..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

sabato 6 settembre 2014

BLACK SABBATH | VOL.4

Gli Stati Uniti, Los Angeles, la voglia di sviluppare nuove idee attraverso diverse prospettive erano ormai diventate prerogative dei quattro ragazzi di Birmingham.
La "giungla di cemento", nel maggio del 1972, era diventata troppo stretta e da li a poco l'aria si sarebbe fatta più pesante. Gli attentati che uccisero ventuno civili al "Mulberry Bush" e al "Tavern in the Town" lo testimoniarono amaramente.
Si comprese che determinate abitudini avrebbero allungato i tempi di scrittura, si capì che una serata al Pub e l'altra anche non avrebbero acellerato il processo di composizione.
Il suggerimento arrivò direttamente da Patrick Meehan: prendere il primo volo e attraversare l'oceano. Destinazione Los Angeles.
Nessuno ebbe dubbi.
A Bel Air venne affittata la villa di John Dupont, un industriale americano che si occupava di vernici e similari. L'abitazione era perfetta. Dotata di una stanza tipo sala da ballo che si affacciava sulla piscina, tutti i confort possibili di quel periodo e due ragazze francesi che facevano parte "dell'arredamento".
Non mancava davvero nulla.
Questo poteva far pensare che se il Pub di Aston distoglieva l'attenzione, Los Angeles avrebbe seriamente rischiato di non farla tornare più. 
E invece le idee, le canzoni e tutto quel che riguardava l'aspetto puramente discografico non subì alcun contraccolpo, anzi. 
Dopo i primi tre lavori, classificabili come trilogia della genesi, VOL.4 stava iniziando ad assorbire e trasmettere quella voglia di sperimentazione.
Le variazioni sul sound dei Sabbath incorporano elementi progressive rock, figli del periodo in cui Tony Iommi militò nei Jethro Tull, l'uso del pianoforte, del mellotron, dell'orchestra.
L'atmosfera americana aveva fatto decisamente bene e lo studio di regiStrazione, The Record Plant, stimolava ulteriormente la verve creativa del gruppo.
Uno studio all'avanguardia, decisamente migliore di quelli in cui avevano registrato, al punto che spinse i quattro a voler produrre l'opera completamente da soli, senza l'ausilio di Rodger Bain.
E non tanto perché non si fidassero di lui, quanto per il desiderio di realizzare da cima a fondo tutto il lavoro. Si mormora che da quel giorno Rodger scomparve e non volle parlare più con nessuno.
Il tutto si concluse nell'arco di due mesi. Durante quel periodo parecchia strumentazione fu portata nella villa di Dupont, utile a comporre le ultime canzoni dell'album.
L'ambiente aveva portato la band a lavorare come dei professionisti: atteggiamento sempre attivo, presenza costante e soprattutto l'obbiettivo di realizzare qualcosa di diverso.
Il pianoforte trovato nella sala da ballo servì per la composizione di "Changes". Lo trovò Tony, che prese l'abitudine di suonarlo. Soprattutto la notte. In una di queste entrò Ozzy, che al suono di Iommi esclamò: "Oh, mica male!". Cominciò a canticchiarci sopra, mentre Geezer si mise ad accompagnare con un mellotron. L'idea di registrarla fu immediata.
Suonava strana, non sembrava qualcosa dei Sabbath, ma piaceva. Intrigava.
A Laguna Beach nacque "Laguna Sunrise", realmente ispirata al sorgere del sole.
C'era Spock, con Tony, uno dei ragazzi dell'equipaggio. Un bravo chitarrista.
Trascorsa la notte svegli, al sorgere del sole Iommi cominciò a buttare giù le note che presto sarebbero diventate quelle della canzone. La chitarra acustica solleticò l'idea di utilizzare un'orchestra e alla fine tutti i pezzi del puzzle andarono al loro posto.
"Laguna Sunrise" aprì le porte dell'utilizzo dell'orchestra, ripetuta successivamente in "Spiral Architect" (Sabbath Bloody Sabbath) e in "Supertzar" (Sabotage).
Anche in "Snowblind", nel finale, s'è fatto uso degli orchestrali, ma il pezzo, senza ombra di dubbio, è famoso per altro.
Inizialmente doveva essere il titolo dell'album, ma il riferimento alla "polvere bianca" (snow = neve) consigliò l'utilizzo di VOL.4.
Il brano però rimane e rappresenta una delle pietre miliari della band.
Indubbiamente figlio del piacevole periodo trascorso negli Stati Uniti, "Snowblind" spiega chiaramente che tutto ciò è stato possibile anche grazie all'uso di una certa droga.
Ad avallare il tutto la scritta che compare sulla copertina dell'album: "We wish to thank the great COKE-Cola company of Los Angeles".
Con "FX" la sperimentazione raggiunse l'apice, una miscelanza di ritmi e suoni che esaltarono maggiormente la chiave doom di "Cornucopia" e "Under the Sun" e il tipico sound sabbathiano di "Tomorrow's Dream" e "Supernaut".
Un album completo, diverso, che comincia a staccarsi dalle prime tre opere proposte.
Veicolo che nel breve porterà Iommi e compagni verso Sabbath Bloody Sabbath.
Ancora oggi in Stradella Road, a Bel Air, esiste la villa di Dupont; pare che sia abitata da Jaclyn Smith, l'ex Charlie's Angel.

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