..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

venerdì 29 febbraio 2008

L'ITALIA DEL PREGIUDIZIO

di Piero Ostellino
Ora che i corpi di Salvatore e Francesco Pappalardi sono stati trovati in un pozzo, dove nessuno era andato a cercarli, emerge un volto della nostra giustizia penale a dir poco discutibile. Da un lato, il padre dei due bambini, Filippo Pappalardi, in carcere perché indiziato, sulla base solo di un’intercettazione ambientale e della fragile testimonianza (tardiva) di un bambino, di averli uccisi. Inoltre un' inchiesta che ha cercato Salvatore e Francesco nelle grotte di Matera, nelle campagne delle Murge, persino in Romania, lungo le piste delle sette sataniche e del traffico di organi. Dall'altro, il casuale ritrovamento dei loro corpi in un pozzo nel centro di Gravina, non lontano dalla piazza dove erano stati visti l'ultima volta. Da un lato, dunque, il volto di una giustizia metafisica, che cerca aprioristicamente la verità attraverso la speculazione intellettuale e gli indizi, anche i più inverosimili, costruiti nel laboratorio della mente inquirente. Dall’altra, la scoperta casuale dei corpi dei due bambini morti, ma per fame e per freddo, nella profondità di un pozzo.
Quale verosimiglianza logica si può rintracciare nel gesto di un padre presunto assassino che non avrebbe ucciso i suoi figli, ma li avrebbe gettati vivi in un buco, e non nella sperduta campagna, bensì in un luogo dove qualcuno avrebbe potuto ritrovarli prima della loro morte? Ma il procuratore di Bari, Emilio Marzano, ha detto: «L'impianto accusatorio per ora rimane, non abbiamo elementi per ripensarlo». Sotto il profilo formale, l'affermazione è ineccepibile. Sotto quello sostanziale, appare, però, incauta almeno per due ragioni. La prima: il ritrovamento dei due fratelli nel pozzo dove l’altro giorno è caduto il bambino e l'autopsia dei loro corpi aprono interrogativi nuovi che il dottor Marzano aveva evidentemente sbagliato a escludere a priori. La seconda: per ora, la colpevolezza di Filippo Pappalardi è confermata solo dalla sua carcerazione preventiva, direbbe il filosofo dei diritti civili «per mezzo del castigo», e dal carattere ferocemente arcaico della sua figura.
Forse non è inutile ricordare che l'esposizione prolungata dell'indiziato all'avvenimento minaccia di distruggerne l'immagine e, probabilmente, già l'ha distrutta. La verità mediatica, in questi casi, rischia di apparire più forte di quella vera e non è attraverso la prima che si può ragionevolmente sperare di pervenire alla seconda. Qui non è in discussione la colpevolezza o l'innocenza del Pappalardi. Sono in discussione un pregiudizio giudiziario e la stretta correlazione fra il sistema giudiziario e quello mediatico che sta diventando tale da rendere sempre più difficile capire dove finisca l'uno e incominci l'altro e viceversa. Scrive Daniel Soulez Larivière: «La magistratura scopre con delizia che accanto alle armi terrificanti che esistono già nel codice di procedura penale esiste anche lo strumento mediatico che lo completa efficacemente» («Il circo mediatico- giudiziario», ed. Liberilibri). Eppure, il rimedio a questa confusione dei ruoli che si è imposta in Italia da quindici anni a questa parte e che nuoce sia alla magistratura sia al giornalismo, ci sarebbe: scindere la fase istruttoria e investigativa, rigorosamente coperta da segreto, da quella giurisdizionale e dibattimentale, aperta invece al pubblico.

lunedì 25 febbraio 2008

VIVERE DI BANALITA'





Se per sperare di essere trattati alla pari, da uomini, bisogna continuare a ripetere all'infinito le più evidenti banalità, facciamolo.Io, nei panni dei disinformati (disinformati nella migliore delle ipotesi per loro, ma comunque "disinformanti" di professione) mi sentirei parecchio a disagio, ma evidentemente non abbiamo tutti lo stesso metro e lo stesso modo di presentarci e di proporci al prossimo. E già questa è una evidente banalità.

L'ennesima perla senza conchiglia porta la firma, manco a dirlo, di Roberto Beccantini su La Stampa. Dice che dopo i fatti di Reggio Calabria (che sarebbe meglio definire misfatti), le "vedove di Moggi" rialzano la testa e aumentano di numero. Sono i nostalgici della Triade, "schede incluse". Facile pugnalare la Juve oggi che "non rinchiude più gli arbitri nello spogliatoio come accadde con Paparesta proprio a Reggio Calabria".

Il solito campionario di banalità, ma anche di balle in questo caso, che, nella migliore tradizione Goebbelsiana, a forza di rimbalzarti nelle orecchie finiscono per diventare verità.

Mostrateci una volta per tutte quando, dove, da chi e per mezzo di chi queste fantomatiche schede telefoniche (svizzere? no, Novi) siano state utilizzate e per quali scopi fraudolenti. Ma come - dico io - dopo quasi due anni , ce la vorrete esibire almeno una di queste pistole fumanti che avrebbero assassinato i campionati passati? Nisba, nada. Gli unici pistola che continuiamo a vedere sono quelli che parlano e straparlano di cose che non sanno, o continuano a fingere di non sapere. Ripetendo banalità, appunto.

In merito al sequestro di Paparesta nello spogliatoio di Reggio Calabria, poi, non vi sono dubbi ma addirittura certezze. Il problema è che non sono le vostre, le certezze, ma quelle della deposizione dello stesso Paparesta dinanzi alla procura federale e della testimonianza di parecchie persone presenti, quella sera, nello spogliatoio dell'Anonima Sequestri M&G. Non ci fu nessun sequestro, non ci fu nessun arbitro rinchiuso nelle stanze del Granillo. Ma non diciamolo a nessuno, è così suggestiva quella storia del sequestro: non possiamo mica rimanere senza.

Se per le schede telefoniche - sempre citate in modo allusivo - siamo ancora nel campo delle interpretazioni personali (di prevalente stampo forcaiolo, ma ognuno fa come gli pare), sull'episodio di Paparesta sarebbe dignitoso cominciare a dire le cose come stanno davvero, e mettere la parola fine a quella ridicola favola del lupo.

Noi non siamo vedove di Moggi: noi siamo vedove di una società, di una squadra e di una storia prese continuamente a sputi da chiunque. Siamo vedove dell'orgoglio di essere ciò che eravamo, nel segno di una continuità ultracentenaria che non solo Moggi ma anche gli altri componenti (in campo e fuori) di "quella" Juventus avevano saputo garantire, come forse a nessun altro era riuscito prima di loro, se teniamo conto delle epoche e, soprattutto, dei contesti.

Personalmente non mi importa che la società, questa società, si muova ufficialmente inviando una lettera di protesta per i torti subiti dagli arbitri. E' inutile e grottesco quando lo fanno gli altri, è inutile e grottesco quando a farlo siamo noi. Cosa dovrebbero fare i destinatari di quella protesta, cioè i presidenti di Fgci e Aia? Rispondere che sì, è vero, la Juve ha ragione e sarà maggiormente tutelata? La risposta è no, ovviamente, e se non si arriva a capire una tale banalità, così lampante, si può solo finire per essere internati in manicomio.

Io, infatti, questi dirigenti ce li avrei mandati già da un pezzo, in manicomio. Esattamente dal 31 agosto del 2006.

SOLO "2" OCCHI





Lui ha visto solamente il fallo di Sissoko, che peraltro non c'era, anzi, il fallo lo ha commesso Amoruso, impedendo di colpire un pallone crossato dalla destra in area di rigore, a Sissoko che, era davanti allo stesso.
Sugli altri episodi invece, Dondarini, dichiara, non si sa a chi, di avere "solamente" 2 occhi, in pratica ammette di avere lo stesso numero di occhi che abbiamo tutti noi che, guardando il match di sabato sera, abbiamo visto la partita con una grande differenza; noi, che abbiamo come lui 2 occhi, abbiamo visto 4 calci di rigore solari non fischiati e uno, inesistente, fischiato, lui, che ha sempre 2 occhi, anche se dichiara che ne ha "solo" 2, come se gli altri avessero avuto in dono da madre natura chissà quale privilegio, non ha visto i 4 rigori solari sopraccitati ma ha visto il rigore inesistente.
Io quando ero piccino, avevo problemi nel guardare la televisione, causa miopia e astigmatismo, mi consigliarono un buon optometrista-oculista, e da quel giorno ho cominciato a mettere a fuoco ciò che prima non vedevo, senza avere bisogno di 50 occhi, mi bastarono i miei 2 più un'aiutino.
Ma in questo caso non credo che ci sia bisogno di una montatura con annesse 2 lenti per mettere a fuoco 4 calci di rigore solari, perchè il "rogo" (Santa Inquisizione) è già stato consumato 2 anni orsono e la "montatura" del campionato più falsato di ogni epoca è sotto le "lenti", artificiali e non, di tutti.
di Cirdan

domenica 24 febbraio 2008

IL POPOLINO BEOTA

Domenica 24 febbraio 2008, ore 18:20, comincia sulle reti Mediaset un'altra puntata della trasmissione sportiva "Controcampo", condotta da Sandro Piccinini.
Ospiti in studio Giampiero Mughini, Paolo Liguori, Diego Abatantuono, L'ex arbitro Cesari, Nicola Berti e la ex velina Elisabetta Canalis.
Alle 18:30 si comincia subito a parlare della partita Reggina-Juventus, e il conduttore Piccinini domanda a Giampiero Mughini un commento sull'anticipo del sabato sera; "il termine giusto da usare è indignato" questa la frase usata dal giornalista siciliano.
Nicola Berti prende la parola rivolgendosi a Mughini: "è rimasto chiuso qualcuno nello spogliatoio?" facendo chiaro riferimento alla leggenda che si poteva trovare scritta su un certo quotidiano che posava sui frighi gelato di ogni bar d'Italia due anni orsono.
Ma l'ex calciatore interista continua il racconto: "se qualcuno se lo fosse dimenticato posso fare presente di quello che successe quella sera a Paparesta".
Sarei voluto tanto essere lì in quel momento, per chiedere al bel Nicola di rendermi partecipe delle sue conoscenze afferrate, ma è evidente che in questa domenica, oltre al già citato in altro testo Marco Ansaldo, giornalista de La Stampa, rimangono in molti a non avere letto quella famosa deposizione di Paparesta rilasciata all'Ufficio Indagini della FIGC il 7 giugno del 2006 davanti ai dott.ri De Feo e D'Andrea, dove si evince chiaramente che nessuno si è permesso di chiudere nessuno all'interno di nessun spogliatoio, sgabuzzino o lavanderia, ma l'informazione, o meglio, le persone che vengono invitate a farla, sono quelle che sono e, il popolino beota deve ascoltare e impregnarsi di tali falsità.
Alle 18:55 Sandro Piccinini, prima di lanciare la moviola interpretata dall'ex arbitro Cesari, fa un riassunto sull'arbitro Dondarini e sulla posizione dello stesso nei confronti di giustizia sportiva e ordinaria.
Il riferimento è naturalmente sulla famosa telefonata "taglia&cuci" (come perfettamente definita dal team member Trillo in un suo articolo apparso oggi sul suo blog) tra lo stesso Dondarini e l'allora designatore Pairetto.
Anche in questo caso è evidente di come un giornalista esperto e affermato come Sandro Piccinini non abbia mai preso visione della sentenza di archiviazione del Procuratore della Repubblica Marcello Maddalena, rilasciata presso il tribunale di Torino in data 19 luglio 2005 e successivamente inoltrata per conoscenza alla FIGC.
Probabilmente a "conoscenza" di queste carte siamo in pochi, o forse solo chi si è voluto interessare, pur non essendo un addetto ai lavori, di quello che in realtà accadde in quella telefonata, a differenza del conduttore romano, che ricorda al popolino beota di come in quella telefonata Dondarini tranquillizzava il Pairetto sul rigore concesso ai bianconeri (peraltro netto), visto che avrebbe dovuto vedere anche quello che non si vedeva.
E non è il solo, visto che oggi, sfogliando le pagine web del sito de La Stampa, anche un giornalista di fama come Roberto Beccantini, che si ritiene uno juventino vero, nel suo editoriale ricorda al popolino beota quell'episodio, facendo anche lui riferimento a quella frase estrapolata dall'intercettazione: "vedere anche quello che non c'è".
Mughini di sfondo, lo si nota muovere il dito indice in senso negativo, ma i tempi televisivi non gli permettono di entrare nella discussione.
Alle 19:00 si cominciano ad analizzare gli episodi; il primo episodio è riferito al primo tempo, quando Valdez atterra in piena area di rigore Nedved con una "cravatta". Prende la parola nuovamente Nicola Berti: "potrebbe non starci, si spingono entrambi, e poi nessun bianconero protesta".
In studio rimangono in molti sbigottiti sentendo queste parole, Giampiero Mughini conclude il primo episodio con questa frase: "il silenzio, in queste circostanze, è d'oro".
Sull'episodio più clamoroso (Sissoko), Paolo Liguori esordisce dicendo che il difensore reggino (Valdez) tocca il pallone e di conseguenza l'arbitro fa proseguire, entra nella discussione anche Elisabetta Canalis: "secondo me era più rigore quello precedente che questo che non mi sembra".
E' il momento più basso, televisivamente parlando, della trasmissione, con una sorta di informazione che deforma chiaramente la realtà dei fatti.
Alle 19:05 prende la parola Diego Abatantuono: "da tutto questo non se ne uscirà mai, prima si pensava che la Juventus "solava" e invece è lei adesso ad essere "solata", il problema è che la Juventus non ha mai "solato" ma adesso viene sistematicamente "solata", e grazie a tutto questo ci guadagna l'Inter, che prima ha vinto uno scudetto vinto da altri, poi ne ha vinto un'altro con gli altri che non c'erano e adesso ne sta vincendo uno come tutti vediamo ogni domenica".
A questo punto gli interisti in studio (Canalis-Berti) insorgono, scaldandosi e stizzendosi, mentre Piccinini rivolgendosi all'attore gli fa presente che ci sono state delle "telefonatine", prima, mentre adesso non ci sono.
Abatantuno, sarcastico e ironico come sempre, dice: "si vede che adesso non si fanno beccare" facendo riferimento a chi ora "solerebbe" il campionato.
Mughini a sua volta: "non c'è una sola telefonata che è stata sentenziata".
Piccinini stempera gli animi dicendo che Abatantuono scherzava, e l'attore, da vero attore consumato replica: "ma certo che scherzavo, no!", con la solita macchietta che lo contraddistingue dopo una battuta.
Probabilmente l'unico momento di verità della trasmissione.
Ore 19:07 è il momento in cui si tratta il fallo di mano di Aronica sul colpo di testa di Camoranesi, secondo l'ex arbitro Cesari è involontario, Piccinini dissente, Mughini guarda assorto e silenzioso.
Altro fallo di mano di Aronica, su passaggio in area di Camoranesi, per molti sarebbe da calcio di rigore perchè, come mostrano le immagini, il fallo sarebbe volontario.
Dopo la pubblicità si torna in diretta con l'ultimo in ordine temporale degli episodi, il calcio di rigore assegnato alla Reggina.
Cesari, nonostante ex arbitro lo considera netto, dimenticando parecchie sfumature del regolamento:
1) Chi ha la palla? Nessuno dei due quindi i calciatori si contendono il pallone.
2) Uno dei calciatori impedisce all'avversario di giocare il pallone? Si, Amoruso impedisce a Sissoko di calciare il pallone. Risultato; calcio di punizione diretto per la Juve. Per Dondarini invece è rigore perchè Sissoko impedisce ad Amoruso di colpire il pallone di testa.
Ciò che dimentica l'ex arbitro di Genova (oltre che purtroppo Dondarini) è: chi ha il possesso del pallone? Nessuno perchè Amoruso non colpisce il pallone.
Berti alle 19:20 conclude gli episodi riguardanti la Juventus così: "tutto sommato Dondarini non ha commesso tutti questi errori che sembrava avesse fatto".
Il discorso si sposta sulle colpe; Collina, gli arbitri, chi ha voluto Collina e via discorrendo.
Interviene Paolo Liguori: "sicuramente il designatore attuale è migliore di quelli che precedentemente truccavano le palline", a quel punto Mughini lo esorta a non fare dichiarazione di quel genere.
Probabilmente anche Liguori dimentica parecchie cose, o forse fa finta di dimenticarle.
In data 29 settembre 2007, a pagina 51 del quotidiano "Il Tirreno" è apparsa la notizia che; la Corte d'Appello del tribunale di Roma ha emesso la sentenza secondo cui: “Il sorteggio arbitrale di Bergamo e Pairetto non era truccato”, verdetto che peraltro segue la linea già precedentemente tracciata a Torino da pronunciamento analogo del giudice Maddalena.
Ancora una volta un Tribunale, vero e non sportivo, chiamato ad esprimersi in merito su quella che sarà una delle colonne portanti (se non la più importante) dell’accusa nell’inchiesta napoletana su Calciopoli, ha ribaltato completamente la verità data per acquisita dall’opinione pubblica e dai mezzi di informazione.
L'esortazione di Mughini viene accolta dal Liguori con il silenzio, facendosi forse memore della possibilità di cadere in querela da parte dei diretti interessati.
La trasmissione prosegue con i servizi delle altre squadre di serie A.

Giunti al termine di questa analisi possiamo tranquillamente evincere che: l'informazione in questo Paese, se mai ci fosse stato un motivo per dubitarne, non esiste, la trasmissione "Controcampo", che và in onda su Italia1 alle 18:15 della domenica pomeriggio, con ancora qualche milione di telespettatori, è una cassa di risonanza che emette solamente tante chiacchere da bar, con tutto il rispetto per gli esercenti dei locali e i loro clienti, viene deformato ogni singolo aspetto di ciò che è stato sentenziato nelle aule di tribunale, usando come termine di paragone per gli episodi che settimanalmente vengono a sfavorire la Juventus, leggende metropolitane uscite scritte su altri mezzi di informazioni che hanno pilotato il popolino beota a credere allo spogliatoio del Granillo, alle telefonate "taglia&cuci" di Dondarini-Pairetto e a quelle di Moggi.
I personaggi, più o meno informati, che vengono ospitati, credendo di essere tranquillamente accomodati sul proprio divano di casa, emettono frasi e completano discorsi lontani anni luce da ciò che si vede (moviole sugli episodi), e da ciò che è stato scritto nero su bianco da Procure, Giudici, Tribunali e quant'altro.
Il conduttore, persona rispettabilissima, in quanto giornalisticamente molto apprezzato, deontologicamente conduce tale trasmissione in maniera molto impreparata, tralasciando come sopraccitato, le sentenze e le deposizioni delle persone coinvolte in "calciopoli", e producendo un distorto indirizzamento nei confronti dell'utente che lo ascolta.
Questa è l'Italia, questa è l'informazione che viene data, questo è il rispetto dei diritti dell'uomo, questo è il rispetto dei diritti dell'utente.
Questo e altro è cio che viene dato, non solo nel calcio, da mangiare al popolino beota.
di Cirdan

ORMAI E' TARDI

Oggi rimane difficile scegliere da dove cominciare, se dal terzo minuto di recupero del secondo tempo della gara di campionato numero ventiquattro tra Reggina-Juventus, dove Nick Amoruso (ex attaccante bianconero) entra in maniera scomposta, commettendo gioco pericoloso su Sissoko, impedendogli di rinviare il pallone in rovesciata e l’arbitro Dondarini fischia invece un calcio di rigore in favore della squadra di casa, oppure dalle farneticanti parole scritte stamane da Marco Ansaldo sulla Stampa, dove ricorda quello che accadde (sempre secondo lui) in quello spogliatoio del Granillo qualche anno fa.
Su quello che una volta fu il rettangolo di gioco più bello del mondo, più avanti spiegherò il perché, ieri sera (23/02 ndr) è scaturito, per l’ennesima volta, un risultato bugiardo, falso, indecente, che questo campionato consegnerà agli archivi come il più, come tante, troppe volte ripetuto, falsato della storia.
Tre calci di rigore clamorosi non fischiati alla squadra bianconera; fallo di mano di Aronica su colpo di testa di Camoranesi, Nedved atterrato in area da Valdez, e ancora il difensore della Reggina che falcia in area di rigore Sissoko. Risultato: tutto regolare, nessuna massima punizione, si puo continuare a giocare, come accenna con le mani l’arbitro Dondarini, sull’ultimo episodio sopraccitato, facendo chiaramente capire che è stato colpito il pallone invece che, come tutti, stadio e televisione hanno visto, il ginocchio della gamba destra del centrocampista juventino.
Il tempo di recupero giudicato secondo gli eventi; Dondarini inizialmente concede solamente tre minuti di recupero (4 sostituzioni più le innumerevoli sceneggiate, documentate dalle televisioni, dei giocatori reggini per perdere tempo, mi sono sembrati eccessivamente pochi), alle proteste susseguenti dei bianconeri per l’assegnazione dell’inesistente rigore sopraccitato, ne accorda ancora 2, quindi la somma totale sarebbe stata di 5 minuti, ma ne concede solamente uno, infatti la fine della partita viene decretata al 49’ e non al 50’.
Citare la parola “vergogna” è il minimo che a questo punto si può fare.

Come sopra accennavo, stamane girando sulle pagine del web, sono incappato nell’articolo scritto da Marco Ansaldo per La Stampa, dove è ricordato l’episodio da leggenda di Luciano Moggi che chiudeva l’arbitro Paparesta nello spogliatoio.
Evidentemente questo Signore conosce poco la deposizione dello stesso Paparesta rilasciata in Via Po in data 7 giugno 2006 alle ore 9:00 a.m., ai Vice Capi dell’Ufficio Indagini della FIGC dott. De Feo e dott. D’Andrea, in cui deponeva testualmente che lui e i suoi collaboratori MAI furono chiusi all’interno del suddetto stanzino.
E allora perché continuare a fomentare l’opinione pubblica con frasi che non hanno una miseria di verità, forse per condire meglio qualche pezzo giornalistico? Ma l’informazione non dovrebbe attenersi solo ed esclusivamente ai fatti e non alle farneticanti parole di qualche addetto ai lavori?
E come se non bastasse anche la televisione odierna non si è voluta fare mancare nulla.
Il servizio sul match tra Reggina-Juventus andato in onda sulle reti Mediaset e precisamente alla trasmissione “del caffè”, GUIDA AL CAMPIONATO, ha fatto “sentire“ all’opinione pubblica che l’arbitro Dondarini, quello che doveva tenere 50 occhi ben aperti, ora invece non vede più nulla, anzi, per essere più preciso, non vede più quello che interessa alla Juventus, perché è un arbitro cambiato.
E qui l’informazione tocca il punto più basso di quello che deontologicamente invece avrebbe il dovere di fare.
Evidentemente anche in questa circostanza, gli operatori di Mediaset non sono a conoscenza della sentenza emessa in data 19 luglio 2005 dal Procuratore della Repubblica Marcello Maddalena presso il tribunale di Torino, dove, con una sentenza definitiva, archiviava il caso Dondarini con queste parole: “…da tale conversazione, che riguarda come ovvio i commenti dei due su tutto l'andamento della partita dal punto di vista delle difficoltà arbitrali (possibili espulsioni, comportamenti dei calciatori, un altro possibile rigore sul 3-0 ecc..), si parla esplicitamente del rigore fischiato a favore della Juventus, e se ne parla – si ripete - tra due persone che non hanno alcun motivo per pensare di essere telefonicamente intercettati, e che quindi si esprimono liberamente.
E, dal dialogo, emerge in modo nitido che DONDARINI ha concesso il rigore alla Juventus in buona fede, convinto cioè che il rigore c'era, e non per volutamente alterare il risultato a favore della Juventus: dato, questo, del tutto distonico rispetto alla logica sequenza probatoria che dovrebbe sussistere per ritenere essere avvenuta una frode sportiva, sulla base di quanto si era osservato trattando della interpretazione da dare alla norma.
E allora, ferme restando tutte le perplessità che suscita l'eccessiva contiguità tra il designatore arbitrale PAIRETTO ed i dirigenti della Juventus, rimane la considerazione -obbiettiva- che di quattro partite di campionato giocate ad intercettazioni in corso, e quindi possibili oggetti di frode sportiva, su tre non si sono registrati commenti di alcun genere idonei a supportare l'ipotesi di reato, e su una - appunto Sampdoria-Juventus - sono state invece registrate significative conversazioni tra tutti i protagonisti della ipotizzata possibile frode, ma da esse non solo non si traggono riscontri alla ipotesi investigativa, bensì piuttosto elementi di prova di segno contrario…”

In quell’applauso di Nedved, dopo la concessione del calcio di rigore in favore della Reggina, ci siamo tutti noi.
Noi tifosi bianconeri, oramai stanchi, esausti da tutto questo, non solo ci è sistematicamente fischiato da inizio stagione tutto contro (siamo al settimo calcio di rigore contro, di cui ben cinque inesistenti, uno dubbio e l’altro che si può dare come no), ma ci troviamo quotidianamente servizi giornalistici che raccontano leggende, menzogne, con frasi farneticanti e che continuano a fomentare l’opinione pubblica a credere a cose che sono andate in tutt’altra direzione.
E per concludere riprendo la spiegazione sul rettangolo di gioco cui accennai di spiegare più avanti; i dati sulla diminuzione del tifo bianconero nel periodo post-calciopoli sono oramai evidenti e più volte ne abbiamo parlato, con molta probabilità al termine di questa stagione il numero sarà destinato a calare, se non già a stagione in corso d’opera.
Stamattina i forum bianconeri si sono svegliati con sarcasmo, ironia, quasi rassegnazione, abituati da diciotto mesi a essere perseguitati dalle ingiustizie, sportive e giudiziarie, e poco conta se proprio in queste ore la società Juventus ha emesso un comunicato ufficiale ai presidenti della FIGC e dell’AIA:

“Nel corso di questo e del precedente campionato la Juventus ha sempre cercato di attenuare le tensioni nei confronti del mondo arbitrale, evitando di trascendere in polemiche animose e accettando con fair play decisioni anche controverse. Un atteggiamento che, purtroppo, alla luce dei fatti di Reggio Calabria deve essere riconsiderato.

Ancora una volta, nel corso di questa stagione, la Juventus è stata danneggiata in modo irreversibile dalle decisioni del direttore di gara. Il ripetersi di episodi così gravi impone di richiedere un intervento dei massimi organismi federali a garanzia della regolarità del campionato e a tutela dell'impegno e della professionalità dei giocatori, dei tecnici, dei dirigenti della Juventus.

La Federcalcio ha il dovere di vigilare sul rispetto delle regole e di garantire la lealtà della competizione sportiva, messa in discussione dall'inadeguatezza di parte della classe arbitrale. Alcune decisioni dei direttori di gara stanno confermando un dubbio sollevato da più parti: e cioè, che nei confronti della Juventus non vi sia un atteggiamento sereno e adeguato alla serietà con la quale la Società e la squadra affrontano i propri impegni.

Quel che è certo è che la Juventus non può continuare a pagare colpe per le quali ha già scontato una pena estremamente severa e dalla quale si sta risollevando anche grazie alla passione dei propri tifosi, che legittimamente chiedono rispetto.

Oggi, in una fase decisiva del campionato e in prossimità di decisioni strategiche per il futuro finanziario della Società, la Juventus richiede che la Federcalcio prenda provvedimenti immediati ed efficaci per sanare una situazione gravemente compromessa.

Bisogna ritrovare fiducia nella classe arbitrale e ridare slancio al calcio italiano. Un mondo che si basa sulla passione, sull'impegno ma anche su competenze e professionalità che non possono essere frustrate da una componente che si ostina a chiudersi alle novità e a reagire con irritazione alle critiche”.

Giovanni Cobolli Gigli
Jean-Claude Blanc

Queste parole, questa voce grossa, dovevano essere messi in pratica quando i tempi erano congrui, quando si sarebbe dovuti andare al TAR per quell’aborto giuridico perpetrato ai danni della squadra, della dirigenza e della proprietà, quando furono emesse sentenze senza uno straccio di prova, quando veniva condannata alla serie B la Juventus per un illecito definito ambientale, manco avessero portato loro la spazzatura a Napoli.
Ora non ha più senso, ora i tifosi hanno perso la voglia di combattere, hanno inseguito la verità, la giustizia, trovando solamente dissenso da parte di tutti, trovando in un paese democratico e civile una giustizia che non li ha tutelati, sia come azionisti di una Spa quotata in “borsa” sia come semplici appassionati di quello che era il gioco più bello del mondo.
Il calcio italiano sta perdendo, se non ha già perso, uno dei patrimoni e dei bacini d’utenza più grandi che uno sport poteva offrire, calpestando anche i diritti di semplici cittadini che settimanalmente seguivano le imprese della squadra più famosa del mondo.
Quel rettangolo di gioco, per il tifoso bianconero, rimarrà solamente un ricordo, con tanta nostalgia e qualche rancore, perchè oggi, ormai è tardi.
di Cirdan

E SE DONDARINI...

BASTA!




sabato 23 febbraio 2008

E SE CASSANO...

Giornata di campionato, la 24à, abbastanza interessante. Al "Friuli" di Udine, la squadra di Marino sesta in classifica sfida un Genoa tranquillo e discretamente in forma, il Cagliari ultimo in classifica affronta in casa una Lazio decisamente a freccia in su, partita fondamentale per la squadra isolana che non deve sbagliare per credere ancora in una salvezza, nelle posizioni di coda c'è un Empoli-Catania che vuol dire molto per entrambe, sopratutto per i toscani che con un'eventuale vittoria scavalcherebbero i catanesi, mentre un Torino rigenerato affronta all'Olimpico un Parma bisognoso di punti. Il Siena andrà a far visita ad un'Atalanta con una posizione di classifica pericolosa, mentre gli orobici a quota 30 possono giocare per avvicinare la zona Uefa. Interessantissimo il match di San Siro, dove sale un Palermo impegnato anch'esso alla rincorsa per un posto in Europa, mentre i rossoneri di Carlo Ancelotti, dopo la discreta prestazione di Londra, cercheranno di agganciare il quarto posto valido per la prossima Champion, occupato attualmente, a tre punti di distanza, dalla Fiorentina che in settimana si è qualificata al turno successivo di Coppa Uefa, che andrà a far visita ad una Roma "real". Il "bigmatch" dell'Olimpico dirà se la Roma può ancora inseguire l'Inter o se la Fiorentina sarà la quarta forza attuale del campionato. Stasera la Juventus scenderà in campo al Granillo di Reggio Calabria, senza Trezeguet e Buffon, e con il solo DelPiero (affiancato da Palladino finalmente nel suo ruolo) che sosterrà l'attacco bianconero, contro una Reggina bisognosa di punti salvezza.

E se domani Cassano...

di Cirdan

venerdì 22 febbraio 2008

VENTI9

Diciotto mesi dopo, praticamente un'eternità...

Da Andrealoca, team member dello Ju29ro dalla pagine di Libero di oggi 22/02/2008 di Luciano Moggi.

Cobolli Gigli, Vocalelli e quel video chiarificatore su Youtube

Lo hanno scoperto i navigatori del web su You Tube, ne ha parlato diffusamente Gigi Moncalvo al “Processo di Biscardi” e debbo dire che quando l’ho sentito, neanche io credevo alle mie orecchie. E’ il video di un forum al “Corriere dello Sport” con il presidente della Juventus Cobolli Gigli. Risale ai primi di dicembre e, finora, se ne era avuta notizia solo attraverso il resoconto cartaceo che non diceva tutto e qualcosa diceva in maniera incompleta e sibillina. Cobolli Gigli spiegava perché la Juve non era andata al Tar e ad altri organismi di giustizia sovranazionali, osservando anzitutto che “alcune importanti autorità dello sport, e lo stesso commissario Guido Rossi, avevano emesso sentenze prima ancora che cominciasse il processo”; in secondo luogo che “leggendo i giudizi sportivi ci siamo trovati poi di fronte a una somma di tanti peccati veniali e a nessun peccato mortale” e quindi “ad una serie B che come pena era superiore a quello che avremmo meritato”. E allora ? Ecco la rivelazione inattesa : “ In lunghe conversazioni telefoniche, Vocalelli (direttore del Corriere dello Sport) mi ha aiutato a convincermi che ad un certo momento devi accettare una situazione sia pure amara, bere e andare avanti”. Ora, io non so se trovandosi al “Corriere dello Sport” Cobolli Gigli abbia in certo modo ecceduto sull’opera di convincimento fatta da Vocalelli, ma poiché non si può pensare che il presidente della Juventus cambi opinione e antefatti a seconda del luogo in cui si trova, bisogna stare a quello che dice. In tal senso l’hanno presa i tifosi juventini, che si sono sfogati a tinte forti nei loro siti. D’altra parte Cobolli Gigli, sempre nello stesso forum, ha detto che i tifosi juventini più anziani, tra i quali si è inserito anche lui (proprio così !), erano e sono “rancorosi”, che per loro la Juventus doveva andare avanti nei ricorsi e doveva farsi restituire i due scudetti che, guarda un po’, anche Cobolli Gigli ritiene “vinti sul campo”. Tra le reazioni furibonde dei tifosi juventini (veri), molte non sono pubblicabili, almeno in questa sede, ma il senso ruota intorno ad un unico concetto, “i nemici la Juventus li ha in casa, loro hanno voluto la serie B, i due scudetti in meno, l’umiliazione”. E’ intervenuta anche l’associazione “Giulemanidallajuve” tramite il presidente Giuseppe Belviso, che giudica quelle dichiarazioni “gravemente lesive degli interessi dei piccoli azionisti” e sostiene che da esse emerge che Cobolli Gigli “riteneva le decisioni della FIGC illegittime” e tuttavia “decise di non tutelare l’immagine del club, ritirando il ricorso al Tar, grazie ai consigli del direttore di un giornale”. Qualcuno l’ha messa sull’ironia :”Ha parlato con Vocalelli, se si faceva convincere da Verdelli andavamo in serie C”, altri hanno ricordato il ringraziamento di Blatter a Montezemolo, quando il presidente della FIFA disse : “E’ merito di Luca Cordero di Montezemolo se la Juventus non si è rivolta ai tribunali ordinari”. Anche in questo caso la reazione dei siti juventini fu furibonda. “Almeno adesso – diceva un messaggio – sappiamo nome e cognome di chi dobbiamo ringraziare”. In questa vicenda voglio rimarcare quello che più mi ha sorpreso. Nel resoconto cartaceo che fu dato di quel forum (resoconto recuperabile ancora sul web) le parti dolenti di cui sopra sono riportate in tutt’altro modo. Nessun riferimento alla valutazione fatta da Cobolli Gigli sulla “somma dei peccati veniali e nessun peccato mortale” e dunque sulla sproporzione tra l’accusa e la sanzione. Ma, attenzione, sul punto delle conversazioni pregresse con Vocalelli, il resoconto dice esattamente quanto segue : “Non era semplice accettare la B e il direttore Vocalelli ricorderà quanto ne abbiamo parlato anche con lui” e più avanti “abbiamo deciso di prendere la B, ricordo bene le molte telefonate anche con il direttore Vocalelli: insomma, abbiamo capito anche grazie a chi ci è stato vicino che ogni tanto bisogna mandare giù un calice, anche se amaro”. E dov'è l’opera di convincimento di Vocalelli ? Dov’è la parola (epurata) in cui Cobolli Gigli nel video dice: “mi ha aiutato a convincermi (ripeto, convincermi) ad accettare” ? Sparita, cassata, e a questo punto mi chiedo il perché. Chi ha avuto paura di scriverla ? Eppure la dichiarazione è chiarissima, non si presta ad alcun dubbio, a meno che Cobolli Gigli non abbia detto più di quello che era avvenuto (e sarebbe altrettanto grave), ma in quel caso Vocalelli avrebbe dovuto “correggere” la portata della dichiarazione già nel forum. Sta di fatto che i tifosi bianconeri hanno ora le idee chiarissime, sanno che la Juve si è fatta convincere a non andare ai ricorsi non solo dalle “autorità sportive”, le stesse che avevano emesso sentenze anticipate, ma anche dai giornali e, segnatamente, dal “Corriere dello Sport”. Quotidiano stimabilissimo, ma sorprendentemente di un bacino di utenza lontano da Torino, e per questo interessato editorialmente e precipuamente ad altre tifoserie. Quello che Cobolli Gigli non dice è che la rinuncia della Juventus a difendersi ad oltranza ha dato vita parallelamente all’ampia piattaforma sulla quale Moratti lancia le sue periodiche accuse, alle sue rivendicazioni di altri scudetti (non c’è limite alla faccia tosta), anche quelli persi incipientemente da lui e dalla sua “armata Brancaleone” dell’epoca. Allo stesso modo suggerisco a quegli stessi tifosi di inviare un caloroso ringraziamento a Gigi Moncalvo per aver portato in televisione quella vicenda. Nella sua appassionata “requisitoria” Moncalvo giudica il video “un documento allucinante” e afferma che il presidente di una Spa quotata in borsa, che dice le cose che ha detto Cobolli Gigli, che riconosce di essersi fatto condizionare nelle sue scelte dal direttore di un giornale, dovrebbe essere immediatamente rimosso.

consultabile anche su Ju29ro

L'ILLUSIONISTA




giovedì 21 febbraio 2008

E.N.C.A.T.

Sabato a S.Siro trotto, prima corsa della riunione alle ore 14.30, tiene banco il Gran Premio ENCAT-Memorial Fausto Branchini, prova di gruppo 2 sui 2100 metri. La corsa vuole ricordare una figura storica del trotto italiano, Fausto Branchini appunto, apprezzato guidatore ed allenatore, oltre che appassionato proprietario, che fu uno dei primi ad applicare le teorie americane di allenamento, di cui era profondo conoscitore, nel nostro paese. Nell’albo d’oro di questo Gran Premio si possono leggere nomi di uomini e cavalli che hanno fatto la storia del nostro Trotto. Difficile sceglierne uno piuttosto che un altro ma quanti ricordi legano gli ippici non più giovani a Stangaro, Top Hanover, Freddy, per passare da Lemon Dra, Mint di Jesolo, Record Ok, per arrivare sino a Varenne che vinse questa corsa ben tre volte. Insieme ai grandi cavalli i loro grandi interpreti Brighenti, Fromming, Casoli per arrivare agli attuali protagonisti di tutti i giorni. Se il peso di una corsa si deve valutare dai vincitori questo Premio Encat non ha niente da invidiare a nessun’altro. Posto ad inizio di stagione ha spesso fornito un valido banco di prova sulla lunga distanza agli indigeni che volevano testare la condizione per tentare l’Amerique di fine Gennaio. Classico esempio Varenne che, prima dei trionfi parigini, venne a rodare la condizione prima dei trionfi nelle edizioni 2001 e 2002. Oggi, ovviamente è solo una gran bella corsa. L’edizione di quest’anno si presenta come una rivincita di quella dello scorso anno, ci sono infatti Frisky Bieffe e Express Road, il secondo ed il terzo dell’ultima edizione. Il primo, con il numero uno e la guida di Gubellini, rientra da qualche mese di sosta e si ripresenta con tutte le incognite dovute dal periodo di sosta, mentre Express Road non ha convinto nell’invito di preparazione disputato due settimane fa, ma, se Guzzinati lo ripropone, significa che il problema è stato individuato e risolto. La novità della corsa è Giuseppe BI in versione francese, Souloy al training e Bazire in sulky. Il figlio di Toss Out è alla sua seconda uscita con il nuovo team, dopo che nella prima ha ottenuto a Vincennes un ottimo secondo posto. Tra gli altri partenti troviamo Giulia Grif, alla ricerca di un successo prestigioso da aggiungere a quelli già collezionati, Gregomar, vincitore dell’Inverno, Genarelay Like, secondo nella corsa di preparazione già citata per Express Road, dove invece impressionò Felix del Nord, terzo al palo ma dopo aver recuperato una trentina di metri persi per una rottura in partenza. Tra le altre corse del programma si segnalano due inviti sul miglio, uno per 4 anni e l’altro per anziani, aperto agli esteri.In quello per i più giovani troviamo, con l’ultimo numero, Impeto Grif che è rientrato alla grande nel Premio Firenze dove ha ottenuto un buon quarto posto mentre in quello per anziani, confinata in seconda fila si rivede Glamour Effe con Pietro Gubellini, la seconda del Locatelli.

Questi sono i cavalli che daranno vita al Gran Premio ENCAT che si disputerà Sabato 23 Febbraio:


1 Frisky Bieffe - P. Gubellini


Rientra dal mese di agosto con tutte le incognite del caso. Nell’edizione dello scorso anno era in uno stato di forma esaltante ma fu solo secondo con non pochi rimpianti ed infatti poco dopo fu terzo nel Vitesse e vinse il Costa Azzurra.


2 Giuseppe BI – J.M. Bazire


L’allievo dei Biasuzzi è stato affidato alle cure di Fabrice Souloy e verrà guidato in corsa dal driver francese del momento. Il figlio di Toss Out è alla seconda uscita dopo il cambio di training. Nella prima, a Vincennes, nel Prix Le Gonidec, è stato il secondo di Ghiaccio del Nord adesso con un altro presumibile passo in avanti l’obiettivo è la vittoria. Nella carriera giovanile Giuseppe BI è stato un esempio di regolarità: affrontando il circuito classico ha collezionato in 29 corse ben 25 piazzamenti.


3 Express Road – A. Guzzinati


L’allievo di Andrea Guzzinati fu il terzo dell’edizione dello scorso anno dove corse da favorito, venendo dalla vittoria del Nazioni. Dopo il piazzamento del Galà del Trotto romano, ha collezionato discreti piazzamenti oltralpe per ritornare in Italia avendo come obiettivo proprio questo Premio Encat, ma nell’invito di preparazione ha deluso andando in crisi a traguardo ancora lontano. La prestazione è risultata troppo brutta per essere credibile ed il fatto che Guzzinati lo ripresenti significa che è convinto di avere un cavallo con chance.


4 Gregomar – R. Vecchione


L’escalation del figlio di Lemon Dra durante la stagione invernale è stata notevolissima. Da una vittoria in una Tris Gentlemen, guidata dal proprietario Silvio Ferrari, è passato al successo del Gran Premio Inverno per poi vincere una batteria del Locatelli dove in finale ha compromesso ogni risultato con un errore. Nella trasferta in Francia ha collezionato un buon secondo posto.


5 Fu Mattia Pascal – F. Ciulla


Nuovo in questi contesti, ha nella velocità iniziale la sua arma migliore che gli potrebbe permettere di trovare una posizione tattica ottimale. Nell’ultima uscita dopo aver conquistato il comando ha ceduto un po’ troppo presto mentre in quella precedente, sul doppio chilometro, tenne testa a Farnese Font stampando un 56 appena abbondante per gli ultimi 800 metri


6 Genarelay Like – S.Mollo


Dopo tre facili successi nel mese di Dicembre ha tentato la trasferta francese collezionando piazzamenti marginali. Tornato in Italia ha corso l’invito di preparazione all’Encat dove è partito secondo dietro a Gallant Kronos ed in retta ha tentato l’attacco finendogli a una lunghezza.ma conservando la piazza d’onore.


7 Forever Runner (foto in alto) – I. Berardi


E’ il beniamino di casa. Da sempre l’allievo di Berardi è il protagonista dei centrali milanesi. Sembrava attraversare un periodo di appannamento ma subito a voluto rassicurare i suoi sostenitori con due successi, addirittura uno al record personale di 1.11.9. Preferisce decisamente correre in avanti e sul miglio, ma la sua generosità merita un tentativo in un Gran Premio sulla sua pista.


8 Felix del Nord – R. Andreghetti


Il numero d’avvio è decisamente ostico. Il vincitore del Golfo sta attraversando un periodo di forma davvero eccezionale come testimonia il gran recupero nell’invito di preparazione dove è arrivato terzo in pieno recupero dopo aver regalato una marea di metri al via per un errore. E’ vero che il recupero è sembrato ancor più interessante per il rallentamento imposto dal battistrada nel tratto intermedio, ma l’impressione suscitata dall’allievo di Andreghetti è stata davvero notevole.


9 Francese – L. Guzzinati


La presenza di questo figlio di And Arifant sorprende un po’. Finora ha frequentato le corse di categoria non alzando mai il tiro. La posizione alla corda, anche se della seconda fila, può fornire un aiuto ma l’allievo di Lamberto Guzzinati dovrà sensibilmente migliorarsi per poter sperare in un inserimento tra i primi.


10 Giulia Grif – M. Smorgon


La campionessa della Trofarello ritorna sulla pista dove ha trionfato nel Nazionale e nel Mangelli. La superiorità rispetto ai rivali non è più così netta e la figlia di Viking Kronos non è più così netta. Dopo un gran bel quinto posto nel Nazioni Giulia si è un po’ persa ma nella corsa di rientro di Torino della scorsa settimana ha mostrato una condizione più che soddisfacente.


11 Galantez – G. Di Nardo


L’allievo di Jerry Riordan ha mostrato un’eccezionale duttilità che, unita ad uno stato di forma ottimale gli ha permesso di raccogliere un quarto posto nella batteria del Locatelli ed un terzo posto in finale. La posizione iniziale non lo agevola e molto dipenderà dalla posizione che riuscirà a conquistare dopo la fase di avvio.


mercoledì 20 febbraio 2008

JUVE, IL SOGNO CHE CONTINUA

Descrizione:
Per gli undici milioni di italiani che stravedono per la Juve, l’estate del 2006 resterà a lungo nella memoria: la Juventus precipitata in serie B, due dei 29 scudetti scuciti dalle maglie bianconere, la buona parte dei campioni che costituivano una squadra-capolavoro venduti, talvolta a squadre rivali e innanzitutto a quell’Inter che ha accettato dalla giustizia sportiva uno scudetto che sul campo non aveva visto né da vicino né da lontano. Giampiero Mughini ricorda quei giorni neri in cui la voce rauca degli “antijuventini” s’era fatta talmente forte da chiedere l’allontanamento dalla guida della nazionale di quel Marcello Lippi che l’avrebbe poi guidata alla conquista del campionato del mondo; e, da grande cantore dell’epopea bianconera, racconta lo strazio e la rabbia del dolente popolo juventino. Con un occhio ai retroscena, Mughini spiega perché, dato il momento di debolezza politica ed economica della Fiat, la proprietà della Juve abbia accettato senza batter ciglio il martirio dei Moggi e dei Giraudo. E affronta la domanda lancinante: la nuova Juve, rientrata in A, è davvero una squadra da primissimi posti o invece siamo di fronte a una squadra talmente diminuita nei suoi valori tecnici da non poter andare oltre la metà della classifica?

LIVERPOOL-INTER 2-0


lunedì 18 febbraio 2008

ZOEGGELER

L'arma letale di Armin Zoeggeler è la fame inesauribile di vittorie: non l'hanno mica soprannominato "il cannibale" così per scherzo. L'altoatesino è fresco di settima coppa del mondo ma senza la minima intenzione di appendere lo slittino al chiodo, anzi. Il 34enne campione sulle piste ghiacciate di tutto il mondo, ha conquistato la terza sfera di cristallo consecutiva nelle due gare finali a Sigulda (Lettonia).
Dopo il successo di venerdì scorso, è giunto secondo nella prova decisiva di domenica, vinta dal russo Albert Demtschenko con 67 millesimi di vantaggio. Terzo è il tedesco David Moeller a 551, sempre in lizza con Zoeggeler per la coppa, prima di cedere le armi a Sigulda.
Zoeggeler avrebbe potuto controllare la situazione e arrivare anche settimo, grazie al margine di 55 punti su Moeller dopo il trionfo di venerdì. Invece ha sfoderato una prestazione da campione senza compromessi, concentrato e veloce al 100x100 salvo concedere qualche millesimo al perfetto Demtschenko. «I calcoli non mi piacciono. Quando ti metti a ragionare finisci per commettere altri errori, quindi ho corso come sempre per vincere». Il cannibale Zoeggeler aggiunge così il settimo sigillo in una stagione quasi impeccabile, con l'oro agli europei di Cesana e l'unico smacco ai mondiali di Oberhof (quinto posto dietro ai tedeschi invincibili).
La sua carriera è una sequenza ininterrotta di successi: 40 vittorie in gare di coppa (record già battuto lo scorso anno), quattro medaglie olimpiche e sette iridate. L'unico primato che gli manca è quello dell'austriaco Markus Prock, con 10 coppe del mondo nello slittino singolo. Zoeggeler non vuole sbilanciarsi più di tanto in proposito: «Andiamo avanti una stagione per volta. Mancano due anni alle Olimpiadi di Vancouver e la mia attenzione è rivolta a quell'appuntamento, poi vedremo». Nel doppio, infine, gli azzurri Oberstolz/Gruber hanno chiuso la stagione al secondo posto, 20 punti dietro i tedeschi Leitner/Resch. Gli altoatesini hanno vinto l'ultima gara di Sigulda (nono successo in carriera e secondo di stagione).

ROBERTO BAGGIO

Il più grande talento che il calcio italiano abbia mai visto in azione, oggi compie 41 anni (18 febbraio 1967), uomo schivo, mai una parola fuori posto, un eletto dell'Avvocato, che lo definì, per il suo modo di giocare, Raffaello. Uscito dal mondo del calcio in un Milan-Brescia...


...alla scala del calcio di San Siro, è voluto rimanere al di fuori di telecamere e parole, lasciando i suoi tifosi, a prescindere dall'appartenenza di colori, un vuoto incolmabile.

Auguri Roberto...

di Cirdan

sabato 16 febbraio 2008

C'E' CHI DICE NO

Ogni commento è superfluo!

MOGGI NE HA PER TUTTI

Su Libero di ieri, 15 febbraio, Moggi dice la sua in risposta alle ultime affermazioni di Totti ma tocca anche il tema degli errori arbitrali che la stampa vuole far passare per errori di gioventù ed invece vedono coinvolti arbitri che, certo, non sono di primo pelo. Un accenno alle accuse di Moratti e una rinfrescatina alla memoria, su un'azione non onesta, chiudono l'articolo che riportiamo:
Mi chiedo cosa debbo dire a Totti, che nella voglia di bacchettare l’Inter per gli aiutini che riceve, è inciampato in una considerazione che non mi aspettavo. A suo dire all’Inter sta capitando quello che capitava alla Juve qualche anno fa, con la differenza che i nerazzurri sono …..a prova di intercettazioni (ma un certo Vieri non la pensa così). Caro Totti, le intercettazioni non hanno fatto capire alcuna verità e, al contrario, hanno sconfessato il teorema accusatorio. Aggiungo che se le 100.000 e passa telefonate fossero state fatte a 360 gradi, oggi avremmo sicuramente una visione totalmente diversa delle cose (per esemplificare ricordo al Pupone i famosi Rolex regalati agli arbitri).
I nostri lettori ricorderanno che al tempo dei processi sportivi la situazione si complicò al punto che per giungere alla condanna i giudici dovettero appoggiarsi al “sentimento popolare”: la Juve e i suoi dirigenti furono condannati non perché i fatti erano stati commessi, ma perché dovevano essere condannati a prescindere. Giudicate voi se questa si può definire “giustizia equa”.
Ora gli errori degli arbitri si traducono in altrettanti favori all’Inter. Quello che non mi va è la storiella che in favore della Juve quegli errori sarebbero stati mirati o condizionati, mentre per i nerazzurri sarebbero solo casuali.
In verità, come emerso dai riscontri statistici fatta dalla stessa Gazzetta, quegli errori si tradurrebbero in almeno 5 punti regalati a Mancini e i suoi figliocci. Roma e Juve in piena lotta scudetto. E allora come li vogliamo chiamare questi favori? Mughini li definisce “candidi” (chiaro riferimento al famoso “Candido” che interpreta quegli errori esclusivamente in buona fede). Questi caro Totti, sono i fatti e per fortuna non sono il solo a metterlo in evidenza.
Fa rabbia il metodo perfido di diffondere verità fasulle. Anche il “Corriere dello Sport” parla di arbitri non più corrotti, ma scarsi. Mi chiedo se sanno di qualche arbitro condannato per corruzione. E poi dicono di “giovani arbitri” come alibi: gli errori più gravi li hanno compiuto arbitri molto esperti, Morganti, Trefoloni, Saccani, Rizzoli, Farina, Ayroldi, Rosetti, Bergonzi e Tagliavento.
A proposito della risposta di Cobolli alle accuse di Moratti per il 5 maggio, notiamo che l’ha fatto in ritardo, soltanto quando la pressione del popolo juventino non poteva essere più contenuta. In più è bastato un accenno di scuse da parte di Moratti per rimettere i rapporti a posto. Personalmente sto con quei tifosi che chiedono una difesa più serrata del passato e delle glorie bianconere.
Per quanto riguarda il passaporto falso di Recoba ricordiamo che, avendo patteggiato e quindi riconosciuto la responsabilità nella vicenda dell’Inter, la giustizia sportiva avrebbe dovuto rivedere e rendere più gravosa quella sentenza. Cannavò ha sempre detto che la giustizia sportiva si è già pronunciata. Perché allora non dici che quella sentenza deve essere rifatta, esattamente come fa la sua Gazzetta quando invoca supplementi d’indagine e di condanna per altre vicende?Ricordiamo che è venuto fuori che per quel passaporto falso era stato pagato ben 80.000 dollari. Poco?
E' stata la settimana dei veleni sull'asse Roma-Milano con il solito sconfinamento sulla Juve, ma ormai si sa: dopo la supina accettazione di sentenze sportive allucinanti chiunque si sente in diritto di tirare in ballo, almeno una volta per intervista, la Juve.
Sfidiamo questi personaggi a dirci che cosa hanno scritto i giudici nelle loro sentenze: siamo sicuri che non lo sanno perchè si capisce da quello che affermano che non hanno perso tempo a leggerle e si sono accontentati dei titoli dei giornali, che hanno prodotto tanta spazzatura quanta neppure a Napoli ne è stata vista per le strade.
In settimana Oriali ha parlato molto. A proposito del richiamo di Moggi sul passaporto di Recoba ricordiamo, vale sempre la pena farlo, che Oriali e Recoba, fecero “carte false” per ottenere un passaporto farlocco ed una patente risultata rubata nella Motorizzazione di Latina. Il GIP del Tribunale di Udine, dott. Giuseppe Lombardi, presso il quale i due dipendenti della squadra autodefinitasi Onesta ammisero la colpa e patteggiato la pena, scrive nel dispositivo della sentenza: “Dagli atti risulta che almeno in due momenti Oriali deve essersi consultato con i propri superiori: il primo quando si trattò di dare il "via" alla pratica in Argentina ed il secondo quando si trattò di effettuare su indicazione di Krausz, il bonifico di 80.000 dollari, che evidentemente doveva essere autorizzato dai vertici societari. Ciò posto, è evidente che la richiesta di pagamento di una somma rilevante per lo svolgimento di ricerche documentali avrebbe potuto, e forse dovuto, ingenerare nella dirigenza dell’Internazionale sospetti di irregolarità e d’altra parte l’inesistenza nei libri contabili della Società di un pagamento di tale importo potrebbe significare che alla liquidazione del compenso si sia provveduto in forma non ufficiale”.
Ricordiamo ora le altre dichiarazioni, rese in questa settimana, che hanno offerto spunto all'articolo di Moggi:
Oriali, dopo la gara di Catania: «Gli errori, in qualche partita, ci stanno. A volte sono pro, a volte contro e noi li abbiamo sempre accettati, anche in passato. Dovrebbero fare la stessa cosa anche gli altri».
Totti, 11 febbraio: «Per come la penso io, c’è un pizzico di sudditanza psicologica, di tutti, perché hanno paura a parlare male in questo momento dell’Inter, perché poi se avessero il coraggio e la lealtà di dire quello che vedono, sarebbe molto più facile. E, invece, loro negano e negare l’evidenza penso che sia un po’ difficile. Non voglio attaccare l’Inter, perché l’Inter società penso che non c’entra niente, poi i giocatori sono bravi e vincono in campo. Però, qualcosa sotto penso che ci sia. Qualcosa sotto nel senso che hanno dei piccoli aiutini». Totti poi, a proposito di aiutini, torna su quello che è successo due anni fa: «Quello, purtroppo, c’è sempre stato, fa parte del calcio, come la Juve tanto tempo fa, adesso c’è l’Inter. Io non penso che l’Inter abbia fatto quello che ha fatto la Juve. Purtroppo, sono uscite tutte le intercettazioni e abbiamo capito la verità, quello che c’era dietro. Io non penso che l’Inter abbia fatto la stessa cosa, anche perché loro vincono sul campo, poi gli arbitri possono sbagliare perché non è semplice gestire 90 minuti e non sbagliare almeno una volta. Però, sbagliare sempre allo stesso modo e sempre dalla stessa parte, un po’ ti fa pensare. Questo è quello che volevo dire, non che rubano le partite o l’aiutano. Mi dispiace perché tu ti alleni tutta la settimana e poi sai che tanto loro, o perché sono forti o perché succede qualcosa, vincono sempre».
Queste dichiarazioni di Totti sono al vaglio del Superprocuratore Palazzi perchè, come dimostra il deferimento di Ambrosini per lo striscione "Lo scudetto mettilo nel ... ", sembra che non si possa toccare una ben definita squadra o criticare gli arbitri che la favoriscano.Palazzi non prende nessun provvedimento se Moratti aizza gli animi con accuse sul 5 maggio 2002 non corroborate da denuncia o da prove, ma è molto attento se qualcuno pensa che sotto gli "aiutini" ci sia qualcosa. Piuttosto rileviamo che neppure Er Pupone ha il coraggio di andare fino in fondo e definire i favori arbitrali all\'Inter per quello che sono, ovvero "aiutoni a senso unico".

ESSERE SERI

E se anche oggi, dopo tutto quello che i nostri occhi da appassionati del calcio hanno visto, dalla sentenza di primo grado sul processo di “Calciopoli” in poi, cercassimo di interpretare un sentimento collettivo, ascoltando la gente comune, provando a metterci sulla stessa lunghezza d’onda, in quale secondo grande errore cadremmo?
Ricorderanno i milioni di juventini, quelle parole pesanti come un macigno, che hanno sgretolato ogni forma di giustizia che si dovrebbe consumare in ogni aula di tribunale, parole espresse da un giudice, Mario Serio, al termine del processo d’appello, all’interno del quale, il Presidente della Caf Cesare Ruperto, così pronunciò: “Ma quale Corte Federale, quello era un club di amici che giocava a carte”.
E tornando dunque ad oggi, nei confronti dell’Inter cosa si dovrebbe fare? Riprendere il sentimento popolare? Ascoltare la gente comune? Mettersi sulla stessa lunghezza d’onda?
Proviamo a chiedere al gente comune dell’intero Paese, che cosa pensa del campionato più falsato che mai si sia disputato; proviamo a chiedere all’opinione pubblica cosa pensa delle decine di episodi che stanno favorendo la squadra di Moratti.
Sarebbe da pronunciare con effetto immediato una seconda Santa Inquisizione, mettendo alla gogna sia da parte dei media prima, che all’interno dei fascicoli di una qualunque procura dopo, la sentenza a priori per condannare la seconda squadra di Milano alla retrocessione in serie B e alla revoca dello scudetto.
Oggi è arrivata una giustizia, trasversale ma sempre giustizia.
Nonostante i vari falsi in bilancio, le plusvalenze fittizie, il deferimento attuato dalla Procura Federale per l’eventuale falsificazione dei bilanci per l’iscrizione al campionato 2005/2006, passaporti e patenti false, tutti argomenti riconducibili alla squadra e alla società che si professa da sempre “onesta”, una ruota, quella della “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” ha cominciato a girare.
E in quel vortice vi sono finiti tutti, da Moratti ad Oriali, da Mancini a capitan Zanetti.
Non meno di due settimane fa il Presidente nerazzurro era tornato sull’argomento “5 maggio”, definendo l’allora dirigenza bianconera “una banda di truffatori”, e la stampa ha fatto subito spallucce, ma non l’opinione pubblica, trovando poco serio appellarsi a uno scudetto che la squadra di Milano perse meritatamente sul campo in quel di Roma, in un pomeriggio dove l’intero Olimpico (anche sponda laziale) era vestito di nerazzurro.
Dopo l’ennesima svista arbitrale (Farina), il tecnico Mancini era insorto durante la trasmissione sportiva “Controcampo - diritto di replica”, per le critiche da parte degli addetti ai lavori sull’operato arbitrale nei confronti della sua Inter.
Alla trasmissione sportiva “Il processo di Biscardi”, in onda sulla rete “Italia7gold”, sono settimane che si indicono sondaggi attraverso e-mail, telefonate e sms, sul possibile “vento” che sta spingendo l’Inter verso la conquista dello scudetto, grazie agli aiuti degli arbitri; che piaccia o meno, è comunque una trasmissione che da 28 anni tiene inchiodati al televisore milioni di spettatori e il voto espresso dagli stessi è inequivocabile: 7/8 italiani su 10 pensano che l’Inter sia favorita.
Pochi giorni fa il dirigente Gabriele Oriali ha detto: “Gli errori, in qualche partita, ci stanno. A volte sono pro, a volte contro e noi li abbiamo sempre accettati, anche in passato. Dovrebbero fare la stessa cosa anche gli altri”, dimenticandosi probabilmente del putiferio che scatenavano ad ogni domenica di campionato in cui non veniva fischiato un fallo a centrocampo a Davids, Conte, Tacchinardi, Emerson o Vieirà.
E ora si ritrovano nella medesima situazione, anzi peggio.
Si peggio, perché ora il calcio dovrebbe essere pulito, perché ora che non ci sono più orchi, nazgul, hobbit impersonificati in Golum-Moggi, e come disse in tempi non sospetti Mancini “ora possono vincere tutti”, e invece vincono solo loro, perché bravi da una parte (come molte squadre di questo torneo), ma soprattutto perché chiaramente favoriti (e in questo caso si ritrovano gli unici ad avere episodi a favore).
Sarà una piccola rivincita, una piccola soddisfazione, ma la gente, quella del sentimento popolare, quella dell’onda, ha cominciato a fare chiare molte nubi che hanno attraversato la propria coscienza in questi ultimi due anni.
Molti a cui oggi si chiede un parere su questo nuovo calcio rispondono: “non è cambiato nulla, probabilmente il compianto Enzo Biagi aveva ragione, Moggi è stato dato in pasto al popolino per coprire chissà cosa”.
Quello che si evince da questo calcio pulito è la perdita di popolarità, statistiche alla mano, il calcio piace sempre meno: la tifoseria bianconera nel periodo post-calciopoli ha perso il 17% dei propri sostenitori, le televisioni non hanno più gli ascolti record di qualche stagione orsono, gli stadi sono sempre più vuoti, gli stessi organi di stampa sportiva hanno diminuito le tirature delle stampe, con molta probabilità nella stagione che verrà non si potranno più vedere trasmissioni come “90° minuto” e “Controcampo”, il calcio diverrà come uno spezzatino da consumare freddo, caldo e spesso anche scaduto.
Da juventini non abbiamo mai pensato, in questo campionato, che gli errori a favore dell’Inter, siano stati figli di complotti, cupole o stanze dei bottoni, anzi, sosteniamo da tempo che la squadra neroazzurra abbia i mezzi e le risorse per poter condurre in porto questo campionato come, quando e dove vuole.
Ma vorremmo altresì sentire da chi ha infangato e denigrato la storia e la bandiera della squadra più titolata d’Italia, il riconoscere la superiorità che in 12 lunghi anni è stata attuata sul campo da una delle squadre più forti di ogni epoca, capace di portare ad una finale di un campionato del mondo ben 8 giocatori titolari della stessa, di rimanere in testa per due campionati consecutivi quando ancora tale si poteva considerare l’ex campionato più bello del mondo.
Perché come ha detto qualcuno: “Gli errori, in qualche partita, ci stanno. A volte sono pro, a volte contro…”.
E in un porto, dove oramai le nebbie create artificialmente due anni orsono, si stanno piano, piano diradando, le reti stanno venendo a galla, senza quei pesci(cani) che qualcuno immaginava o che gli furono imposti come il male del calcio.
In quella rete ci sono le stesse identiche imperfezioni che questo mondo si porterà dietro per sempre, e chi pensava di rimanerne fuori perché “onesto” si sta ritrovando ancora più sporco rispetto a chi, quel fango era stato tirato addosso per invidia e impotenza.
Oggi ci si trova dinnanzi ad un’occasione unica, per essere, almeno una volta, capaci di ammettere che quello che fu fatto ai danni della Juventus sia stato vergognoso e ingiusto, sia da un punto di vista mediatico che di giustizia sportiva.
E tutti coloro che aprirono bocca per interpretare un sentimento collettivo, ascoltando il volere della gente mettendosi sulla stessa lunghezza d’onda, hanno finalmente la possibilità di essere seri.
di Cirdan

giovedì 14 febbraio 2008

PINOCCHIO

Il nodo da sciogliere, i favoritismi, sono liquidati dal dirigente interista con un richiamo al passato. A quando, secondo quanto afferma, li si subiva: "Gli errori, in qualche partita, ci stanno. A volte sono pro, a volte contro e noi li abbiamo sempre accettati, anche in passato. Dovrebbero fare la stessa cosa anche gli altri".

RONALDO

Milano, mercoledì 13 febbraio 2008, al 12' del secondo sono passati solo 3 minuti dal suo ingresso in campo nel recupero infrasettimanale del Milan contro il Livorno, quando il tendine rotuleo del ginocchio sinistro si rompe, il medesimo infortunio accusato precedentemente era stato sull'altro ginocchio, il destro.
Ronaldo Luís Nazário de Lima conosciuto in Europa semplicemente come Ronaldo (Rio de Janeiro, 22 settembre 1976).

Nato nel poverissimo quartiere di Bento Ribeiro, si mise in luce giovanissimo e a sedici anni fu ingaggiato dal São Cristóvão, squadra dell'omonimo quartiere di Rio de Janeiro. Inizialmente ingaggiato per le giovanili, si mise subito in luce, segnando in due stagioni in prima squadra 44 gol in 73 incontri. Nel 1993 passò dal calcio carioca a quello mineiro, in quanto fu ingaggiato dal Cruzeiro di Belo Horizonte (Minas Gerais). Sebbene utilizzato poco nel campionato nazionale ebbe modo di mostrare ugualmente il suo talento, realizzando 12 gol in 14 incontri e attestandosi poco sotto la media realizzativa di una rete a partita. La sua impresa più notevole a Belo Horizonte rimane tuttavia quella dei tre gol segnati nel derby contro l'Atlético Mineiro (battuto 3-1) in un incontro valido per il campionato Mineiro. A quell'epoca Ronaldo già aveva avuto esperienze in nazionale, avendo giocato nella selezione juniores su indicazione di Jairzinho (campione del mondo 1970 in Messico), il quale lo aveva segnalato allo staff tecnico federale quando aveva 14 anni. Alla fine della stagione Ronaldo vinse la Coppa del Brasile con il Cruzeiro.

Quando, nel 1994, Ronaldo andò a giocare in Europa, ingaggiato dal PSV Eindhoven per 6 milioni di dollari USA, lo fece da campione del mondo, pur non essendo mai sceso in campo nella Coppa del Mondo FIFA disputatasi in estate negli Stati Uniti. In due stagioni, tra campionato olandese, coppe nazionali e internazionali, Ronaldo in 57 incontri mise a segno 55 gol, 42 dei quali in campionato.

Nel 1996 fu ceduto al Barcellona. In Spagna vinse il suo primo trofeo internazionale, la Coppa delle Coppe 1996/97, realizzando il calcio di rigore decisivo per battere 1-0 il Paris Saint-Germain. Con la squadra catalana mantenne un rendimento altissimo, segnando 47 reti in 49 partite ufficiali, di cui 34 gol in 37 presenze nella Liga, che gli valsero il titolo di Pichichi.

Massimo Moratti, che già da tempo teneva sotto osservazione il calciatore brasiliano, nell'estate del 1997 riuscì - pagando una pesante penale (48 miliardi di lire) al club catalano - ad assicurare le prestazioni di Ronaldo all'Inter. Il calciatore giunse a Milano il 25 luglio 1997, accolto con grande entusiasmo dai tifosi. Nella stagione 1997/98 l'Inter arrivò seconda in campionato, ma vinse la Coppa UEFA. A livello personale Ronaldo segnò 25 gol in campionato, che non bastarono a vincere la classifica marcatori (appannaggio di Bierhoff con 27 centri), ma che rimangono tuttora il record di gol per un esordiente assoluto in Serie A, e soprattutto in quella stagione vinse il suo primo Pallone d'oro.
Il seguito della permanenza di Ronaldo all'Inter fu reso difficile da due infortuni gravi e dai tempi lunghi di recupero. Il 21 novembre 1999, durante una partita di campionato contro il Lecce, Ronaldo si ruppe il tendine rotuleo del ginocchio destro. Ci vollero quasi sei mesi e un intervento chirurgico prima di tornare in campo: questo avvenne il 12 aprile 2000 a Roma, durante la finale d'andata della Coppa Italia contro la Lazio. Ma il ginocchio cedette nuovamente dopo sei minuti dall'ingresso in campo. La cosa fece temere per la sua carriera, visto che il danno era più grave del previsto. Tra nuova operazione, convalescenza e riabilitazione trascorse più di un anno e molti iniziarono a sollevare il dubbio che forse Ronaldo non avrebbe più rimesso piede in campo.
In realtà, Ronaldo recuperò e tornò in campo alla fine del 2001, ma i postumi dell'infortunio portarono l'allenatore Cúper ad utilizzarlo con iniziale cautela. Solo nella parte finale del campionato, che l'Inter stava guidando davanti a Roma e Juventus, tornò ad essere impiegato in pianta stabile, risultando spesso decisivo. Nonostante il ritorno in grande stile e la ritrovata vena realizzativa, lo Stadio Olimpico di Roma fu per Ronaldo il teatro di una nuova delusione, questa volta per sua fortuna solo sportiva: nell'ultima partita di campionato, il 5 maggio 2002, l'Inter fu battuta 4-2 dalla Lazio e si vide sorpassata in classifica sia dalla Juventus, che vinse lo scudetto, che dalla Roma. Ronaldo chiuse la partita in lacrime: fu la sua ultima apparizione in campionato con la maglia dell'Inter.

Nel luglio 2002, subito dopo il termine del vittorioso campionato del mondo, Ronaldo ruppe con il tecnico interista Hector Cuper e chiese di essere ceduto. Dopo una trattativa durata tutto il mese d'agosto e condotta tra il furore dei media e dei tifosi, il giocatore brasiliano fu ingaggiato dal Real Madrid.
Ronaldo segna il gol dell'1-1 finale in Real Betis-Real Madrid
Con la squadra fresca vincitrice della Champions League vinse la Supercoppa Europea 2002 e successivamente, nel dicembre dello stesso anno, la Coppa Intercontinentale. Questi successi con il club madrileno gli permisero di conquistare il suo secondo Pallone d'oro. In quella stessa stagione vinse sia il campionato spagnolo, all'inizio della seconda stagione nelle merengues Ronaldo conquista la Supercoppa nazionale.
In 4 stagioni e mezzo al Real Madrid Ronaldo vanta 177 partite ufficiali con 104 gol e il secondo titolo di Pichichi nel 2004.

Il 30 gennaio 2007, dopo una lunga e complessa trattativa, il Real Madrid ha ceduto Ronaldo al Milan per la cifra di 7,5 milioni di euro, dei quali 3 a carico dello stesso giocatore. Il contratto firmato con la società lega Ronaldo al Milan fino al 30 giugno 2008. Una clausola del contratto d'acquisto prevede che, nell'eventualità (poi verificatasi) del raggiungimento di un posto utile alla qualificazione alla Champions League 2007/08, il Milan è tenuto a versare al Real Madrid un ulteriore corrispettivo di € 500.000. In base al regolamento UEFA, che proibisce a qualsiasi calciatore di poter giocare in una stagione sportiva europea con due o più squadre diverse, Ronaldo non ha potuto essere utilizzato per l'edizione 2006/2007 della Champions League, essendovi stato utilizzato in precedenza dal Real Madrid. Il trasferimento è stato duramente contestato dai tifosi interisti per i suoi trascorsi nerazzurri.
L'esordio in campionato con il Milan è avvenuto l'11 febbraio 2007, subentrando nel secondo tempo dell'incontro casalingo contro il Livorno, vinto 2-1. Nella giornata successiva, in trasferta contro il Siena, confermando una sua personale tradizione che lo vuole finora sempre andare a segno nella sua seconda partita ufficiale con un nuovo club, ha realizzato una doppietta nell'incontro vinto dal Milan per 4-3. Infine, nel derby dell'11 marzo 2007, ha realizzato il gol del provvisorio 1-0 contro l'Inter, la quale ha poi vinto l'incontro 2-1. Nel complesso l'acquisto di Ronaldo segna una svolta nella stagione del Milan: con 7 gol in 14 presenze il brasiliano dà un apporto decisivo alla rimonta della squadra verso la quarta posizione, necessaria per qualificarsi alla Champions League tramite i preliminari che poi i rossoneri hanno potuto saltare, avendo vinto la massima manifestazione europea per club ad Atene contro il Liverpool.Un infortunio alla coscia sinistra, capitatogli in allenamento il 31 luglio 2007, lo ha costretto a saltare la prima parte della stagione 2007/2008. Il 4 novembre 2007, dopo 3 mesi di assenza dai campi, Ronaldo figura nella lista dei convocati da Carlo Ancelotti per la trasferta del 6 novembre contro lo Šakhtar. Fa il suo esordio stagionale in partite ufficiali nello Stadio Sant'Elia contro il Cagliari, il 25 novembre, nel 13° turno di campionato. Viene convocato per la successiva gara di Champions League del 28 novembre contro il Benfica, ma non scende in campo poiché subisce un nuovo infortunio, questa volta al polpaccio, durante il riscaldamento pre-sostituzione. Stenta a riprendersi da tale infortunio e non si allena coi compagni in Giappone prima del Mondiale per club 2007. Di conseguenza, dopo essere stato inizialmente inserito nella lista dei 23 convocati per tale manifestazione, il giorno prima dell'esordio, in accordo con il giocatore, il Milan decide di sostituirlo con Favalli. Torna in campo dopo l'infortunio il 13 gennaio 2008 a San Siro contro il Napoli segnando 2 gol nella vittoria per 5-2.
Il 13 febbraio 2008, nel recupero di campionato contro il Livorno, Ronaldo subisce un nuovo grave infortunio: entrato in campo da pochi minuti, nel tentativo di colpire di testa il pallone crossato in area da Massimo Oddo, si procura la rottura del tendine rotuleo questa volta del ginocchio sinistro. Secondo le prime analisi i tempi di recupero per questo incidente vanno da 9 a 12 mesi. Si teme quindi che la carriera di Ronaldo possa chiudersi dopo questo ennesimo infortunio.

L'esordio in Nazionale di Ronaldo risale al 1994, sebbene, come detto, il giocatore fosse già nell'orbita della Seleção fin dalle giovanili. Fu tra i 22 convocati per il campionato del mondo USA 1994, ma non scese mai in campo. Siccome il Brasile vinse quell'edizione del mondiale, Ronaldo poté fregiarsi del titolo di campione del mondo, ad appena 17 anni. Vinse la Confederations Cup del 1997 e due edizioni consecutive della Coppa America (1997 e 1999).
Dipinto che ritrae Ronaldo e Ronaldinho con le maglie di Real Madrid e Barcellona
Guidò il Brasile alla difesa del titolo mondiale in Francia nel 1998 raggiungendo la finale contro la squadra di casa, ma la notte prima dell'ultimo atto, a Parigi, Ronaldo fu colto da convulsioni, verosimilmente di origine epilettica, e non poté giocare la finale al suo meglio. La Francia batté il Brasile per 3-0 e vinse la Coppa del Mondo, e il giallo sul malore che aveva colto Ronaldo la sera prima divenne un caso mondiale.
Nel campionato successivo, che si giocò in Corea del Sud e Giappone, Ronaldo vinse la classifica marcatori con 8 gol e fu la stella della squadra che arrivò in finale per la terza volta consecutiva. Questa volta l'avversaria per il titolo fu la Germania, che il Brasile batté 2-0 con due suoi gol. La vittoria mondiale gli valse a fine anno il suo secondo Pallone d'oro (2002).
Nonostante l'eliminazione a opera della Francia per 1-0 nei quarti di finale del campionato del mondo in Germania del 2006, Ronaldo è riuscito a diventare il miglior marcatore delle fasi finali del torneo, record grazie al quale ha vinto la Scarpa d'oro: in tre edizioni dei Mondiali ha segnato 15 gol (4 nel 1998, 8 nel 2002 e 3 nel 2006), uno più del tedesco Gerd Müller (14) e due più del francese Just Fontaine.
In Nazionale vanta in totale 62 gol in 97 partite, secondo marcatore di sempre nella Nazionale brasiliana, a 15 gol dal primatista Pelé.

tratto da wikypedia
Questa è storia, la storia sportiva di un uomo, che ha scatenato le platee di tutto il mondo, con i suoi dribbling, i suoi gol, il suo modo unico di giocare al calcio.
Con molta probabilità la carriera agonistica del numero 9 più forte di ogni epoca, si è interrota in una serata di febbraio alla scala del calcio, forse un segno del destino.
Le sofferenze e il dolore provocate da un infortunio di tale portata (il secondo in carriera), metteranno la parola fine alla voglia di ricominciare da capo, e ciò lo possiamo capire benissimo.
Era già intenzione, da parte di Ronaldo, di appendere le scarpette al chiodo al termine di questa stagione agonistica, ora con questo ennessimo infortunio (si parla in tempi di recupero di 9/12 mesi) con molta probabilità anche nella testa del giocatore brasiliano si paventerà definitiva tale decisione.
Ho ritenuto non inserire le immagini della triste notte di San Siro, lo voglio salutare augurandogli un grosso in bocca al lupo per l'operazione con questa collana di immagini, le più belle di una carriera costellata di vittorie personali e di squadra, con i gol e le giocate che ne hanno fatto un'icona per le nuove generazioni.



di Cirdan

mercoledì 13 febbraio 2008

AFGHANISTAN - ULTIM'ORA

Afghanistan: ucciso militare italiano,un altro ferito

Un militare italiano è stato ucciso in Afghanistan e un altro è rimasto leggermente ferito nel corso di scontri non lontano da Kabul, in una zona sotto responsabilità italiana. I due militari, entrambi dell'Esercito, sono rimasti coinvolti in un attacco con armi da fuoco portatili mentre stavano svolgendo una missione nei pressi della località di Rudbar, circa 60 chilometri da Kabul. Il ferito non è in gravi condizioni. Lo scontro a fuoco, ricostruisce lo Stato maggiore della Difesa, è avvenuto alle 15 locali (le 11.30 in Italia) di mercoledì 13 febbraio. «Militari italiani della Task Force Surobi, in attività di cooperazione civile e militare e sostegno sanitario alla popolazione, sono stati fatti segno di alcuni colpi di arma da fuoco portatili da parte di elementi armati ostili a cui i militari italiani hanno risposto», si legge in una nota dello Stato maggiore della Difesa. «A seguito dello scontro - aggiunge il comunicato - un militare italiano è deceduto mentre un secondo risulta leggermente ferito. È in corso l'evacuazione medica presso l'ospedale militare francese di Camp Warehouse, a Kabul».