..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

giovedì 9 luglio 2009

DILETTANTISMO

Franco Frattini ha confermato che il G8 non andrà oltre ad una dura presa di posizione circa la repressione in atto in Iran a cui non seguirà nessun fatto concreto perché “per ora non vi sono le condizioni”.
Sui disordini a Teheran, infatti, gli Otto Grandi si sono pronunciati deplorando “la violenza post-elettorale, che ha portato alla perdita della vita di cittadini iraniani. Le restrizioni sui media, le detenzioni ingiustificate di giornalisti e i recenti arresti di stranieri sono inaccettabili”. Ma il tutto senza dimenticare di ribadire “il rispetto per la sovranità iraniana”. E per la prima volta, c’è anche una condanna unanime “per le dichiarazioni del presidente Ahmadinejad che negano l’Olocausto”. Su questo punto l’unico distinguo l’ha posto Mosca, che ha preteso e ottenuto di non rendere la questione iraniana oggetto di uno “statement” separato, ma di “annegarla” nella dichiarazione politica generale.
Lo stesso Berlusconi, martedì, aveva spiegato che vi sono due posizioni in seno al G8 e che alla ferma richiesta di azioni concrete da parte di Germania, Francia, Inghilterra e Canada, si opponeva il veto della Russia e questo imponeva un rinvio. In realtà, però, quella che manca è –incredibilmente- una posizione degli Usa, perché alla sua prima crisi di rilievo, Barack Obama si sta comportando in maniera dilettantesca, per di più con una marcata differenziazione della sua posizione da quella di Hillary Clinton.
Il dilettantismo alla Jimmy Carter (suo predecessore democratico nella linea degli errori storici con l’Iran) è apparso in pieno nella intervista che Obama ha rilasciato da Mosca alla Cnn circa la posizione statunitense nel caso Israele decida di bombardare i siti nucleari iraniani. Alla domanda se sia vero che gli Stati Uniti potrebbero dare il loro via libera ad un attacco all’Iran, Obama infatti ha risposto: “Assolutamente no. E' molto importante, e credo che non potrei essere più chiaro di così”; ma poi ha aggiunto: “Il vicepresidente Biden l’ha detto in modo categorico: noi non possiamo dettare ad altri Paesi la condotta da tenere in materia di sicurezza. Non possiamo dire a un’altra nazione ciò che può fare o non può fare, quando essa decide, se lo decide, quale sia una minaccia per la sua esistenza”.
Una posizione pilatesca, addirittura indegna in bocca ad un presidente americano. Il Commander in chief dell’unica superpotenza, che peraltro dovrà assumere decisive scelte belliche a fronte della sicura risposta militare iraniana (che colpirà Israele, ma anche paesi arabi alleati degli Usa e sicuramente interessi e obbiettivi americani), non può giocare sulle parole di fronte a una situazione come questa. O concorda con l’azione militare di Israele per distruggere i siti nucleari iraniani, oppure fa di tutto per impedirla e lo dice a chiare lettere. Non si può rifugiare nella “non ingerenza”, nello schemino leguleio in cui Obama si è rifugiato. Neanche Andreotti avrebbe avuto tanta impudenza. Anche perché –e a ragione- non può pensare che gli iraniani siano tanto fessi da non cogliere il sostanziale –ma ipocrita e un po’ vile- via libera a Israele che questa dichiarazione sottintende.
Ma il problema ancora più grave è che Obama assume questa posizione indifendibile per una ragione drammatica: ha sbagliato tutto sull’Iran, ha sbagliato soprattutto le sue critiche –pezzo forte della sua campagna elettorale- all’amministrazione Bush sul dossier Iran, ha fatto un precipitoso appello al dialogo il 4 giugno dal Cairo riconoscendo legittimità e soprattutto affidabilità sostanziale come interlocutore a Khamenei (unico, a Teheran, che ha il potere di trattare sul nucleare) e ha clamorosamente preso una cantonata. Ora brancola nel buio e passa di gaffe in gaffe. Nella stessa intervista infatti ha rilanciato la proposta di dialogo con Khamenei, non rendendosi conto che le sue parole circa il diritto di Israele di scegliere o meno di bombardarlo, non erano certo il viatico migliore per avviare una trattativa.
di Carlo Panella

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