Santo Mollo aveva dichiarato, nei giorni pre Gran Premio d'Europa, che se Lana del Rio avesse corso il doppio giro dell'anello milanese in 2.27, e qualcuno l'avesse battuta, avrebbe fatto i complimenti al vincitore, consapevole del fatto che girare di fuori ad un ritmo così selettivo sarebbe stato impossibile per chiunque.
Lana del Rio, all'atto pratico della corsa, ha corso il doppio chilometro in un siderale 2.23, salvo ritrovarsi terza sul traguardo, battuta da Lorenz del Ronco (stesso ragguaglio cronometrico) e sopratutto da Lisa America, divenuta con l'impressionante 2.22.7 la femmina di quattro anni più veloce di sempre su pista da chilometro sulla distanza media.
Un risultato a dir poco incredibile, quello ottenuto ieri pomeriggio (25/04 ndr) al trotter milanese, ma che non ha permesso alla portacolori di Francesco Davico di vincere il suo sesto Gruppo I della carriera.
Inutile cercare i motivi della sconfitta, dopo quella di dieci giorni prima sull'anello di Vinovo (in cui aveva abbassato il suo precedente record; 1.13.2), al termine di una prestazione convincente almeno sotto il profilo del risultto cronometrico.
Con Lana andata in un amen in testa, e mandata, a differenza di Torino, da Lisa America, la corsa sembrava poter gia scrivere, dopo i primi 500 metri, il nome della "varennina" tra i vincitori dell'Europa. Invece, dopo l'arrivo di Le Touquet ai fianchi della regina della generazione, i ritmi si sono fatti incandescenti, subito dopo aver passato il paletto dei 600 in 43.2
Dopo un paletto in 29.7, la leader transitava il chilometro in 1.12.7, e da qui cominciavano i parziali che avrebbero steso anche un primaserie come Varenne: 29.5-28.5-28.0-28.0.
Come detto in apertura, vinceva Lisa America, sfruttando il gran ritmo della battistrada, per venire via ai 250 conclusivi dopo aver fatto scendere alla corda uno stremato Le Touquet.
Il cronometro fermato a media di 1.11.1 dalla portacolori della Guida Italia, però, deve far riflettere, e anche molto.
Sulle qualità e sulla classe di Lana del Rio, di Lisa America, di Le Touquet e dello stesso Lorenz del Ronco, terminato al posto d'onore, non sono mai state messe in discussione. Le vittorie in sequenza da parte di Lana de Rio in cinque Gruppi I non lasciavano dubbi sulle qualità della figlia di Varenne, capace di vincere in ogni schema e contro qualunque coetaneo. Stesso discorso, spostato nelle prove Filly, vale per Lisa America, che ieri è riuscita, per la prima volta, ad imporsi nel gruppo dei maschi, e contro Lana. Dopo il ciocco di Vinovo da parte di Le Touquet, ieri è arrivata la conferma per il figlio di Daguete Rapide, che può considerarsi a pieno titolo uno dei migliori (ed il primo maschio) della generazione, insieme a quel Lorenz del Ronco arrivato al suo ottavo piazzamento classico in dieci partecipazioni.
Ma qui si celano alcuni quesiti sul futuro di questi, nostri, giovani fenomeni. Ed il primo che appare evidente è il chiedersi quanto veritiero sia il risultato del cronometro, in una pista tirata a lucido per l'evento.
Facciamo un passo indietro. Era il primo maggio 1999, quando il padre dell'attuale primatista mondiale vinceva il Gran Premio d'Europa, sbaragliando una concorrenza di qualità che aveva nei suoi principali antagonisti soggetti come Vidar, Varlone e Valentin Back, con una media al chilometro che si assestò ad un "normale" 1.13.4, con un'unica, vera, grande frazione: quel 27.3 di penultimo quarto che consentì a Varenne di entrare in solitaria sulla retta davanti alle tribune, con l'ovazione di tutta San Siro, vestita a festa per accogliere l'ennesima vittoria del Capitano.
Da quel giorno passò più di un anno prima di vedere abbassato il primato personale sulla media del trottatore più forte di tutti i tempi: era il 5 agosto 2000, si correva a Stoccolma la Jubileumspokalen, e la media fu di 1.11.9, con la quale il figlio di Waikiki Beach giunse secondo alle spalle di Victory Tilly, e precedendo soggetti come Gidde Palema e Giesolo de Lou.
Per correre vicino al primato stabilito da Lisa America, il padre dovette aspettare la fine della carriera (precisamente la penultima corsa), quando nella Coupe du Monde de Trot, con in sulky Jorma Kontio, fermò i cronometri, all'allora primato assoluto mondiale, a 1.10.9.
Questa riflessione non vuole criticare la prestazione di Lisa, o intaccare il valore di una società che ha messo in piede un evento riconosciuto di "qualità" dall'intera stampa tecnica, ma semplicemente mettere in evidenza una problematica che in un prossimo, recente, futuro potrebbe portare il nostro trotto a non avere più campioni come Varenne.
E allora mi domando: serve davvero, per avere un campione, frantumare le lancette di un cronometro? E' indispensabile sferrare un cavallo per farlo correre su di un fondo al limite con l'asfalto puro, per poter dire di avere tra le mani un crack? E ancora: siamo proprio sicuri che questo rincorrere il tempo sensazionale a tutti costi comporti per forza di cose dei vantaggi?
Lunge da me bendarmi gli occhi per far finta che il progresso (nei materiali e in quant'altro) non porti a migliorarsi; nel nuoto come nel ciclismo, negli sport motoristici come nella stessa ippica, i record sono fatti per essere battuti, frantumati. Ma per arrivare dove?
Seguo da appassionato questo sport da oltre 15 anni, e ricordo perfettamente quando correre un miglio in 2 minuti era impresa per pochi, e non per questo, chi aveva nei garretti tali misure, non poteva non essere considerato un fenomeno.
L'ippica nostrana, e non solo, ha raggiunto rilievi cronometrici di indubbio valore, che questi siano fatti dai maschietti o dalle femmine, in pista grande o in pista piccola, sulla breve o sulla media, questo però non deve "cancellare" il possibile futuro di un campione solo perchè "tirato" al limite in una sola corsa ed in età precoce.
Varenne, come molti altri campioni nostrani ed esteri, ha regalato agli appassionati stagioni indimenticabili, con sfide che rimarranno nel cuore di tutti per sempre. In questo modo si "rischia", a breve, di avere soggetti che a due anni esordiscano in pista correndo in un "normale" 1.56, per poi vederli scomparire e dimenticarne anche il nome, mettendo sul filo di lana il futuro di questo straordinario mondo, fatto di uomini ma soprattutto di cavalli.
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