Te ne sei andato, a ventiquattro anni, facendo quello che più ti piaceva fare, che meglio riuscivi a fare. Eri bello, solare, vero, verace, simpatico ma tosto, campione ma allo stesso tempo normale, con quel tuo modo di parlare romagnolo, con quella tua capigliatura che era diventata "cool". Oggi scrivere non è semplice, oggi scrivere non è facile, ma non riesco a stare fermo senza ricordarti, senza scrivere di te (le parole, purtroppo, sono finite alle 10:56 di questa maledetta giornata che non dimenticherò mai). Eri un bambinone, gioioso, giocoso, con quella voglia di emulare i grandi campioni del passato, come solo un bambino riesce a sognare. Il tuo modello era Valentino Rossi, e con lui hai sempre avuto un rapporto di grande stima, di grande professionalità, ma soprattutto di grande amicizia, che vi legava come fratelli, in pista come fuori; che poi sia stato proprio lui ad essere coinvolto nel maledetto incidente che t'ha portato via da tutti noi fa parte di quel destino che nessuno di noi riuscirà mai a comprendere. Pensarti campione del mondo della classe 250 mi fa tornare indietro nel tempo, ricordandoti speciale in pista e esageratamente uomo nel paddock. Pensarti ancora maturo da rinunciare alla grande scalata nella classe regina l'anno successivo mi fa battere forte il cuore, perché quel giorno mi resi perfettamente conto di quel che volevi, di quel che saresti voluto diventare, di quanto l'ambiente in cui vivevi t'aveva forgiato responsabile, conscio del tuo cammino, consapevole che il tuo momento sarebbe arrivato. Eri un ragazzo d'altri tempi, con una famiglia alle spalle, con una storia d'amore che durava da una vita, con valori forti come l'amicizia, la gratitudine verso gli altri, quell'umiltà che ti rendeva speciale all'interno della famiglia del Motomondiale. In questo momento il mio pensiero è rivolto a tuo padre Paolo, a tua mamma Rossella, a quella meraviglia di tua sorella Martina, alla tua fidanzata Kate, a tutto il Team di Fausto Gresini, alla clinica mobile, a Guido Meda, a Loris Reggiani, ad Alberto Porta, a Carlo Pernat, a Paolone Beltramo che t'ha ricordato con le lacrime agli occhi, a tutti i piloti che non riescono a capacitarsi di quanto ti sia accaduto, a Claudio Costa, quel tuo secondo padre che in questo momento non troverà pace nel pensarti solare come sempre sei stato. Questo è uno sport capace di darti forti emozioni, di farti battere il cuore, capace di offrirti tanto, ma allo stesso tempo può toglierti tutto, la vita in primis, nella maniera più crudele possibile. Tu questo lo sapevi, come tutti coloro che hanno fatto, fanno e faranno il tuo mestiere, e conscio di questo hai saputo metterti in gioco, lottando con talento e tenacia, in un gruppo di piloti forti che t'hanno permesso di migliorare anno dopo anno, di diventare uno di quelli che contava. Oggi non c'è tempo per pensare a cosa t'ha voluto portarti via, quale causa motoristica è stata, se è stata, fatale. Oggi c'è silenzio, quello che tu non avresti mai voluto, c'è sgomento, nessuno riesce a parlare, nessuno è in grado di essere lucido, nessuno vorrebbe raccontare quello che invece è successo. Eri un buono, uno di noi, capace di farci emozionare ogni qual volta salivi sulla tua moto, ma capace al tempo stesso di farci sorridere ogni volta che i tuoi occhi grandi riempivano lo schermo, illuminandolo. Mancherai, tanto, troppo, più di quel che ognuno di noi avesse potuto mai immaginare. Ciao Marco.