluderei sottoponendo tutti voi ad alcune nozioni basilari: Ferrante chiude l'articolo denunciando il fatto che Island Dream è "stata sempre francese". Certamente che è francese, i cavalli nati "francesi" rimarranno per sempre tali, registrati come tali nei libri genialogici francesi, con una sostanziale differenza che distingue fattrici e stalloni dai puledri.
Dunque, i puledri alla nascita possono appartenere ad una sola razza, mentre una fattrice francese, come il caso di Island Dream, deve essere iscritta a due "Stud Book": a quello francese in quanto come razza di appartenenza e a quello italiano come madre francese autorizzata a produrre puledri italiani, stessa situazione vale per gli stalloni, direi molto semplice.
Adesso vi saranno ulteriori pronuncie sul merito delle quali sarebbe bene attendere i risultati per poi adeguarsi, senza la necessità di imbastire un processo mediatico di tale
violenza.
Il proprietario-allevatore di Infinitif è Jean Pierre Dubois, il genio bretone, l'uomo di Varenne, che ricorda molto da vicino (per gli appassionati) il mitico Federico Tesio, l'uomo che a sua volta creò Nearco e Ribot.
In Francia lo scorso anno Dubois è stato insignito del titolo di cavaliere al merito della Repubblica, con il conferimento della Legion d'Onore per meriti relativi alla sua attività di allevatore. Giusto per la cronaca ricordiamo che
Dubois si è lauretao capolista nella classifica degli allevatori di trotto nel 2007, secondo per quanto riguarda il galoppo in piano e ancora primo per il galoppo ad ostacoli. Un trionfo, mai perseguito da nessun'altro prima.
Qualcosa che ha generato invidie?
Io personalmente ho avuto la fortuna di conoscerlo per qualche minuto, scambiandoci due chiacchere in un pomeriggio primaverile sulla Costa Azzurra, Cagnes Sur Mer, nella giornata di corse imperniata sul Gran Premio de Vitesse. Persona squisita, disponibile, niente giacca, niente cravatta, e il fango sul volto, una voce timida quasi accennata, e l'entusiasmo di un ragazzino che si appresta ad impare il mestiere mentre alza la zampa di un cavallo prima della ferratura di rito. Per noi appassionati, uno di noi, uomo di cavalli, abituato da sempre a lavorare duro, alzandosi alle 5 del mattino, in sintesi, la riedizione in tempi moderni dell'uomo che sussurava ai cavalli.
Grazie al suo genio, la coniugazione tra il sangue americano (velocità) e il sangue francese (fondo), ha creato genialogie e trottatori unici nel panorama internazionale e l'Italia ha potuto gridare, gioire e godere di un certo Varenne, il trottatore più forte di ogni epoca. Le fattrici del genio bretone, nel nostro paese, hanno e continuano a produrre cavalli che anno dopo anno conseguono risultati eccellenti nel panorama nazionale e mondiale.
L'America è da sempre terra di cavalli, la costa est ospita corse dalla fama mondiale, Varenne ci sbarcò come un alieno, vincendo e strabiliando i magnati statunitensi, che provarono in ogni modo a portarlo, come stallone, ad alimentare, tramite il suo seme, le folle di milioni di appassionati.
Disgustato da tutta questa gazzarra, Dubois ha già trasferito Infinitif negli Usa, giudicando immotivata, strumentale e spinta dall'invidia, la gogna mediatica che si è scagliata contro il suo "allievo", e gli americani lo hanno accolto a braccia aperte.
Insomma un patrimonio perso, per l'Italia e per l'allevamento di casa nostra, fra pochissimi anni, in America ringrazieranno con sarcasmo, coloro che hanno voluto questo, vedendo prima nascere e poi correre i figli di un campione vero, di quei campioni che nascono ogni 15/20 anni.
Tutto questo per la soddisfazione di chi ha tinto con fiumi d'inchiostro pagine per far trionfare la burocrazia a scapito dello sport.
Claudio Zanetti, giornalista di Libero da cui ho tratto spunto per questo pezzo, conclude un articolo apparso ieri sul quotidiano(26/01/2008 ndr), che qualcuno ha già definito lo scandalo, la "passaportopoli equina", con un chiaro riferimento a numerosi altri cavalli (sia chiaro, si tratta di ipotesi su oltre 800 puledri "irregolari", che poi irregolari non sono visto che sono registrati dall'anact solamente in ritardo per quanto riguarda l'anno 2006) che si trovano più o meno nella stessa situazione burocratica. Fra questi anche autentici "campioni", che adesso fanno il mestiere degli stalloni. E allora che facciamo, radiamo anche loro?
La domanda che si pone Zanetti è: Qualche "trombato", ridotto alla disperazione, sta forse tramando per dare una spallata ad un settore agonizzante all'insegna del "crepi Sansone con tutti i Filistei"?
Ci ritroviamo, per l'ennesima volta, a veder buttare fango (ed Infinitif di fango "vero" agli avversari ne ha sempre fatto mangiare) su di un campione di casa, sull'ennesimo dono della natura che avrebbe potuto dare slancio, o meglio rilancio, ad un settore da sempre in crisi, e invece giù sentenze, ancor prima di un giudizio.
Una sentenza questa volta non per doping o corse truccate, il che porterebbe a ben altre riflessioni, ma per un semplice e mero dato burocratico.
La "stampa" in genere, ai tempi di Varenne, si precipitò in massa per ammirare e scrivere fiumi d'inchiostro sull'Atleta chiamato Cavallo, per poi rinculare immediatamente appena l'attività agonistica del "Capitano" giunse alla fine, lasciando questo sport, seguito da milioni di appassionati, nel buio delle cronache. E oggi torna prepotentemente, non per elogiare e valutare gli ultimi 400 metri, il rotolo finale dell'ultimo chilometro, il parziale che dai 600 ai 200 mette fine ad una corsa vinta in solitaria, ma bensì per far perdere all'allevamento italiano un "pezzo da 90".
E tutto questo per la probabile battaglia che si è avuta in seno all'Anact dove il presidente uscente e gli amici l'hanno persa?
Perchè il consenso degli allenatori era stato perso per sempre?
Perchè una sorta di vendetta trasversale, nata probabilmente contro Dubois per le amicizie con allevatori che si sono schierati, a torto o a ragione, contro una certa gestione, si è dovuta consumare?
Domande che non ci portano a nessuna risposta, ma, che forse, la troveremo nelle sedi di competenza.
Oggi (27/01/2008 ndr), all'ippodromo parigino di Vincennes, si disputerà il Prix d'Amérique, nato nel lontano 1920, e considerato l'evento mondiale per il cavallo trottatore, corsa che si disputerà nei saliscendi della pista in carbonella "nera" sulla distanza dei 2700 metri.
Nell'edizione 2001 e 2002, i nostri colori hanno visto trionfare Varenne, come dominatore assoluto, mentre nella prima apparizione, alla verde età di 4 anni, del 2000, pur giungendo sul traguardo terzo, fu considerato da tutti (francesi inclusi, e vi assicuro che questo valse più di una vittoria) come il vincitore morale, per un 'impresa che mai si era vista nel teatro europeo del trotto.
Pare un destino amaro che questa corsa si chiami proprio "Amérique", il Paese che ci ha, a ragione, sottratto colui che avrebbe potuto farci rivivere certe emozioni, ripercorrendo le orme del campione di Giampaolo Minnucci e della scuderia Dany, e in un futuro prossimo, con la fondata speranza di far nascere, con il proprio seme, puledri che avrebbero fatto le fortune di allevatori e allenatori italiani.
di Cirdan
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