Con numeri e dati alla mano dopo la maratona delle Europee 2019 emerge chiaro e limpido che il "partito" che ha incamerato il massimo delle preferenze è stato quello dei rimasti a casa, che in maniera plebiscitaria (quasi un italiano su due) ha preferito trascorrere l'ultima domenica di maggio accanto ad un caminetto. E come l'inusuale meteo che sta accompagnando questa primavera 2019, il popolo dello stivale, a differenza delle percentuali di affluenza registrate nella stragrande maggioranza dei paesi del Vecchio Continente, ha risposto negativamente alle richieste di voto. Ma da queste Europee è uscito un dato ancor più preoccupante.
Nelle prime analisi post-voto la debacle epocale patita dai 5 Stelle è stata accostata ad una mancanza di identità da parte del partito nato nelle piazze all'urlo Vaffanculo. In pratica è stato imputato a Di Maio e compagnia di essersi snaturati, minando nei dodici mesi di governo quelle basi su cui Grillo e Casaleggio avevano costruito il Movimento del cambiamento.
Qualche passo indietro, Europee 2014. Il Partito Democratico di Matteo Renzi tocca quota 40% (57% di affluenza). Un risultato altisonante che nel post Governo Letta e dopo le dimissioni di Pier Luigi Bersani dalla Segreteria del partito, sembrava aver finalmente dato rilancio all'intera area di sinistra. Un rilancio che nel giro di poco si scontra con i numeri delle Amministrative 2016 (Roma, Napoli e Torino vengono clamorosamente perse), con il Referendum dello stesso anno (flop totale) e successivamente con le Politiche di un anno fa, con il minimo storico mai conseguito dal partito fondato nell'ottobre del 2007. Anche in questo caso le analisi post-Politiche 2018 hanno voluto evidenziare la mancanza di identità, l'aver tralasciato i valori della sinistra, l'aver messo in secondo piano i reali problemi della classe povera dello stivale.
Ancora un passo indietro, per poi capire cos'è successo oggi. Alle europee del 2014 il partito di Forza Italia porta a casa 4 milioni e mezzo di voti, strappando 13 seggi, in forte controtendenza con i 29 conquistati cinque anni prima. Alle politiche dello scorso anno il risultato delle elezioni vede FI ottenere il 14% alla Camera e il 14,4% al Senato, risultati che hanno fatto da preludio al clamoroso 8% realizzato in queste ultime europee 2019. Ora, l'identità dei forzisti da sempre genuflessi al potere di B. è improvvisamente mutata, contestando al cavaliere la stagnazione politica.
In pratica negli ultimi 6 anni politici del Paese si è passati da un'identità liberale a una progressista, da quella rivoluzionaria fino a quella sovranista di ieri l'altro. Un continuo e inarrestabile via vai di voti che ha incensato, a seconda del periodo storico, questo o quell'altro leader politico. Una liquidità che non ha fatto altro, nel corso dell'ultimo lustro, di bloccare sotto tutti gli aspetti un intero Paese, coadiuvata e indirizzata da una stampa (nella sua quasi totalità) di regime e da un elettorato (da destra a sinistra) impegnato nello sport preferito dell'intera penisola: la salita (identitaria) sul carro dei vincitori.
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