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mercoledì 26 novembre 2008

IL PROCESSO CHE NON CI SARA'

Fabio Napoleone, Nicola Piacente e Stefano Civardi hanno inoltrato al gup Mariolina Panasiti la richiesta di mandare a giudizio Giuliano Tavaroli, ex capo della security di Telecom, e altre 33 persone di Telecom e Pirelli nell'ambito dell'inchiesta sui dossier illegali.
Quattro mesi dopo la conclusione dell’inchiesta penale, terminata lì dove era iniziata, sono giunte le richieste di rinvio a giudizio per trentaquattro indagati, ai quali si contestano i reati per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione di pubblici ufficiali, la rivelazione di notizie coperte dal segreto d'ufficio e dalla privacy o concernenti la sicurezza dello Stato, accesso abusivo al sistema informatico, intercettazioni telematiche, appropriazione indebita e corruzione internazionale.
In base alla legge 231 del 2001, il decreto legislativo che disciplina la responsabilità amministrativa delle società, sono state iscritte nel registro degli indagati anche Telecom e Pirelli.
Dagli atti si evince che le due società non hanno adottato un modello organizzativo al fine di prevenire la commissione di reati fino al maggio 2003. E dal momento in cui lo hanno adottato non lo hanno efficacemente attuato e nemmeno hanno adeguatamente vigilato sulla sua osservanza, rendendo così possibile che Tavaroli commettesse nell'interesse della società diversi reati
Dunque secondo la procura il gruppo dedito allo spionaggio agiva nell’interesse della società, quello che è da stabilire è se l’interesse era dedito ai vertici e se su loro mandato, e poco importa se agli atti le due società sono state citate in giudizio per la mancata vigilanza come sopraccitato, visto che le stesse si costituiranno come parti lese per il lato relativo alla fatturazione di servizi non richiesti.
Secondo alcune indiscrezioni diffuse dai giornali, gli imputati e le due società, starebbero trattando con i pm il patteggiamento.
L'ex brigadiere dell'antiterrorismo dei carabinieri Giuliano Tavaroli, attraverso i suoi legali, nelle ultime settimane avrebbe trovato un accordo con i pm milanesi per individuare una pena congrua: cinque anni di carcere, e vista la detenzione già scontata di un anno, altri tre potrebbero essergli condonati grazie all'indulto, evitando di fatto, visti i cinque anni come massima pena in caso di patteggiamento, il carcere.
Con identica strategia dovrebbero muoversi molti degli indagati, fatta eccezione per pochi, tra cui Marco Mancini, il numero tre del Sismi, che ha sempre respinto l'accusa di aver passato notizie riservate del Sismi alla sicurezza Telecom in cambio di denaro, e Giampaolo Spinelli, ex capocentro Cia a Mogadiscio.
Pirelli e Telecom invece avrebbero proposto un risarcimento alle migliaia di persone dossierate.
Entrambe le società, con un patteggiamento di circa un milione di euro, si libererebbero dall'accusa di non aver vigilato sui propri dipendenti, la legge 231.
L'udienza preliminare dovrebbe aprirsi tra un paio di mesi e non è detto che sia sede anche di alcuni interrogatori resi in forma di incidente probatorio, e seguita da un’altra udienza in cui il gip Giuseppe Gennari dovrà decidere la distruzione dei dossier acquisiti illecitamente, nel rispetto della legge approvata due anni fa con l'accordo di tutte le forze politiche.
L’illogicità della giustizia italiana è un problema che non tocca solo il caso Telecom, e se il giudice dell’indagine preliminare aveva denunciato la stortura dell’abbozzo sui vertici delle due società - infelice supporre che loro non sapessero - non si può far finta che non esistano problemi strutturali.
Attenderemo un processo che, grazie ai patteggiamenti e salvo colpi di scena, si preannuncia rapido, ammesso che un processo si faccia.
di Cirdan
scritto con la collaborazione di Kaos

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