..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

mercoledì 18 dicembre 2013

LE 8 NOTE DEL MIO 2013

E' sempre bello poter mettere nero su bianco le note che hanno toccato le nostre emozioni, quali pezzi hanno in qualche modo raccontato una piccola parte della nostra vita, chi, nei dodici mesi appena trascorsi, ha voluto regalarci quella forma d'arte che senza di essa il nostro quotidiano sarebbe infinitamente spoglio, nudo.
Personalmente non amo le classifiche, e ancor meno catalogare come meglio questo rispetto a quell'altro.
Non mi piace nemmeno cercare per forza un numero di album, che questi siano dieci, venti o semplicemente cinque. Quindi non sarà la cosiddetta "top" la raccolta degli album che andrò a descrivere come i "miei" migliori di questo 2013, ma un semplice percorso che metta in evidenza quali mi hanno regalato emozioni, sensazioni, nostalgie e momenti di totale liberà interiore.
In questo resoconto non ci sarà nessun progetto realizzato in lingua italiana, un po' perché attratto da sempre da ciò che viene realizzato all'estero, dai suoni, dalle tradizioni, dalla cultura, un po' perché ultimamente il panorama nazionale l'ho seguito poco, trovandolo poco accattivante, senza grandi cose da dire. Ma questo, obbiettivamente, può essere un mio limite.
Sono otto i lavori che prenderò in esame, ognuno con la sua storia, ognuno diverso, ma tutti legati dalla cultura Rock che da sempre m'accompagna.
Per non ledere la filosofia di non-classifiche, opterò per una disamina territoriale, dove Gran Bretagna, America, Canada e Australia si iscriveranno a questo racconto in musica.
Chiudo con una postilla per me fondamentale. Non esiste il mio preferito, quello che più di altri m'ha conquistato. La loro diversità, il loro essere così particolari incanala tutta la mia visione di rock, e questo per me basta per poterli ascoltare senza cercare per forza delle differenze in termini di preferenza.
L'apertura la dedico ad un debutto, o meglio, al primo album registrato dalla band canadese dei Monster Truck, attiva dal 2009.
Dopo i due EP d'esordio (Monster Truck e The Brown) i quattro ragazzi di Hamilton, in Ontario, hanno realizzato "Fuoriosity", registrato sotto l'etichetta Dine Alone, fondata nel 2005 da Joel Carriere, e distribuiti dalla Universal Music Group
L'intero lavoro si basa su di una botta di adrenalina che vi entrerà direttamente dalle vene. Jon Harvey, bassista, Jeremy Widerman, chitarrista, Brandon Bliss, tastiere e Steve Kiely, batteria, sono stati capaci di racchiudere nei dodici brani dell'opera il giusto mix di Hard Rock, Ballads, Riff e quant'altro che fanno di "Furiosity" un lavoro completo ed essenziale, godibilissimo da chi l'Hard Rock lo sente nel più profondo della propria anima.
Coinvolgenti sono i suoni espressi dalla Gibson SG Deluxe del 1972 di Jeremy Widerman, un groove prettamente d'oltreoceano che coinvolgerà gli amanti del genere ma non solo, potenti e tiratissime le pelli della batteria suonata da Steve Kiely, spartani e geniali i giri delle quattro corde del 1999 Mexican Fender Jazz di Jon Harvey, ammaliante la struttura dell'Hammond Xk-3c di Brandon Bliss, tutti elementi che spiccano al primo ascolto, capaci di trasportarvi dove finisce la noia ed inizia la musica.
Il mio personalissimo voto a questo lavoro è decisamente alto, aspettando con grande interesse la loro prossima opera. Rock on Monster Truck! E se volete ascoltarli in streaming non dovete fare altro che schiacciare Play.
Il viaggio è appena cominciato, e dopo essersi liberati di qualunque fardello con la forza dei Monster Truck ci sediamo per un attimo, prendiamo fiato e ci concediamo le nove tracce incluse nell'album "Push The Sky Away", firmato Nick Cave and the Bad Seeds.
Ne avevo abbondantemente parlato qui, grazie alla consulenza di chi Nick Cave lo conosce bene per davvero, e con il quale, seppur con le dovute misure, ha condiviso le sfaccettature della propria esistenza.
Citare un passaggio di questa produzione mi sembra dovuto e doveroso, perla essenziale di ciò che Nick Cave è stato capace di realizzare: "Ecco dove ero finito nell'ascoltare Push The Sky Away, ecco perché mi sono perso nel buio dello spazio, immerso solo di note e di una luce flebile in un angolo vicino alla tenda, tra una serie di libri che non leggo da tempo e una pianta che ha un bisogno disperato d'acqua. E' arrivato dentro la mia anima, mi ha raggiunto nel profondo ed ora mi è chiaro cosa voleva dirmi con le precedenti otto canzoni: ci siamo fatti compagnia per trent'anni ed era arrivato il momento di confessarci. Ho i brividi dall'emozione.
Il nostro viaggio potrebbe essere finito qui, difficilmente troveremo altri 30 anni da fare insieme, ma se questi ci fossero di sicuro li cammineremo sulla stessa strada.
Un grande disco, un grande artista. Uno dei più importanti cantautori degli ultimi 30 anni, una pietra miliare su cui si è detto e scritto tanto, ed il merito è tutto suo.".
E se di Nick Cave ne avevo abbondantemente parlato, dei Black Rebel Motorcycle Club avevo fatto altrettanto, entrando nelle viscere del loro ultimo lavoro discografico: "Specter At The Feast". 
Il trio americano dopo un periodo di "riposo" è tornato ad attaccare i jack, realizzando il loro personalissimo sesto lavoro in studio, appunto "Specter At The Feast".
La decisione di non incidere per così tanto tempo è stata dettata da un momento di riflessione, ma è dipesa dal fatto che il gruppo non sapeva cosa fare dopo la tragica scomparsa che lo aveva colpito. Solo cinque mesi dopo l’uscita del loro ultimo lavoro, infatti, Michael Been, padre di Levon, ex frontman dei The Call, moriva mentre era in tour con la band del figlio. Nonostante i BRMC non abbiano mai mollato definitivamente, a parte il nuovo disco in uscita, hanno continuato a suonare dal vivo cercando un motivo per andare avanti. Come Levon Been e la batterista Leah Shapiro hanno spiegato a Rolling Stone in un’intervista rilasciata al Troubadour, noto club di L.A. prima di una loro esibizione.
"Non conosco nessuno che abbia vissuto il mio stesso dramma", inizia Been. "Se qualcuno si è trovato in una situazione simile, per favore, mi chiami. Mi aiuterà a capire come superare il problema, perché, da solo, non ce la faccio proprio. È un dolore troppo grande, di più della perdita di un membro del gruppo o del tuo Brian Epstein (il manager, ma non solo, dei Beatles). Dobbiamo portare da soli il peso di questa scomparsa e, nello stesso tempo, non sprecare i doni e le opportunità che ci sono stati offerti".
Nessuno, in realtà, voleva confrontarsi con i rispettivi sentimenti riguardanti la perdita di Michael che non solo faceva l’ingegnere del suono quando il gruppo era in tournée, ma è stato anche il mentore della formazione. "Proprio questa è una delle ragioni per cui ci abbiamo messo così tanto a realizzare il nostro disco", spiega Levon. "Nessuno di noi voleva pronunciare le parole con cui esprimere il nostro dolore e neppure cercare quelle per superare il lutto. Ogni volta che ci trovavamo, riprendevamo quello che avevamo lasciato in sospeso la volta precedente per riuscire ad andare un po' più in profondità. Un processo estenuante".
Oggi i dodici brani che compongono Specter At The Feast non hanno lasciato delusi i fans della Band, e fin dal primo play con "Fire Walker"si entra immediatamente in quelle atmosfere Blues che da sempre contraddistinguono il groove dei ragazzi californiani. L'album è il solito concentrato di forza da sempre espresso dai BRMC, e anche quando le atmosfere si trasformano in ballate suadenti l'ascolto continua ad accarezzare l'anima, penetrando come solo il Rock è capace di fare. "Let The Day Begin", l'estratto e cover dei The Call ("Ci piaceva l’idea di avere un loro brano nel nostro nuovo lavoro", Robert Been), è pura adrenalina, un miscuglio, come piace dire agli americani, di fuzzy guitars, blues licks and atmospheric feedback. "Returning" e "Lullaby" addolciscono l'ascolto con suoni d'atmosfera e con l'energica Leah Shapiro che impone ritmi suadenti e delicati.
In "Hate The Taste" si ritorna a vivere l'America in tutta la sua essenza, un viaggio attraverso gli States che ci porta con la sola immaginazione ad attraversare luoghi fino a quel momento sconosciuti. Non preoccupatevi se ad un certo punto vi sentirete come presi da un'irrefrenabile voglia di muovervi, di lasciarvi andare, di essere quello che non siete mai stati, è la "semplice" musica dei Black Rebel Motorcycle Club, quella di cui non potrete più fare a meno.
"Rival", il sesto brano dell'album, è puro Alternative Rock, e quel continuo e martellante "wua wua" di chitarra vi sprigionerà un'elettrica carica emotiva che contagerà voi e tutti coloro che vi staranno accanto.
Ok, adesso preparatevi. "Teenage Disease" chiude questa parte centrale dell'album regalando ancora adrenalina e Blues, arricchendo questo lavoro di cultura americana, un pezzo con un "tiro" che vi riporterà agli albori della Band. E da qui nascono le sorprese, gradite, graditissime. "Some Kind of Ghost" spiana la strada a "Sometimes The Light", e tutto ad un tratto vi sembrerà di abbracciare qualcosa di famigliare, qualcosa di magico. La parentesi, però, è d'obbligo. La gran parte del lavoro è stato registrato al Dave Grohl's studio, a Los Angeles, mentre la parte diciamo supplementare è stata spostata in altra sede. Non a caso, e sempre in California, a Joshua Tree, al famigerato Rancho De La Luna Studio.
Ascoltando "Sometimes The Light", "Funny Games" e "Sell It" vi sembrerà di trovarvi proprio in quegli spazi dove gli U2 realizzarono uno dei capolavori della musica Rock: The Joshua Tree. C'è molto in questa chiusura di album della Band di Dublino, e questo non può far altro che aumentare la qualità di questo nuovo ed imperdibile album dei BRMC. Ma la sorpresissima è contenuta nel pezzo di chiusura. E' "pinkfloydiano" da capo a fondo. Non a caso Robert Levon Been ha dichiarato che la band non era sicura di voler mettere nello stesso disco sonorità così diverse, ma alla fine ha preso il sopravvento la decisione di lasciar spazio a tutti i suoni possibili: "Siamo sempre stati dei grandi fan dei Pink Floyd e degli Spiritualized; ci è sempre piaciuto pensare che, grazie alle nostre canzoni, si potessero intraprendere viaggi immaginari. Per far ciò abbiamo usato dissolvenze incrociate e altri piccoli trucchi, una cosa abbastanza divertente"
Ascoltatelo attentamente, entrateci dentro, immergetevi in quei suoni fluidi e quando tutto sarà finito non vi rimarrà che fare una cosa: schiacciare nuovamente play, perché a quel punto i Black Rebel Motorcycle Club faranno parte di voi e nessuno mai potrà cancellarli dalla vostra anima Blues.
Ora il viaggio diventa veramente tale, e basterà semplicemente chiudere gli occhi per raggiungere mete dalla mente sconosciuta.
Si vola in Inghilterra, precisamente a Sheffield, dove nel 2001, dal progetto comune del trio Joe Shrewsbury, Paul Wolinski e Iain Armstrong, nacque la band dei 65daysofstatic (conosciuti anche come 65dos, e come 65 Days of Static).
Quattro album in studio prima di giungere in questo 2013 con la realizzazione di Wild Light. Il mix è di quelli che lasciano il segno: Post-Rock, Rock sperimentale, Alternative Rock, Musica elettronica, Noise music e Math Rock.
Non è semplicissimo, lo ammetto, ma ha qualcosa che con il tempo rapisce, coinvolge, accelera la voglia di riascoltarlo.
Atmosfere uniche che si fondono nelle sfumature del Rock, percorsi che faranno riassaporare i tempi passati, linee che metteranno in contatto il presente con il futuro. Inverosimile la fluidità che emerge da questo capolavoro alternativo e sperimentale, con suoni che veleggiamo attraverso la mente, questa pronta ad immagazzinare ogni singolo secondo delle otto tracce contenute nell'album.
Da Sheffield ci spostiamo di pochi chilometri fino a giungere a Oxford, dove nel 2005 si formano i Foals, band Indi-Rock, Post-Punk composta da Yannis Philippakis (chitarra), Jack Bevan (batteria), il chitarrista Jimmy Smith ed il bassista Walter Gervers; successivamente sarà anche il turno del tastierista Edwin Congreave.
Dopo "Antidotes" e "Total Life Forever", nell'ottobre 2012 il gruppo annuncia il titolo del terzo album in studio. Si tratta di "Holy Fire", che viene pubblicato nel febbraio 2013. Il disco è anticipato dal singolo Inhaler, che viene diffuso nelle radio a partire dal 5 novembre 2012.
L'album, composto da undici tracce, fa immediatamente il botto, grazie ai due singoli, "Inhaler", rilasciato il 5 Novembre 2012 e "My Number", rilasciato il 17 Dicembre 2012, che fanno da preludio ad un lavoro che conquisterà nel breve i primi posti delle classifiche di tutto il mondo.
La semplicità dell'opera entra immediatamente nell'orecchio di chi ascolta, e non c'è un solo brano che risulta essere fuori dal coro. Concetti britannici di fine anni '80 si miscelano perfettamente con le novità proposte dai cinque ragazzi di Oxford. "Late Night", "Bad Habit" e "Out of the Woods", i singoli estratti in questo 2013, aumentano a dismisura la qualità del prodotto.
Il consiglio che offro è quello di posizionare la puntina sulla traccia numero 6, "Late Night". Un pezzo meraviglioso, atmosfere che faranno viaggiare mente e corpo, un giro di basso totalmente emozionale, una superlativa chitarra di Jimmy Smith che avvolgerà l'intero ambiente, il tutto supportato dalla roca e stridente voce di Yannis Philippakis che fa di questa traccia un momento da cui non vi libererete mai.
Abbiamo superato la metà della recensione, e mi accingo a scrivere sugli ultimi tre album.
E se siamo partiti con la forza dirompente dei Monster Truck, questo finale non sarà da meno, anzi.
Dall'Ighilterra ci trasferiamo oltreoceano, precisamente a Seattle, stato di Washington, per andare ad incontrare i Pearl Jam.
Sono stati tra i gruppi statunitensi più famosi negli anni novanta; vendendo oltre 60 milioni di copie di cui 30 milioni soltanto negli Stati Uniti. Nonostante il loro stile differisca molto da gruppi quali i Nirvana e gli Alice in Chains, caratterizzati rispettivamente da profonde influenze Punk e Metal, hanno creato una di quelle che sono considerate le tre vie del Grunge, insieme alle due precedenti, più affine al Rock classico degli anni settanta.
E qui il "pane" è proprio il nostro.
Pubblicato il 15 ottobre 2013, "Lightning Bolt" è immediatamente esploso, risultando al primo ascolto uno dei più bei lavori fatti in questo 2013. Nel maggio 2013, durante un'intervista con Billboard, il chitarrista Stone Gossard ha rivelato alcune particolarità sul completamento della decima opera della band di Seattle: "We really want to finish a record this year. [It's] now between half and three quarters done, but we got some new material and we're excited about hopefully doing some more work on that later in the year.". A pochi mesi di distanza, luglio 2013, parlando a Total Guitar, anche il chitarrista Mike McCready ha rilasciato dichiarazioni sui tempi che ci sono voluti per il completamento e la registrazione di Lightning Bolt: "We finished seven songs two years ago, about four months ago we started up again with a brand new batch of songs to go along with those". 
Inevitabile, nella stessa intervista, è stato il riferimento alle atmosfere create da questo lavoro, che secondo McCready si rifanno ad una delle band che più d'ogni altra ha segnato indelebilmente la storia contemporanea del Rock: "There's a Pink Floyd vibe to some of it, there's a punk rock edge to other stuff.". 
L'album presenta tutto ciò che gli amanti del Rock vorrebbero trovare all'intero di un cofanetto che sprigiona musica ed emozioni, e il ritorno a certe sonorità classiche ha indubbiamente favorito l'esponenziale positivismo espresso da critica e addetti ai lavori. Nel groove dei cinque ragazzi statunitensi s'è potuta riascoltare la rabbia degli anni in cui il Rock era l'espressione massima della denuncia sociale. Un ritorno decisamente strong della band pone questo Lightning Bolt tra i migliori lavori realizzati, e nonostante siano passati ben 22 anni dal loro primo lavoro, la freschezza degli arrangiamenti rende quest'opera suggestiva e senza ombra di dubbio tra le migliori proposte in questo fine 2013.
Da "Getaway" in poi scoprirete perché il Rock è più vivo che mai, grazie ad una delle band più longeve e rappresentative del genere.
Dirittura d'arrivo e ritorno immediato in una delle patrie del Rock. Ancora Sheffield il luogo da cui partiamo, casa degli Arctic Monkeys, capitanati dal cantante-chitarrista Alex Turner.
La band, formata da Alex Turner (voce, chitarra ritmica e solista), Jamie Cook (chitarra ritmica e solista), Nick O'Malley (basso, seconda voce) eMatt Helders (batteria, seconda voce), giunge al suo quinto personale album in studio dopo un percorso che l'ha vista percorrere le varie forme del Rock moderno, dal Garage Rock e Punk fino all'Alternative e Indi-Rock.
AM, il titolo dell'album, è un lavoro di indubbia ricerca tra i vari stili del Rock, questa volta concentrato prevalentemente sulla psichedelia, il Blues, l'Hard Rock fino a sconfinare nel Metal, viste le influenze derivanti dai Black Sabbath, gli Outkast e gli Aaliyah.
Lo stesso leader del gruppo ha dichiarato che "The album as sounding like a Dr Dre beat, but we've given it an Iike Turner bowl-cut and sent it galloping across the desert on a Stratocaster. This sound less like four lads playing in a room this time. Essentially, that's what it is, but if you can find a way to manipulate the instruments or the sounds to the point where it sounds a bit like a hip-hop beat that'd be boss in your car, then I think there's something quite cool about that.".
In un'intervista con Zane Lowe su BBC Radio 1, Alex Turner ha dichiarato che il titolo dell'album è stato ispirato dal Velvet Underground"I actually stole it from the Velvet Underground, I'll just confess that now and get it out of the way. The 'VU' record, obviously. Did we cop out? Yeah! Summat about it feels like this record is exactly where we should be right now. So it felt right to just initial it."
Turner ha poi rivelato che la band era in procinto di intitolare l'album The New Black , dopo l'uso di un amplificatore per chitarra usato nel processo di registrazione: "I got this old Rickenbacker thing that we recorded a lot through. There's no knobs, just two holes. And this little black amp that became known as The New Black. Crossed me mind to call the album that.".
A questo punto non vi rimane che aumentare a dismisura il volume del vostro amplificatore e godere a pieno di questo straordinario lavoro targato Artic Monkeys.
E se Alex Turner, come tutti i componenti degli Artic, sono stati influenzati dai Black Sabbath (ascolatevi con attenzione "Arabella", 4à traccia, ed il Doom Metal vi entrerà nelle ossa e nell'anima), la chiusura di questo 2013 in musica non poteva non essere dedicato al ritorno, al grandissimo ritorno di Ozzy Osburne e dei suoi Black Sabbath.
Sono passati parecchi anni e tanti album da quel giorno in cui Ozzy, nella sua Aston (Birmingham), affisse sul vetro del negozio di musica locale una delle richieste che cambiò per sempre la storia della musica Rock: "Ozzy Zig Needs Gig – has own PA".
Diciotto album, 43 anni di carriera, una sosta lunga ben 17 anni prima di tornare a registrare e mettere insieme le otto traccie di "13".
Dopo una serie di concerti tenuti tra il 1997 e il 1998 per celebrare la loro riunione, la formazione originaria dei Black Sabbath iniziò a lavorare a un nuovo album con il produttore Rick Rubin nella primavera del 2001; tuttavia, le sessioni di registrazioni vennero sospese quando Ozzy Osbourne fu chiamato a completare alcune tracce del suo album solista Down to Earth, pubblicato nell'ottobre di quell'anno. Tony Iommi ricordò, "È appena giunto al termine. Non siamo andati oltre, ed è stato un vero peccato perché [le canzoni] erano davvero buone". Iommi inoltre commentò sulla difficoltà di tenere tutti i componenti insieme per lavorare all'album: "È un po' diverso registrare adesso. Abbiamo fatto tutti così tanto. Nei primi anni non esistevano telefoni cellulari che squillavano ogni cinque secondi. Quando abbiamo iniziato, non avevano nulla. Lavoravamo per la stessa cosa. Ora tutti fanno molte altre cose. È molto divertente e abbiamo avuto tutti una chiacchierata, ma è davvero diverso, provare a creare un album insieme.".
Ma nonostante cellulari che squillano ogni cinque minuti, impegni vari e gli anni che sono inevitabilmente passati, "13" sforna l'essenza più pura dei Sabbath, mette in risalto ancora la genialità che fuoriesce dalla Tony Iommi's signature Gibson SG e l'inquietudine della voce Metal per eccellenza di Ozzy.
Ma l'album prima di entrare in studio vide un percorso lungo e tortuoso. Dopo un altro tour avvenuto nella metà del 2001, i Black Sabbath entrarono nuovamente in pausa fino al 2004, quando tornarono a suonare all'Ozzfest. Nel mese di novembre 2005, il gruppo fu introdotto nella UK Music Hall of Fame, e nel mese di marzo 2006, dopo undici anni di ammissibilità, il gruppo fu introdotto anche nella Rock and Roll Hall of Fame. Mentre Osbourne stava lavorando al suo nuovo album da solista nel 2006, la Rhino Records pubblicò Black Sabbath: The Dio Years, una raccolta di canzoni incentrate sui primi quattro album pubblicati dai Black Sabbath con Ronnie James Dio alla voce. Per la pubblicazione, Iommi, Butler, Dio e Vinny Appice si riunirono per scrivere e registrare tre inediti. The Dio Years fu pubblicato il 3 aprile 2007, raggiungendo la posizione 54 nella Billboard 200, mentre il singolo The Devil Cried raggiunse la posizione 37 nella Hot Mainstream Rock Tracks. Soddisfatti dei risultati, Iommi e Dio decisero di riunione la formazione di Heaven and Hell per un tour mondiale. Mentre la line-up di Osbourne, Butler, Iommi e Bill Ward venivano sempre nominati Black Sabbath, la formazione optò per il nome Heaven & Hell, dopo l'album omonimo, per evitare confusioni. Ward fu inizialmente invitato per partecipare, ma cambiò idea prima che il tour iniziasse a causa di divergenze musicali con un paio di membri del gruppo. Ward fu rimpiazzato da Vinny Appice, ottenendo effettivamente i membri che realizzarono gli album Mob Rules e Dehumanizer. Dopo la pubblicazione dell'unico album The Devil You Know (2009), il 16 maggio 2010 Dio morì in seguito a lunga battaglia contro il cancro allo stomaco, e in seguito a un concerto tributo con l'ex-cantante dei Black Sabbath, Glenn Hughes, gli Heaven and Hell si sciolsero.
L'11 novembre 2011, i Black Sabbath ospitarono una cerimonia di annuncio al Whisky a Go Go di Hollywood, California. Ospitato dall'ex-cantante dei Black Flag, Henry Rollins, l'evento caratterizzò tutti i quattro membri originari del gruppo. Dopo mesi di voci sulla una loro possibile riunione, quest'ultima venne confermata dal gruppo nel corso dell'evento. Alla domanda di Rollins sull'avvenuta riunione del gruppo, Iommi rispose che "E' ora o mai più. Stiamo andando d'accordo alla grande. Tutto questo è davvero buono." Butler aggiunse inoltre che il nuovo materiale avrebbe avuto lo stile e sound dei Black Sabbath agli inizi. 
E così è stato. Otto tracce in perfetto stile Sabbath, che si avvitano ad una storia artistica che rimarrà per sempre nel cuore e nell'anima di chi ha avuto il piacere e la fortuna di fondere il proprio credo musicale nel genio di Osburne e Iommi.
Ladies and Gentleman, siamo giunti all'epilogo di questa lunga, e spero piacevole, cavalcata in musica.
Il mio personale 2013 con le 7 note si chiude con grande entusiasmo e soddisfazione, con la speranza che anche il 2014 che ci possa regalare ancora arte e cultura.

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