..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

lunedì 13 dicembre 2010

IL PRINCIPINO E' DIVENTATO RE

Ne ho sempre scritto bene, perché il suo modo di fare football mi attrae, mi rapisce, e forse incarna quello che mi è sempre piaciuto fare in campo, più di qualunque altro ruolo.
Ne ho sempre scritto bene perché in Lui ho sempre visto il talento, l'intelligenza, quell'essere italiano con colpi da sud-americano, e oggi mi piace fare un tuffo nel passato, nel passato di chi, ieri sera contro l'odiata Lazio, è stato il migliore in campo, per distacco.
Febbraio di quindici anni fa, periferia sud-est della capitale.
A Torbellamonaca si gioca a pallone, in uno dei tanti campi polverosi, dove i genitori assistono sotto un sole anomalo alla sfida tra due club dilettantistici, quelli che non finiscono in televisione, che non riportano né immagini né video, dove il cuoio è questione per piccoli, che vogliono diventare grandi.
Il Villaggio Breda conduce per 2-1, e alla fine della partita non manca molto. Moretti, il tecnico della Spes Montesacro, non vuole perdere, si agita in panchina, sa che c'è ancora tempo, e soprattutto sa di avere un asso nella manica. Si alza di scatto dalla panchina e ordina: "Ehi piccolè, forza scaldati!".
Alberto guarda fisso negli occhi il mister, quasi incredulo, e compie quei gesti che vede fare ai grandi in televisione: si aggiusta i lacci degli scarpini, si toglie il fratino, si gira verso il dirigente accompagnatore e con timidezza esclama: "Sono pronto Mister".
Il sole di quel fine inverno romano inizia a scendere, è da poco passata l'una, e Alberto fa il suo ingresso in campo, a pochi minuti dal termine, con il Montesacro sotto di un gol.

In campo gli avversari sono di due anni più grandi, e i centimetri di differenza sono lì a testimoniarlo. Alberto, però, pur guardandosi intorno come un pesce fuor d'acqua, sa quanto vale, di cosa è capace, e il momento di imbarazzo passa veloce, durando il tempo di un'istante.
Dalla fascia sinistra parte un cross, Alberto si accentra, la palla corre veloce, ma con il petto la stoppa al limite dell'area, un palleggio con la coscia e poi il calcio, di destro, di collo pieno.
Il tiro è forte, più forte di quanto quel ragazzino potesse calciare.
Il sole cala a picco, ma quel pallone fa ancora in tempo a tagliarlo a fette, ad andare verso la porta difesa dal portiere del Villaggio Breda, verso destra, all'incrocio dei pali, ad infilarsi sotto il "sette".
Quel giorno Montesacro incoronò principe Alberto, e il destino lo fece diventare il Principino.
Il suo tecnico, Marco Moretti, oggi non allena più il Montesacro, è rimasto nel giro e segue un gruppo "juniores" del Tor di Quinto: "Credo che mi ricorderò per sempre quell'anno, quel febbraio, quel giorno, quella partita. Ho ancora la pelle d'oca per quel gol. Avevo per la prima volta convocato quel ragazzino, taciturno in allenamento ma che faceva impazzire i compagni.".
In quelle partite infrasettimanali, Moretti restava a bocca aperta ogni qual volta Alberto toccava la palla: "Era il regista, giocava a testa alta, sapeva nascondere la timidezza con il sorriso. Aveva il talento di toccare il pallone di prima, e ogni giocata la faceva sembrare semplice. Ma il suo dono più grande era quello di ragionare molto più velocemente dei compagni, degli avversari.".
Ma il vero asso nella manica di Alberto era un altro, qualcosa da tirare fuori nei momenti più delicati, più difficili. "Alberto ha una famiglia eccezionale, che lo ha sempre sostenuto, incoraggiato, non lasciandolo mai da solo. Che lo ha aiutato a crescere, a diventare uomo.".
Mister Moretti tira fuori da una busta alcune foto, foto che hanno il potere di ricostruire la carriera di Alberto.
Sopra una di queste c'è una dedica, un pensiero speciale: "A chi mi ha dato sempre fiducia, con stima ed amicizia. Aquilani.".
Moretti si emoziona, sospira, e un altro sole è pronto ad andare via tra i colli della Città Eterna.

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