Alla fine, come era ampiamente prevedibile, sono volati gli stracci. La disdicevole (eufemismo) questione dei migranti ancorati al largo di Lampedusa sulla See-Watch si è conclusa nel peggiore dei modi, e tra provocatori non poteva che finire così: da una parte il ministro della propaganda sollazzato dall'arresto della "Capitana", dall'altra l'ennesima giornata vissuta al centro di tutti i mezzi d'informazione europei da parte di un organizzazione non governativa che ha ottenuto tutta la "pubblicità" che voleva.
Ragioniamo e cerchiamo di levarci la sciarpa dal collo. Salvare vite umane, evitare sciagure che hanno purtroppo scritto la storia degli ultimi lustri del Mar Mediterraneo, un dovere che bisogna avere a prescindere dai colori di appartenenza, che questi siano politici, religiosi o di etnia.
Farlo, come fanno da qualche anno a questa parte (e come non facevano agli albori) le organizzazioni non governative del mare, cercando lo scontro politico e la visibilità mediatica, e non il porto più sicuro (Malta? Tunisia?) dopo aver recuperato i disperati di turno in acque libiche, un'operazione che inevitabilmente va a fare muro-contro-muro con una politica migratoria (quella del "Capitano" senza i dreadlocks) utile solo ed esclusivamente a recuperare voti in un paese che si è miserabilmente perso all'interno del solito tweet quotidiano.
Un paese che purtroppo ha dato seguito e forza (questo il vero problema e pericolo) al completamento della "trumpizzazione" di un ministro (guarda caso dell'interno) che in preda all'ennesimo delirio (vergognoso) ha evocato il muro con la Slovenia.
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