Trattare di Calciopoli espone ad un doppio rischio: non capire quello di cui si scrive e non essere capiti da chi legge.
Il protagonista della vicenda che ha scosso l'intero sistema calcio nell'estate del 2006, oscilla fra il navigare verso un responso di innocenza e il veleggiare verso la consacrazione di un intero popolo che lo adula. In pratica nessuna contraddizione, in teoria troppe, forse molte.
Della storia e di come sono andate le cose ne ho scritto a lungo, denunciandone l'aborto giuridico, l'assenza totale di garantismo e l'aver fatto spallucce alla presunzione d'innocenza, prima e durante.
Tutto il dopo che ne è conseguito, però, ha abbracciato la stessa linea mediatica che prima e durante aveva messo a nudo dodici anni di trionfi e gloria. Lo dico con molta franchezza: il processo su Calciopoli in svolgimento a Napoli è uno show televisivo, di serie "B" ma al contempo costoso, e con i protagonisti consapevoli del copione.
Con altrettanta franchezza affermo che non mi piace, che questa non è Giustizia, ma che ancora una volta stiamo assistendo alla proiezione di uno Stato che con il diritto ha definitivamente divorziato.
Ora. Se si voleva veramente giustizia, come altri hanno preferito, perché partecipare a quella stessa chiacchiera da Bar che non meno di quattro anni fa ha deciso il futuro del calcio italiano? A prescindere dalla risposta rimangono evidenti due errori: 1) il procedimento di giustizia sportiva "cadde" nelle mani del sentimento popolare, indirizzandone giudizi e sentenze, senza tener conto delle prove; 2) l'attuale procedimento di giustizia ordinaria, invece di rimanere all'interno delle aule, ne ha creato una buona per nominare il prossimo locale di tendenza, e producendo un quantitativo notevole (e inutile) di udienze e costi.
Fino ad oggi, però, l'unico dato chiaro, certo ed evidente rimane la condanna alla Juventus, ma sembra che in molti se ne siano dimenticati, impegnati a millantare, ancora una volta, la difesa della stessa.
Quella Juventus andava difesa, e non fu fatto, quella Juventus andrebbe difesa, sottotraccia, nelle sedi competenti, distante da curiosi e telecamere, come quello "stile" avrebbe imposto. Invece lo stupro della Juventus continua. Non all'interno di una stanza predisposta per il sacrificio, come allora, ma in mezzo ad una piazza, oggi, accendendo i riflettori e dando inizio alla sagra.
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