..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

giovedì 2 gennaio 2014

L'INDIZIO

E se poi a pochi minuti dal fischio finale, dopo aver giocato una partita bruttina, probabilmente la peggiore della stagione, ti trovi l'occasione di sbloccarla e a farlo è Nicklas Bendtner, che con un diagonale di collo destro scaraventava la sfera in fondo alla rete con la rabbia di chi questo titolo lo vuole vincere veramente, ecco che gli indizi per arrivare fino in fondo da assoluti protagonisti cominciano ad essere molti, di più.
Il City aveva espugnato il Liberty Stadium all'ora di pranzo, il Chelsea stava passeggiando sulle macerie dei Saints a Southampton, mentre noi eravamo ancorati ad uno 0-0 che ci relegava in terza posizione, vista l'inferiore differenza reti con i Blues.
Il classico pomeriggio dove qualche punto l'avremmo potuto guadagnare si stava trasformando in una serata dove oltre ai punti avremmo perso anche la testa della classifica. A fronte di un primo tempo praticamente buttato, nella ripresa abbiamo messo in campo la voglia di crederci, il coraggio di superare l'ostacolo, il desiderio di non buttare nel cesso una giornata sulla carta favorevole.
Vero che le indisposizioni erano molte, altrettanto vero che la condizione di molti era approssimativa, oggettivo che la terza partita in nove giorni poteva nascondere quelle insidie che un programma così intenso porta con se, ma l'atteggiamento della squadra ha aiutato i gallesi a rimanere a galla fino alla fine, facendogli sognare un punto insperato. 
Poi sono arrivati gli ultimi venti di gioco.
C'abbiamo messo veramente tutto, colpendo legni, andando vicini in più d'una occasione al vantaggio. Ma niente, non era giornata. Un rimpallo, tanta confusione in area, tiri respinti all'ultimo momento tenevano in piedi i Bluebirds, allontanavano noi dal primato.
Due minuti al novantesimo. Il taglio in diagonale di Walcott in piena area di rigore veniva premiato da Cazorla, passaggio laterale del #14 verso Monreal e cross al centro.
Sagna si avventava sulla sfera e con un potente colpo di testa indirizzava la stessa verso la porta difesa da Marshall, che con un autentico miracolo respingeva, negando il goal. 
Bendtner, posizionato nell'area piccola, aggrediva quel pallone fino a colpirlo con il collo destro del piede. Bang! La rete si gonfiava, l'Emirates Stadium diveniva una bolgia.
Tutti in piedi. Wenger faceva esplodere tutta la sua gioia. Sugli spalti gli abbracci dei Gooners bagnati dalla pioggia scaldavano una serata che era divenuta fredda. In campo tutti stringevano tutti. Bendtner totalmente sopraffatto da chiunque stesse passando dalle sue parti, Mertesacker inginocchiato a centrocampo con i pugni rivolti al cielo, Szczesny in preda al delirio faceva terminare la sua corsa verso gli spalti impazziti di felicità.
Eravamo di nuovo primi in classifica, stavamo superando il Cardiff.
La partita delle partite stava avendo il suo naturale epilogo, il preventivato (su queste pagine) match dei match stava spiegando a tutta l'Inghilterra perché in antepost era così importante, fondamentale, da non sbagliare.
Cinque di recupero. Non era ancora finita. Con il cuore in gola e la speranza che il triplice fischio arrivasse il prima possibile ci stringevamo forte alla squadra, agli interpreti di un pomeriggio che stava diventando fondamentale per il futuro. Ancora tre minuti sull'orologio.
Cazorla faceva filtrare la palla verso Wilshere. Jack con un tocco delicato di esterno sinistro indirizzava la sfera in piena area di rigore, trovando Walcott lanciato a tutta velocità.
Tocco sotto di Theo e pallone che superava beffardamente Marshall. Bang! La rete si gonfiava un'altra volta.
Stavolta era fatta, i tre punti erano nostri. Dopo aver rispedito al mittente per due volte il Liverpool lo stavamo facendo anche con il City.
Il triplice fischio finale arrivava come una liberazione. La prima delle diciannove finali era vinta.
Il pomeriggio da incubo si era improvvisamente trasformato. Felici e sorridenti ci godevamo la vittoria.
Ci si godevano le scene dei ragazzi che applaudivano i tifosi, quella di Wenger che aveva una pacca sulla spalla per tutti, quella di Bendtner, che dopo la rete del vantaggio abbandonava il campo infortunato ma consapevole di aver messo a referto uno dei suoi goal più importanti.
Mancano diciotto finali, davanti ancora tanti mesi, pioggia, caldo e vento.
Ora però ci prendiamo una pausa, per quel che riguarda il campionato. Undici giorni per recuperare tutte le energie profuse nel periodo, per ritrovare in prima squadra il numero maggiore di interpreti, e chissà, magari per operare sul mercato, giusto per avere a disposizione il jolly giusto per proseguire questo straordinario cammino.
Quel che è certo, ciò che rimane evidente dopo la giornata di ieri, è l'indizio avuto. L'aver vinto la partita delle partite ha significato e significherà molto quando tra qualche mese ci si ritroverà a giocarsi il titolo, quando si tornerà indietro con la mente a pensare che un ragazzone danese, quello che ad agosto sarebbe dovuto andar via, in un pomeriggio di freddo e pioggia e a tempo quasi scaduto, ha scritto una delle pagine più importanti della nostra stagione.

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