..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

venerdì 11 ottobre 2019

Fine mafia mai


La notizia, quella riguardante il rigetto da parte della Corte europea dei diritti dell'uomo sul ricorso presentato dal Governo italiano sulla questione dell'ergastolo ostativo, è stata trattata, eccetto alcuni, con troppa sufficienza e senza dare il giusto risalto ad un tema che lungo la penisola dovrebbe invece interessare tutti, in particolar modo coloro che il 23 maggio e il 19 luglio di ogni anno si presentano a commemorare chi della lotta alla mafia ne ha fatto una ragione di vita, e che la stessa, per mano della mafia, l'ha tragicamente persa. 
In questi giorni, in maniera del tutto casuale, ho affrontato la lettura di "Antonino Caponnetto, Io non tacerò - La lunga battaglia per la giustizia" (Volume delle grandi collane del Corriere della Sera a cura di Maria Grimaldi), in cui, dal 1992 al 2002, il magistrato nisseno nonché sviluppatore di quel pool antimafia ideato da Rocco Chinnici ha raccontato le stragi, le vicende, le perdite istituzionali e personali che Cosa Nostra ha perpetrato in uno dei periodi più bui della storia del Paese. 

Lettere, come quella scritta all'allora Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, in cui Caponnetto accenna alla campagna di intimidazione contro i magistrati più capaci, colpevoli solo di applicare e far applicare la legge penale. 
Preghiere, come quella "laica ma fervente" pronunciata ai funerali di Paolo Borsellino il 24 luglio 1992 a Palermo, nella quale il magistrato, oppresso dal peso del rimorso per aver per un attimo, di debolezza e sconforto, desistito dalla lotta contro la delinquenza mafiosa, ha ribadito con forza che nessuno, e lui medesimo meno di chiunque altro, poteva dire che quella lotta era finita. 
Ricordi, come quello dell'amico Carlo Alberto Dalla Chiesa, assassinato in via Carini insieme alla moglie e all'agente di scorta Domenico Russo, un uomo lasciato solo contro il sistema mafioso, dallo stesso raccontato al giornalista Giorgio Bocca: "Credo d'aver capito la nuova regola del gioco: si uccide il "potente" quando avviene questa combinazione ideale, è diventato troppo pericoloso, ma si può ucciderlo perché isolato"

Racconti che una volta di più hanno narrato, evidenziato messo in luce che cosa è la mafia, cosa è il sistema mafioso, ma soprattutto che cosa sono i mafiosi, i cosiddetti "uomini d'onore", coloro che con la mafia e per la mafia hanno sequestrato, intimidito, corrotto, ucciso, sciolto nell'acido, programmato e concretizzato stragi che hanno portato via uomini delle istituzioni, giornalisti, cittadini comuni. Il più delle volte, dopo processi e sentenze definitive, senza alcun ravvedimento, pentimento, presa di coscienza. 
Perché se un ergastolo, ostativo o meno, sarà per sempre un fine pena mai, un mafioso sarà per sempre un fine mafia mai, e di questo la Corte europea dei diritti dell'uomo dovrà al più presto prenderne atto.

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