L’ESPOSIZIONE A ATTIVITA' RISCHIOSE è PARI A 742 MILIARDI DI EURO
Da qualunque parte si cerchi di vederla, il contagio della crisi finanziaria generatasi oltreoceano appare molto significativo. La diffusione è stata rapida, ma non potrà essere indolore. Alla luce dei dati diffusi ieri da Mediobanca R&S che ha preso in esame gli ultimi tre semestri delle prime venti banche europee l’impatto complessivo della crisi finanziaria in 12 mesi (da giugno 2007 a giugno 2008) potrebbe pesare sui bilanci degli istituti di credito in Europa (comprese Unicredit e Intesa SanPaolo) per 213 miliardi di euro (156 a conto economico e 57 a patrimonio netto causato dalla svalutazione degli attivi). Dallo studio emerge, inoltre, come sia pari a 742,2 miliardi, che corrisponde al 93,5% del patrimonio di vigilanza, l’esposizione alle attività più rischiose, i cosiddetti titoli tossici delle principali 20 banche europee. Inoltre le operazioni di ricapitalizzazione messe in campo dai vecchi soci e dai Governi nazionali non hanno costituito un vero e proprio rafforzamento del sistema, perché sono servite a malapena a colmare il deficit patrimoniale provocato dalle perdite accumulate nei primi sei mesi di quest’anno. In cifre, da gennaio a giugno di quest’anno le grandi banche europee hanno raccolto 49,5 miliardi di euro tramite aumenti di capitale a fronte di svalutazioni degli attivi pari a 57 miliardi. Se ne dovrebbe dedurre che non c’è stata una reale stabilizzazione del sistema.
Come evidenziato sopra l’esposizione alle attività più rischiose supera già ampiamente il valore della manovra decisa dal segretario al Tesoro americano, Ma se si considera che in questa partita ci sono sul tavolo anche le ormai famigerate attività di finanza strutturata che per eufemismo si definiscono particolarmente “illiquide” (sono di fatto crediti inesigibili) si deve anche considerare in prospettiva la possibilità che queste partite generino anche abbattimenti integrali del loro valore nominale. L’azzeramento di queste posizioni si tradurrebbe in un falò dove verrebbero bruciati ancora 381 miliardi cioè il 61,8% del cosiddetto patrimonio di vigilanza. In alcuni casi (Credit Suisse, Ubs e Deutsche Bank) l’incidenza stimata sarebbe addirittura superiore al 100%. Per venire ai problemi di casa nostra, potrà suonare curioso il fatto che sotto questa luce la situazione di Unicredit sia assai migliore di quella di Intesa SanPaolo. Dopo essere stato bersagliato da una pioggia di vendite che hanno trascinato il titolo sotto al valore dei 2 euro a piazza Affari, il gruppo guidato da Alessandro Profumo si prende la rivincita: l’incidenza sul patrimonio di vigilanza delle attività di finanza strutturata di classe C pesa sui conti di Unicredit per il 2,5% mentre grava su Intesa SanPaolo per il 13%. Insomma in piazza Cordusio non stanno messi affatto male se paragonati ai guai degli altri. Ma tutto quanto detto non è, purtroppo, un consuntivo di bilancio. L’anno nero delle banche non si è ancora ufficialmente chiuso e i pessimisti non intravvedono ancora l’uscita dal tunnel.
di Alessandra Mieli
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