..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

domenica 29 giugno 2014

HOLIDAY TIME

Lo straordinario di un qualunque viaggio è il poter godere ogni centimetro del suo percorso. Non è mai l'inizio o la fine, ma tutto ciò che l'attraversa. Emozioni e sensazioni che si avvitano al nostro essere. Per renderci diversi, migliori, speciali.
L'estate 2014 una tappa fondamentale di questo infinito cammino.
L'anno appena trascorso ci ha visti superare percorsi infimi, sorvolare ciò che fino a qualche mese prima sembrava invalicabile.
Non abbiamo posto paletti, quelli li lasciamo a chi crede che il vivere sia una corsa per giungere chissà dove.
Testa bassa abbiamo continuato a pedalare. Con il nostro rapporto, senza spingere dove era impossibile farlo. Con il nostro passo, senza inseguire chi, ad oggi, è fuori dalla nostra portata. Con il nostro ritmo, scandendo il tempo di chi ci sta accanto.
Adesso è giunto il momento di fermarsi. Di analizzare i chilometri percorsi, ringraziando chi c'ha passato una borraccia d'acqua quando i tornanti ci chiedevano il massimo dello sforzo, chi con una pacca sulla spalla c'ha semplicemente fatto credere che niente è impossibile.
Chi ancora non s'è perso d'animo, coloro che con un tenue gesto c'hanno fatto sorridere. 
Perché alla fine di tutto basterebbe sorridere un po' di più per guardare il mondo con gli occhi di chi il mondo lo vede, e probabilmente per sempre lo vedrà, più colorato di noi.

mercoledì 25 giugno 2014

BASTEREBBE SORRIDERE UN PO' DI PIU'

Male, malissimo nelle coppe europee, a confermare quanto fatto nell'ultimo lustro. Male, malissimo nella coppa mondiale, a bissare la spedizione sud-africana.
Due diversi percorsi, la stessa identica matrice.
Mancanza di cultura, tradizione, mentalità.
I protagonisti presunti, comparse di un sistema ormai marcio e che fa acqua da tutte le parti.
La miserabilità andata in scena durante la conferenza stampa figlia di un Paese rimasto orfano di eroi, santi e navigatori.
Chi si aspettava qualcosa di diverso stava fuori dalla storia.
Altrettanto miserabili le parole uscite dalla bocca di coloro che dovrebbero, perché prima uomini che calciatori, dare l'esempio, offrire la linea guida.
Ma si sa, siamo il popolo dove la colpa è sempre di qualcun'altro. Il metodo migliore per coprire il proprio fallimento.
Si narra che nel breve ci sarà l'intenzione di ripartire. Perché una poltrona non si lascia mai vacante.
Ricette magiche non ne esistono. Basterebbe sorridere un po' di più.

martedì 24 giugno 2014

SELECAO BRASILERA DE FUTEBOL

L'impatto umorale quando il catino accoglie la Seleção Brasileira de Futebol è di quelli che fanno la differenza. E tanta.
Se a Luiz Felipe viene in mente di togliere quei due paracarri e inserire due centrocampisti (che ha) sono cazzi.
Il #10 è nella condizione del posseduto.

lunedì 23 giugno 2014

LA FIFA DEL MONDIALE

"Due hanno svolto i controlli di routine, mentre gli altri cinque giocatori hanno solo recuperato dei test che andavano svolti prima dell'inizio della competizione, ma che non erano ancora stati effettuati".
Marco Ureña, Chrstian Bolaños, Michael Barrantes, Keylor Navas, Michael Barrantes, Diego Calvo, Giancarlo González e Bryan Ruiz,
Complimenti vivissimi a chi ha creduto che per battere il nulla mischiato con il niente c'era bisogno di chissà quale doping.
Un umiliazione simile si sarebbe potuta (dovuta) evitare.

venerdì 20 giugno 2014

IL FOOTBALL E' UNO STATO EMOTIVO

Il Football è uno stato emotivo, come più volte sostenuto.
Non è andata, come invece sarebbe potuta.
I motivi? Uno in particolare: non era anno (come da ormai quasi 50 accade).
Ma stavolta è diverso, ed il futuro è li che attende.
Due gare e due sconfitte. Identiche nello sviluppo, simili nella condotta.
Si sarebbe potuto andare in vantaggio (in entrambe meritatamente), si è andati, in entrambe, sotto.
Non ci si è scoraggiati, anzi. S'è predicato senza colpo ferire il nostro Football.
Abbiamo in entrambe recuperato, dando la sensazione di essere migliori, di avere in canna il colpo risolutore.
Qui lo stato emotivo, e l'inerzia, stava nettamente dalla nostra parte. Ed il campo, insindacabilmente, raccontava questo.
Nel momento migliore il colpo del KO, in entrambe le sfide. Il primo dato da uno che non segnava da 7 mesi (un segnale dell'anno no?), il secondo da un autentico fenomeno, che quest'anno meriterebbe, senza se e senza ma, il pallone d'oro.
Tutto dipenderà, come sempre, da chi ne possederà il cartellino.
Colpe? Quando si perde se ne trova sempre, in alcuni casi giustamente.
In questo, errori che ci stanno a parte, un po' meno.
Ho sentito e letto che con altro selezionatore si sarebbe potuto fare di più.
Può essere vero, può anche non esserlo.
Personalmente, da "selezionatore", avrei optato per altre scelte, per un diverso modulo, per una diversa line-up.
Poi "ragiono" sui 180 minuti disputati e visti. Con qualunque undici in campo s'è creato tanto, tantissimo. E questo toglie qualsiasi dubbio sulle scelte di Roy: un pizzico di culo in più e staremmo a parlare di altro.
Ma è sempre il futuro che mi lascia in bocca un gusto completamente diverso dall'amara (quasi) eliminazione.

L'ISTANTANEA DEI BLACK SABBATH

La formula, il segreto, gli ingredienti sempre gli stessi, dalla notte dei tempi: un basso, una chitarra, una batteria e un front-man. Stop. Non serve altro. Soprattutto quando si possiede il talento, quando al potere si mette la fantasia, quando per fare musica e trascinare con se tutto e tutti basta essere e non apparire. E la scenografia "minimal" stava li a certificarlo.
Se poi le quattro corde vengono pizzicate da Geezer, le sei sono magicamente toccate da Tony e il rullante e la grancassa picchiati da Tommy tutto torna, tutto assume un senso.
E poi lui. Che definire front-man o qualsiasi altro appellativo per descriverlo non renderebbe merito al tipo di presenza e di appeal che riesce ad avere nel momento in cui compare davanti al proprio pubblico.
E si. Perché Ozzy se non ci fosse non sarebbe lo stesso, e difficilmente si riuscirebbe ad inventarlo, a crearlo come una Birmingham invernale del 1948 fu in grado di mettere al mondo.
Quindici ore tirate, comprensive di viaggio di andata e ritorno e adrenalina allo stato puro, non si regalano a chiunque, non si fanno tanto per fare. Dietro c'è una storia, la storia dell'Heavy Metal.
Il tuffo all'interno dell'Arena è di quelli che lasciano il segno, il guardare a 360° il contorno la risposta al perché i Sabbath, Ozzy, sono ancora li. Quarantasei anni dopo.
Ancora oggi come non pensare a quel negozio di dischi sito ad Aston in cui un giovanissimo Osbourne affisse un cartello con su scritto "Ozzy Zig Needs Gig – has own PA"
Qualunque entità superiore a noi salvi per sempre quella mano che quel giorno scrisse quelle parole.
La seconda visita in Italia di Ozzy, la prima fu nel 1998, raccoglieva l'attesa di migliaia di fans giunti da tutta la penisola in una soleggiata e vivibile Casalecchio di Reno. Generazioni a confronto che si sono unite per l'unico appuntamento che la band di Birmingham ha deciso di donare al Bel Paese.

lunedì 16 giugno 2014

GLI SPURS SONO CAMPIONI NBA 2014

Sono troppe, e di ogni genere, le emozioni che si sono consumate al AT&T Center di San Antonio.
Al termine dell'ultima e decisiva gara che ha consacrato gli Spurs campioni Nba per l'anno 2014.
Emozioni che giungono copiose da ognuno dei protagonisti scesi in campo, compreso LeBron, che nonostante i suoi 31 punti, 10 rimbalzi e 5 assist s'è dovuto arrendere alla squadra migliore, a coloro che hanno insindacabilmente espresso la migliore pallacanestro e la voglia di vendicare quanto accaduto non meno di dodici mesi fa.
Emozionante è stata la voce rotta di Tim Duncan, che al cospetto di Doris Burke non ha nascosto tutta la sua gioia. Quegli occhi bagnati hanno raccontato più di mille parole, quell'emozione ha probabilmente (ma non statene certi) decretato la fine di una carriera incredibile, giunta all'ultimo atto nel migliore dei modi. Se rivedremo Tim ad ottobre non è dato da sapere, se non lo rivedremo ce lo ricorderemo così: cinque volte campione con i San Antonio Spurs.
Nominare Duncan significa nominare Parker e Ginobili. Il primo, nonostante uno 0-10 iniziale, non s'è perso d'animo, non ha mai mollato un solo centimetro, ha sapientemente ascoltato le parole di Gregg che l'hanno spinto a chiudere i suoi 36' con 16 punti e un 7-18 dal campo. Emozionato, certo, il buon Tony, che al fischio della sirena s'è lasciato andare in un pianto liberatorio, abbracciando chiunque incontrasse.
Del ragazzo di Bahía Blanca ne avevo abbondantemente scritto al termine di gara-1, nominandolo Mvp di quella meravigliosa partita. E chi se non lui, al termine di gara-5, poteva riprendersi tale nomina (da dividere per una serie infinita di motivi con Patty Mills). L'inizio gara aveva visto un LeBron come poche volte c'era capitato di vedere e quel 17-4 di parziale avrebbe potuto condizionare, e cambiare, le sorti della partita, della serie. Il Time Out di Popovich portava in campo Manu, e da quel momento iniziava la grande rimonta Spurs fino al completamento di sorpasso divenuto con i minuti seguenti l'apoteosi di tutta San Antonio. I 19 punti messi a referto (3-6 dall'arco), i 4 assist, i 4 rimbalzi hanno confermato una volta di più la classe, il talento e la capacità di essere presente nei momenti che contano ad uno dei migliori giocatori di sempre dell'intera pallacanestro mondiale. Ma è stata quella schiacciata in faccia a tutta Miami che ha cambiato il corso della partita, della serie, della storia. Un gesto che ha esaltato oltremodo l'argentino, un gesto capace di trascinare tutta San Antonio al più meritato dei titoli.
Sul parquet del AT&T Center il gesto forse più bello dell'intera notte. Quell'abbraccio a Marianela che c'ha riportato indietro di vent'anni, quando nella Pampa argentina iniziò una delle storie d'amore più belle che il panorama sportivo ricordi, e che ancora oggi pulsa forte nelle vene.
Finiti i Big Three texani qualcuno potrebbe dire che basta così, che non servono ulteriori elogi alla vittoria di San Antonio, ma il bello comincia proprio adesso.

venerdì 13 giugno 2014

ONE MORE WIN

Alla Triple A di Miami è andato in scena il quarto episodio delle Finals Nba 2014, e i 19900 spettatori dell'Arena situata nello Stato federato meridionale degli Stati Uniti d'America caldi come non mai.
Per spingere LeBron e tutti gli Heat a pareggiare la serie, che vede San Antonio avanti 2-1.
Ma nella testa degli Spurs rimane avvitata quella data: 20 giugno 2013. E da li i ragazzi di Gregg sono ripartiti per trovarsi nuovamente a giocarsi il titolo, l'orgoglio, l'onore.
Coach Spoelstra conferma il quintetto visto in gara-3: Chalmers, Lewis, Wade, James e Bosh. Stessa linea per Gregg Popovich, che dopo l'inverosimile 111-92 di due giorni prima punta ancora una volta su Boris Diaw, affiancandolo a Parker, Leonard, Green e Duncan.
Un Boris Diaw che con il senno di poi risulterà la scelta più indovinata e decisiva degli ultimi trent'anni di finali Nba.
Pronti via e Miami pigia immediatamente sull'acceleratore, dando la sensazione che questa partita niente avrebbe avuto a che fare con la precedente.
Ma il fuoco di paglia si esaurisce presto, troppo presto. L'End-Off proposto da San Antonio mette Miami spalle al muro. Il Pick 'n Roll in movimento dei ragazzi di Popovich, con il lungo palla in mano, porta confusione sul secondo difendente, incapace di capire lo sviluppo dell'azione.
L'aggressività di Miami non porta alcun risultato, mentre la partenza decisamente più "morbida" degli Spurs garantisce quella lucidità in entrambe le fasi.
Le percentuali di gara-3 non vengono ripetute ma il giro-palla si, anzi. La fluidità d'azione è per molti versi migliore.
La sofferenza di Miami, man mano che passano i minuti, si fa sempre più evidente. Quel continuo ruotare sugli accoppiamenti, come successo in gara-3 ma con maggiore continuità, manda Miami ai matti.
Dopo appena 5' di gioco il risultato recita: San Antonio 13, Miami 4.
Dal Time-Out chiamato da Spoelstra, Miami esce forte. Bosh piazza un 3-3 che fa rientrare in partita gli Heat. La contromossa di Popovich è consequenziale: Time-Out Spurs.
Il rientro in campo è devastante. 
San Antonio alza i ritmi, il giro-palla assume le sfumature degli anni d'oro degli Harlem Globetrotters, e i tiri "facili" iniziano ad arrivare copiosi.
Ma era sempre la difesa a fare la differenza. Prima Bonner e poi Mills hanno l'ardire di prendere uno contro uno LeBron, con risultati eccellenti.
La politica di ruotare gli accoppiamenti porta dividendi importanti e a fine primo quarto il risultato vede San Antonio nettamente avanti: 26-17.
Al microfono di Doris Burke, Gregg Popovich conferma che l'ottima predisposizione difensiva sta facendo tutta la differenza di questo mondo. Più intensa, più solida rispetto a gara-3, con un numero decisamente maggiore di rotazioni e quel continuo pressing alto sul portatore di palla. L'inizio di secondo quarto è uno spettacolo per gli occhi. Signore e signori, questa è una pallacanestro di un altro pianeta.
La difesa forte permette un attacco di livello impari. Green piazza triple come se grandinasse, e quando il "flipper" Spurs si mette in moto l'attacco al ferro è inarrestabile.

giovedì 12 giugno 2014

SCELTE SQUALLIDE

Avevi tutto, ma proprio tutto.
Per diventare una Leggenda dell'Arsenal Football Club.
E magari avere un giorno, accanto a Tony, a Denis, a Titty, un posto nel cuore di ognuno di noi.
Poi hai deciso di tornare a casa, e noi ti abbiamo augurato il meglio.
Perché consapevoli che le scelte di vita vanno rispettate. Senza rimorsi, né rimpianti.
Dalla "tua" Barcelona, per anni, hai inviato parole di stima per il Club, per il tuo padre calcistico, per tutti noi.
Le abbiamo ricevute con orgoglio, sapendo che un giorno saresti tornato. Da Capitano, quale sei stato, da Campione, quale sei stato.
Hai più volte sostenuto che se mai la terra d'Albione ti avrebbe riabbracciato avresti aperto le braccia solo per noi.
Decantando che l'AFC è stato e per sempre sarà il tuo mondo.
Ora la "tua nuova" Barcelona si chiama Chelsea FC.
Augurarti qualcosa non ne vale nemmeno la pena.
E' bastata la scelta che hai fatto, per diventare, per distacco, il personaggio più squallido che l'AFC abbia mai avuto.

mercoledì 11 giugno 2014

ABBIAMO VISTO COSE DI UN ALTRO PIANETA

Abbiamo visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare. Abbiamo visto un ragazzo nativo di Riverside (California) e proveniente da San Diego State fare cose che voi umani non potete nemmeno immaginare. Era "semplicemente" gara-3 delle Finals Nba 2014, è diventata la gara-3 delle Finals Nba più incredibile e inverosimile di ogni epoca.
Pronti via e Popovich cambia le carte in tavola. Fuori dal quintetto base Spiltter, dentro Diaw, con Green, Parker, Duncan e Leonard. Risultato: Kawhi si ritrova più libero in entrambe le fasi, attacca il ferro che è un piacere e nei primi cinque di gioco mette a referto 10 punti. San Antonio sembra volare in ogni centimetro di campo, e i 12 punti in zona pitturata nei primi 6' di gioco la dicono lunga sull'intensità proposta dalla franchigia di Gregg Popovich. Il parziale di 12-2 fissato a metà primo quarto apre la forbice tra le due squadre, risultando determinate a fine match.
Miami tiene botta con il solo LeBron James, che dall'arco infila un 2-2 in appena quaranta secondi permettendo agli Heat di rimanere agganciati alla partita: -7.
Ma San Antonio è incontenibile. La vorticosità della fase offensiva permette un continuo attacco al ferro, un giro-palla che fa venire il mal di testa a tutta Miami. Risultato: 16-4 i punti arrivati dall'area, 41-25 la chiusura dei primi dodici minuti (si avete letto bene: 41-25 la chiusura di primo quarto) e 16 punti 16 da parte di Leonard, con un fantascientifico 5-5 dal campo e 3-3 dall'arco.
Ma gli Spurs non sono solo attacco. Quel quintetto base ha permesso ai ragazzi di Gregg di ruotare in continuazione sugli accoppiamenti, mandando in confusione qualunque attacco proposto da Miami.
Ad inizio secondo quarto ci si aspetta la reazione dei padroni di casa, ma la American Airlines Arena viene travolta dall'uragano Spurs. Attacco forte, difesa fortissima, con un posizionamento sopra la linea dei tre punti che permette una pressione costante sul portatore di palla. Per Miami calano le tenebre, ed inizia lo Show Time targato San Antonio.
La transizione e la velocità impressionante di conclusione porta gli Spurs ad un siderale +22 a 8 minuti dal termine del primo tempo: 50-28.
Questa la mappatura di quanto fatto dalla compagine texana nei primi 15 minuti di gioco: 50 punti, 17-19 dal campo, 5-5 dall'arco, 11-13 dalla lunetta, 10 assist, 24 punti in zona pitturata, 16 punti provenienti dalla panchina. Mi provo a chiedere se sia tutto vero, provo a darmi un pizzicotto per comprendere se sto sognando. E' la realtà. Il terrificante spettacolo offensivo e difensivo di San Antonio rapisce chiunque abbia deciso di passare in piedi la notte. Della serie: credevo di avere visto tutto, ma evidentemente mi mancava il primo tempo di gara-3 delle Finals Nba 2014.
Leonard continua imperterrito nella sua miglior serata di sempre: 18 punti, 6-6, 3-3, 2 rimbalzi. Trascinando la squadra ad un pazzesco 19-21 dal campo.
Miami prova a scuotersi con i tiri dall'arco. Rashad Lewis 3-3 e Ray Allen 1-1 (7-13 Heat) rimettono in corsa Miami: -15.
Ma San Antonio non molla un centimetro, continua ad aggredire il match, e con Parker prima e con Diaw dopo si riporta in meno di sessanta secondi a +21.
La sirena dice che può bastare così. Il primo tempo scrive a referto questo risultato: San Antonio 71 (settantuno punti), Miami 50.
I record di ogni epoca sono rasi al suolo. Gli Orlando Magic di Haward e Lewis avevano scritto per il solo primo tempo di una gara di finale Nba un 75% dal campo, cancellato dal 76% firmato San Antonio Spurs. Con i 21 punti di scarto si segna anche il più ampio vantaggio realizzato dalla squadra in trasferta nelle finali Nba. Record appartenuto fino a ieri dai Chicago Bulls, che nel 1996 avevano dato 19 punti ai Seattle SuperSonics.

lunedì 9 giugno 2014

EVERY GAME IS A GAME 7

Lo era stata gara-1, nonostante il tabellino finale scriveva a referto un +15 per San Antonio. Lo è stata gara-2. Per intensità, agonismo, voglia da parte di entrambe di non lasciare nulla al caso. Sarà così gara-3, e tutte quelle che serviranno per diventare campioni: ogni gioco sarà come una gara-7.
A spuntarla, stavolta, sono stati quelli di Miami. Non a caso. L'intensità proposta nei minuti iniziali e per tutto il primo tempo ha portato San Antonio a dover spendere un numero considerevole di falli, condizione che ha limitato e di molto quei minuti che in gara-1 avevano permesso a Ginobili e Leonard in particolare di creare quel gap risultato decisivo al fischio della sirena.
I 6 falli totali di Kawhi Leonard, i 3 della prima frazione di Ginobili, i 2 di Green nei primi due minuti di gioco hanno dettato i tempi di un match che è rimasto quasi sempre nelle mani di Miami, anche quando il parziale dava ragione agli Spurs.
Per carità. Una maggiore dose di fortuna avrebbe permesso a Popovich e compagni di portarsi sul 2-0, e nessuno avrebbe gridato allo scandalo. Gli errori di Ginobili e Duncan negli ultimi due di gioco hanno agevolato il compito di Miami. Ma c'è da dire che un 2-0 sarebbe stato oltremodo punitivo nei confronti di Miami, rimasta agganciata agli Spurs sia in gara-1 che in gara-2.
Diciamo che il risultato di 1-1, dopo aver visto entrambe le gare, è il risultato più giusto che il perimetro potesse decretare.
Questo per far comprendere che a Miami tutto sarà possibile, che gli Heat non partono vincitori, che gli Spurs hanno i mezzi per espugnare la American Airlines Arena.
Protagonisti della serata texana due uomini, che ancora una volta hanno regalato una pallacanestro celestiale.

venerdì 6 giugno 2014

"EL NARIGóN"

Il colonnello Ramón Estomba, agli ordini del governatore della provincia di Buenos Aires, Juan Manuel de Rosas, fondò, l'11 aprile del 1828, la "Fortaleza Protectora Argentina", un estuario dove sfocia il fiume Naposta. Con il tempo la località divenne un importante centro commerciale dopo che gli inglesi vi fecero arrivare nel 1885 una linea ferroviaria da Buenos Aires, facilitando il commercio del grano.
Il colore tipico del sale che ricopre i terreni lungo la costa diede i natali al nome della città che tutti noi oggi conosciamo come Bahía Blanca. La popolazione Bahiense è un esempio tipico della composizione demografica della Pampa argentina: luogo del periodo coloniale che nella seconda metà del XIX secolo sperimentò una crescita demografica massiva, dovuta allo stabilimento di immigranti europei dell'epoca. Per questa ragione attualmente la stragrande maggioranza della popolazione della città è composta di argentini discendenti da europei, tra i quali predominano gli italiani, seguiti da irlandesi, inglesi, spagnoli e tedeschi. In mezzo a questi una storia, partita dalle Marche. 
Jorge è sempre stato uomo appassionato di sport, e anche grazie alla cultura e alla tradizioni i figli Leandro e Sebastian ne seguiranno le orme. A Bahía Blanca però la passione e la popolarità non sposano il calcio, come nella stragrande maggioranza delle città argentine, ma la pallacanestro.
I Bahiensi vivono con il sogno di riuscire a sfondare e diventare grande cestisti. Grazie ad un numero considerevole di società, nell'ultimo mezzo secolo sono stati prodotti un'infinità di buoni giocatori a livello europeo. Jorge allenava il Club Bahiense del Notre, una delle tante squadre di Bahía Blanca, e Leandro e Sebastian ne erano tra i principali protagonisti. La famiglia di Jorge era composta, oltre che da Leandro e Sebastian, da un ragazzino tutto pelle e ossa. Alto il giusto, ma dalla corporatura fragile.
In lui crede Oscar Sanchez, il suo mentore e allenatore, che gli insegnerà a palleggiare ad occhi chiusi, ad usare il braccio opposto e a tirare dalla lunetta.
Quel ragazzino a quindici anni  prova a far parte della selezione locale, con esiti a dir poco catastrofici. Nessuno lo vuole, nessuno lo nota. 

LA NOTIZIA E' ARRIVATA IERI

La notizia è arrivata ieri (5 giugno 2014): 35 arresti e un centinaio di indagati nell’ambito dell’investigazione della procura di Venezia sulle presunte tangenti pagate per gli appalti del "Mose".
La notizia arrivata ieri (5 giugno 2014) racconta della conferenza stampa convocata ieri mattina dalla Procura in cui emerge «un Ufficio pubblico totalmente asservito agli interessi di un gruppo economico-criminale», il quale ha dato vita ad «un sistema molto più sofisticato» rispetto alla Tangentopoli di vent’anni fa.
La notizia arrivata ieri (5 giugno 2014) ha fatto prigionieri: Il sindaco di Venezia Giorgio Orsoni è agli arresti domiciliari. Richiesta d’arresto per l’euro-parlamentare uscente di Forza Italia Lia Sartori, e per il senatore, sempre di Forza Italia, Giancarlo Galan. Coinvolti inoltre il consigliere regionale del Pd Giampiero Marchese, l’assessore regionale alle Infrastrutture Chisso, gli imprenditori Franco Morbiolo e Roberto Meneguzzo, il generale in pensione della Guardia di Finanza Emilio Spaziante, il forzista Altero Matteoli, l’ex consigliere di Tremonti Marco Milanese, Federico Sutto e Stefano Tomarelli, l’ex Magistrato alle acque Maria Giovanna Piva.
La notizia di ieri (5 giugno 2014) snocciola anche i numeri, le cifre: I costi del Mose preventivati nel 2001, due anni prima dell’inizio dei lavori, erano pari a 3.441 milioni di euro. Si è arrivati oggi a 5.493 milioni, oltre ad un residuo di 226 milioni di euro per il completamento dell’opera entro il 2016. Il progetto è interamente finanziato con risorse pubbliche statali.

giovedì 5 giugno 2014

CHE LA PALLA A DUE VENGA LANCIATA IN ARIA

Ci siamo, le Finals 2014 stanno per avere inizio.
Abbiamo vissuto l'ennesima, emozionante stagione. E ora non attendiamo altro che la palla a due venga lanciata in aria.
Di fronte due storie. Incredibili e diverse, ma al tempo stesso uniche.
San Antonio per andare incontro alla consacrazione, Miami per riscrivere la storia.
Ci saranno coloro a cui batterà il cuore per l'organizzazione societaria e sportiva di Gregg Popovich, per il talento di Manu Ginobili, per la longevità cestistica di Tim Duncan.
Tutti uniti per prendersi la rivincita di dodici mesi orsono.
Dall'altra parte ci saranno coloro che vorranno vedere ancora una volta trionfare i Big Three, probabilmente, e questa volta per davvero, alla loro ultima apparizione con la stessa maglia.

LA QUESTIONE MORALE

Ilva, Unipol, Expo, Mose. La questione morale tiene sempre banco.
Nel '92 rubavano per se stessi e per il partito.
Stessa cosa di oggi.
È cambiata l'architettura.
Rubo per me > Mi finanzio come politico > Ne beneficia il mio partito.
Renzi ruba 6,6 miliardi di euro > Si finanzia come politico > Il PD prende 11 milioni di voti.
La più grossa tangente mai pagata (da noi, tasi e altro) per un partito.
Tutto alla luce del giorno.
Con tanto di applausi.
Ma mi raccomando.
Che nessuno affermi che i Partiti rubano, non sia mai che la gente cominci a dubitare.

mercoledì 4 giugno 2014

DAVID CAMERON E LA JOBS ACT

"Il Regno Unito lascerà l’Unione europea se non verranno accettate precise condizioni. La decisione verrà presa nel 2015, in un referendum ad hoc. La Ue, è vero, ha i suoi problemi strutturali ma questo deve essere uno stimolo per spingerla a fare le riforme, non un pretesto per andarsene danneggiando l’economia del Regno per inseguire ideologie astratte"
(David Cameron)