Si sono spellati le mani, applaudendo a più non posso. Lo hanno fatto (quasi) tutti, perché mettersi in prima fila quando c'è da raccogliere il consenso la corsa è sempre a perdifiato.
Quando la 16enne svedese Greta Thunbeg è sbarcata in Italia, calandosi in quella piramide di fango chiamato Senato a denunciare la difficile situazione climatica si è trovata davanti ad una politica inefficiente, schiava dalle cricche e aperta alle ricchezze di pochi rispetto al benessere di molti.
Uno politica ipocrita che l'ha accolta per cavalcare l'onda mediatica provando a mettersi, in prima serata, dalla parte giusta della storia.
Una politica che non ha seguito la linea tracciata dal Movimento 5 Stelle. Quella per la bonifica dei siti inquinati, per la riduzione dei rifiuti, per l’efficientamento energetico, per l'azzeramento delle esplorazioni e l’estrazione di idrocarburi nel mare, per la progressiva sostituzione dei veicoli inquinanti, per la battaglia contro le grandi opere inutili come il Tav, la cui realizzazione comporterebbe l’immissione in atmosfera di milioni di tonnellate di Co2.
In quel pomeriggio di metà aprile, per politica e stampa, l'importante era apparire: farsi un selfie, andare a caccia di un'intervista, salire su quel carro che a poche settimane dalle Europee avrebbe traghettato qualche voto.
Calato il sipario, messo da parte il personaggio, la piramide di fango è tornata ad occuparsi di affari, di cricche e delle ricchezze di pochi rispetto al benessere di molti, spellandosi le mani e applaudendo l'immissione in atmosfera di milioni di tonnellate di Co2.
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