
"I tagli non saranno ai servizi ma solo agli sprechi attraverso una razionalizzazione delle risorse".
Lo ha spiegato Maurizio Gasparri, Capogruppo del PdL, al termine del vertice che si è tenuto ieri (marted' 4 novembre) a Palazzo Grazioli, in un incontro tra il premier Silvio Berlusconi, il ministro Gelmini e i vertici del Popolo della Libertà e della Lega Nord alla Camera e al Senato.
Incontro che ha toccato la riforma universitaria in tre punti: il ministro dell'Istruzione illustrerà le linee guida della legge, poi aprirà la discussione con studenti, professori, rettori e opposizione e infine arriverà il disegno di legge in Parlamento per l'approvazione. Una mappa che dovrebbe risollevare le sorti dell'univeristà italiana.
"E' passata la nostra proposta, i tagli non saranno orizzontali e generalizzati, ma mirati" ha aggiunto Italo Bocchino.
C'è da pensare che gli atenei virtuosi, insomma, non dovrebbero avere problemi, mentre saranno tempi duri per le università che sperperano soldi.
La cosa incredibile è che esiste già una legge che dovrebbe punire chi non rispetta i parametri, ci sono sanzioni che sarebbero previste per le università che spendono per il personale più del 90% dei cosiddetti "fondi di finanziamento ordinario", in pratica i soldi pubblici che arrivano agli atenei. Ma poi ci sono le consuete "deroghe", introdotte all'inizio dell'anno, legge 31/2008, che di fatto, in un caso, abrogano gli aumenti dei costi del personale avvenuti l'anno precedente.
Ma nell'incontro avuto ieri, alla fine si è deciso di rallentare l'iter della riforma.
Entro l'anno il Parlamento avrebbe dovuto approvare federalismo fiscale e riforma della giustizia, difficile però che accada. Tra Camera e Senato c'è un ingorgo: il lista di attesa ci sono ancora i collegati alla manovra economica, la Finanziaria, vari decreti in scadenza, il pacchetto sicurezza, insomma una scaletta che difficilmente verrà rispettata per come aveva in mente il premier.
E tra queste proprio l'università, quindi c'è da presupporre che non ci sarà il decreto, neanche quello ipotizzato per bloccare i concorsi per docenti universitari, ma uno o più disegni di legge.
In parole povere se ne riparlerà il prossimo anno.
Un esecutivo che comincia ad essere insofferente, un Silvio Berlusconi stufo delle continue mediazioni che stanno rallentando l'azione riformista del governo e appannando la sua immagine di leader decisionista.
Ma il premier ha comunque voluto incitare i suoi a non farsi intimidire dalle proteste nelle piazze e negli atenei, perchè la gente è ancora dalla sua parte e i sondaggi lo dimostrerebbero.
La raccomandazione di Berlusconi, uscita ieri da Palazzo Grazioli, si è rivolta alla comunicazione, argomento trattato in questo spazio, sollecitando una parallela campagna ogni volta che partono riforme importanti come quella della scuola e dell'università in modo che agli elettori arrivino messaggi chiari.
E allora ci sorgono spontanee alcune domande: e se queste riforme, per le problematiche sopraelencate, non dovessero esserci in tempi brevi che si fà? Non parliamo più? Spegniamo il televisore? E ancora: e se queste riforme alla fine dei conti si rivelano solo delle riformine non lo si comunica?
Come giustamente sottolinea Arturo Diaconale, nell'editoriale apparso oggi sull'Opinione, tra il ripensamento e il decisionismo andrebbe scelta la strada del decisionismo intelligente, non solo per le tematiche inerenti la scuola, l'università o il contratto dei pubblici dipendenti e quello dell’Alitalia-Cai ma per uscire dalla crisi generale che pesa in maniera sempre meno sopportabile sul paese.
Una decisione intelligente sarebbe quella di comunicare con gli italiani, sia quando si fanno le riforme, sia quando non si possono fare, sia quando queste vengono prese per tali e non lo sono.
di Cirdan
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