Ci sono storie sportive che vanno al di là di una semplice partita, di una serie di Playoffs. Ci sono favole sportive che prima di ogni altra cosa si basano sulla programmazione, sull'organizzazione, sulla capacità di saper mettere in pratica le idee che attraversano la mente.
Oggi sento di non dover scrivere di numeri nudi e crudi. Punti, rimbalzi, assist, stoppate.
Non renderebbe merito a quanto, ormai da anni, sta facendo quell'uomo nato nel 1949 ad Est Chicago.
Ieri notte, e non per la prima volta, ne sono rimasto affascinato.
Vent'anni trascorsi sulla stessa panchina, vent'anni in cui ha visto tutto ed il contrario di tutto non l'hanno cambiato, ma forgiato. Il suo è un dono.
Quello di saper allenare, quello di saper legare rapporti, quello di saper scegliere, a prescindere dal prezzo del cartellino, il meglio per la propria squadra.
Il buongiorno, d'altronde, s'era visto dal mattino. In quel lontano 1997 in cui vide in Tim Duncan (ieri notte ancora protagonista) la risposta ai suoi perché. E poi ancora Tony Parker (2001), Manu Ginobili (2002) e tutti coloro che nella ventennale carriera dell'uomo formatosi alla Merrilville High School hanno imparato ad apprezzarlo.
Gregg Popovich è per l'intera Nba un valore aggiunto, un modello da seguire, un "padre" che lascerà segnato per sempre un certo modo di intendere la pallacanestro, il professionismo.
Gli Spurs, impegnati in gara-2 contro i Trail Blazers, hanno mandato a referto, e tutti rigorosamente in doppia cifra, 7 uomini. In 9 hanno calcato il perimetro del AT&T Center per almeno 10 minuti. La squadra, perché questa è una squadra con la "S" maiuscola, ha saputo integrare elementi come Boris Diaw, come Patrick Mills, come Marco Belinelli. Tutti artefici del 2-0 con cui San Antonio sta dominando la serie su Portland. I Trail Blazers c'hanno provato, soprattutto dalla metà del terzo quarto, ma il risultato è stato impietoso: spazzati via.
Può darsi che Lillard e Batum (il futuro di Rip City) riescano con l'orgoglio e la forza del talento a ritagliarsi una notte da protagonisti, ma contro questi Spurs, contro questo Parker, questo Ginobili, questo Duncan, contro un Kawhi Leonard che sta diventando un'altra meravigliosa creazione di Popovich, non riusciranno a spuntarla, nemmeno loro.
Nell'altra costa del Paese, in Florida, gli Heat non hanno avuto problemi ad avere la meglio sui Nets, trascinati ancora una volta dai Big Three, capaci in due partite di lasciare agli avversari la miseria di 84 punti di media.
Lo affermo dopo che questi occhi hanno seguito gran parte della Regular Season e tutte le gare di Playoffs: Miami e San Antonio si troveranno ancora una volta in finale.
I campioni per dimostrare la loro forza, i texani per riprendersi quello che hanno lasciato a 5 secondi dalla fine di gara-6 la scorsa stagione.
E poi ancora lui, Gregg Popovich. Un anno dopo, a sette anni dall'ultimo anello Nba. Da predestinato.
E state certi che se la giocherà fino alla fine, perché lui per la Nba è un dono venuto dal cielo.
Nessun commento:
Posta un commento