..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

domenica 31 agosto 2008

GRAN PREMIO DI MISANO - ROSSI COME AGOSTINI

Terzo successo consecutivo per Valentino Rossi oggi a Misano Adriatico che porta così a quota 75 i punti di vantaggio che lo separano dal campione del mondo in carica Casey Stoner.Il pilota australiano, dopo avere letteralmente dominato l'intero fine settimana di prove libere e di qualificazione, è infatti finito nuovamente a terra a 20 giri dal termine, molto probabilmente a causa di qualche fitta allo scafoide, nuovamente fratturato a causa delle numerose sollecitazioni a cui è stato sottoposto nel corso di questi ultimi Gran Premi. Un altro bottino magro, quindi, per Stoner che al momento del ritiro si ritrovava in testa alla corsa con qualche secondo di vantaggio su Rossi, rimasto impelagato nei primi giri alle spalle della Honda di Dani Pedrosa, poi lasciatosi sfilare anche dal connazionale Jorge Lorenzo. Per Rossi, che già si presentava qui a Misano con un buon margine di vantaggio sui diretti inseguitori, si è trattato solo di cogliere la palla al banzo, sfruttando come meglio poteva questa grande opportunità di vederlo ancora una volta sul gradino più alto del podio.La festa ai box del Fiat Yamaha Team è stata doppia anche grazie alla doppietta portata a termine dal rinato Lorenzo, finalmente di nuovo nelle posizioni che contano dopo le brutte cadute di metà stagione. Chi invece ha cominciato a prendere gusto nel salire sul podio è l'ottimo Toni Elias, terzo sul traguardo con la Ducati del team Alice.Alle sue spalle, quarto, il pilota della Repsol Honda, Dani Pedrosa. Il suo compagno di squadra Nicky Hayden è rimasto invece ai box in veste di spettatore, preferendo saltare la gara per non prendere inutili rischi in vista del secondo Gran Premio di casa in programma sul nuovo tracciato di Indianapolis. Quinto posto per la Suzuki di Chris Vermeulen, seguito da Toseland e Capirossi, protagonisti di un ultimo giro di fuoco che li ha visti in grande bagarre per la sesta posizione. Top 10 anche per gli altri due italiani Andrea Dovizioso (ottavo) e Marco Melandri (nono), con il texano Colin Edwards a chiudere l'elenco dei primi 10. Da segnalare, oltre alla caduta di Stoner, anche i ritiri di De Puniet e De Angelis, finiti a terra dopo pochi minuti.
http://www.racingworld.it/moto/notizia.php?idtitolo=6018&url=motogp-misano-gara-rossi-cala-il-tris-grazie-al-ritiro-di-stoner
Il Gp di San Marino quindi è stata la corsa del doppio record per Valentino Rossi che, azzeccando la vittoria, ha raggiunto Giacomo Agostini con 68 allori in vetta alla classifica dei plurivincitori della classe regina (la 500 cc per il grande e indimenticato Ago, 500 + MotoGp per Vale). «Nei giorni scorsi avevo visto che Agostini era un pò più dispiaciuto, oggi invece l'ho visto sorridente, è venuto a salutarmi, mi ha dato il suo appoggio e io ho vinto». Così, a caldo, Valentino Rossi ha commentato ai microfoni di Italia 1 la sua vittoria numero 68 in un Gran premio della classe regina del Motomondiale. «Sono partito bene, ma Pedrosa mi ha superato e ho perso un sacco di tempo - ha concluso il leader del Mondiale - Stoney volava, poi ho ripreso il mio passo, l'ho visto scivolare e allora è andata bene». A Loris Capirossi, invece, è bastato prendere il via per toccare quota 277 Gp ai quali ha preso parte, superando il brasiliano Alex Barros.
http://www.corriere.it/Sport/2008/motomondiale/index_712f181a-75d3-11dd-b314-00144f02aabc.shtml








venerdì 29 agosto 2008

GRAN PREMIO DI MISANO


Misano, è subito Stoner
MISANO ADRIATICO (Rimini), 29 agosto 2008 - Casey Stoner è stato il più veloce nelle prime libere del gp di San Marino, nella classe Motogp. L'australiano campione del mondo della Ducati ha fermato il cronometro a 1'35''422 precedendo la Yamaha di Colin Edwards (1'35''424) e la Honda del padrone di casa Alex de Angelis (1'36''145). Il leader del mondiale Valentino Rossi è quinto (1'36''464) alle spalle del suo compagno di squadra Jorge Lorenzo (1'36''375). Settimo Andrea Dovizioso (Honda), tredicesimo Loris Capirossi (Suzuki).

giovedì 28 agosto 2008

SORTEGGI CHAMPIONS LEAGUE


Sono stati sorteggiati al Grimaldi Forum di Montecarlo i gironi della prossima Champions League. La Juve trova il Real Madrid, lo Zenit San Pietroburgo ed il Bate Borisov. La Roma nel gruppo A con i Blues, Bordeaux e Cluj. L'Inter nel gruppo B con Werder, Panathinaikos e Anorthosis. La Fiorentina sfiderà il Bayern nel gruppo F con Lione e Steaua.

GIRONE A - Chelsea, Roma, Bordeaux, Cluji;
GIRONE B - Inter, Werder Brema, Panathinaikos, Anorthosis;
GIRONE C - Barcellona, Sporting L., Basilea, Shakhtar;
GIRONE D - Liverpool, Psv Eindhoven, O. Marsiglia, Atletico Madrid;
GIRONE E - Manchester Utd, Villarreal, Celtic, Aalborg;
GIRONE F - Lione, Bayern Monaco, Steaua B., Fiorentina;
GIRONE G - Arsenal, Porto, Fenerbahçe, Dinamo Kiev;
GIRONE H - Real Madrid, Juventus, Zenit S.P., Bate Borisov.


LE ITALIANE
Per le italiane tutto sommato non è andata nemmeno troppo male.
Unica eccezione la si può fare per la Fiorentina, che si ritroverà sulla strada l'ex Toni e il Bayern Monaco, al quale è approdato nelle ultime ore un altro campione del mondo come Massimo Oddo, oltre ai campioni di Francia del Lione.
Insomma per la banda Prandelli si prospetta un girone difficile da superare, considerando che si potranno qualificare agli ottavi di finale solamente due delle quattro squadre partecipanti al girone.
Saranno determinanti le partite interne, dove i viola dovranno costruire la propria qualificazione.
Per la Roma tutto sommato il girone si presenta abbastanza agevole, e con gli inglesi vicecampioni d'Europa del Chelsea, dovrebbero superare questo turno senza grossi patemi.
Stesso discorso per l'Inter, che oltremodo dovrebbe addirittura vincerlo il proprio girone, considerando che gli avversari sono tecnicamente di gran lunga inferiori.
LA JUVENTUS
Per la Juventus il girone si presenta invece con qualche incognita.
Real Madrid a parte, la mina vagante sarà sicuramente lo Zenit.
Attualmente è sesto nel proprio campionato (28 punti, dietro a CSKA Moscow 29, Spartak Moscow 30, Amkar 32, Dinamo Moscow 35 e Rubin Kazan 39), è stata la grande rivelazione dello scorso torneo di coppa U.E.F.A, raggiungendo la vittoria finale (2-0 ai Rangers di Glasgow) dopo aver schiantato (4-0 nella gara di casa) il Bayern Monaco di Tony.
Al recente Europeo, nella nazionale russa, si sono messi in mostra alcuni elementi facenti parte della squadra di San Pietroburgo, come il talentuosissimo Andrey Arshavin, stella della squadra e uomo mercato per tutta l'estate del calcio europeo.
Venerdì 29 agosto potremmo testare la condizione della squadra di Dirk Advocaat e Nikolay Vorobiev impegnata nella finale di Supercoppa Europea contro i campioni d'Europa del Manchester United.
Storicamente, nel periodo che va da settembre a novembre, le squadre dell'est Europa (Russia in particolare), visto il loro giocare il proprio campionato nei mesi che vanno dai primi di marzo alla fine di novembre per ragioni climatiche, presentano una forma a dir poco ottimale e spesso e volentieri si sono qualificate agli ottavi di finali.
Quindi sarà, per la Juventus, un girone da prendere con le molle giocandosi al meglio le proprie chance nelle gare interne.
Naturalmente anche le "merengues" dovranno tener d'occhio il "nuovo calcio" Russo, senza prendere sottogamba Arshavin e compagni.
GLI ALTRI GIRONI
Nel girone C, il Barcellona non dovrebbe avere troppe difficoltà nell'aggiudicarsi il passaggio del turno come prima classificata, cosi come per il Liverpool nel girone D.
I campioni d'Europa dello United, nel girone E, faranno poco più che una passeggiata, mentre il girone G è quello che presenta più incognite.
Arsenal, Porto, Fenerbahce e Dinamo Kiev è indubbiamente il girone più equilibrato, con chance evidenti per tutti, senza una netta pretendente al turno successivo.
Gli incontri prenderanno il via il 16/17 settembre 2008, per concludersi nella due giorni del 9/10 dicembre 2008 dove si accederà agli ottavi di finale che riprenderanno il 10/11 marzo del 2009.
Una lunga strada che porterà alla finale del 27 maggio all'Olimpico di Roma.
IL CALENDARIO.
Questo il calendario delle squadre italiane della prima fase di Champions:
JUVENTUS (girone H)
17 settembre: Juventus-Zenit
30 settembre: Bate B.-Juventus
21 ottobre: Juventus-Real Madrid
5 novembre: Real Madrid-Juventus
25 novembre: Zenit-Juventus
10 dicembre: Juventus-Bate B.
INTER (girone B)
16 novembre: Panathinaikos-Inter
1 ottobre: Inter-Werder Brema
22 ottobre: Inter-Anorthosis
4 novembre: Anorthosis-Inter
26 novembre: Inter-Panathinaikos
9 dicembre: Werder Brema-Inter
ROMA (girone A)
16 settembre: Roma-Cluji
1 ottobre: Bordeaux-Roma
22 ottobre: Chelsea-Roma
4 novembre: Roma-Chelsea
26 novembre: Cluji-Roma
9 dicembre: Roma-Bordeaux
FIORENTINA (girone F)
17 settembre: Lione-Fiorentina
30 settembre: Fiorentina-Steaua
21 ottobre: Bayern M-Fiorentina
5 novembre: Fiorentina-Bayern M.
25 novembre: Fiorentina-Lione
10 dicembre: Steaua-Fiorentina

CASTELLI DI SABBIA

La dietrologia è un affare italiano
E’ proprio vero che non c’è nulla di meglio di una lunga, sana e disintossicante vacanza.
Lontano dai problemi di tutti i giorni e, soprattutto, lontano da un certo tipo di informazione, piaga ormai insinuatasi pesantemente nelle carni dello Stivale. Giungono solo deboli echi, a chi si impone di guardare poca tv e non comprare giornali, se non si ha disposizione un computer. In quel caso, il rischio di procurarsi anche in vacanza il solito attacco d’ulcera quotidiana è altissimo. Bellissimo essere all’estero, specialmente in Paesi che per cultura sono tradizionalmente inclini ad agire e ragionare su fatti concreti, piuttosto che a riempirsi la bocca con fregnacce gratuite e celebrazioni ipocrite e servili. Ma purtroppo le ferie finiscono e si torna alla realtà. Con il rientro si riprendono le buone ma anche le cattive abitudini.
E si scoprono articoli come quello di affaritaliani.it di giovedì scorso, che fa il paio con quello di alcuni giorni prima, a firma Angelo Maria Perrino, dove il presidentissimo Moratti veniva descritto come un personaggio stile libro “Cuore”, per un toccante documentario curato dall’amico e tifoso Gabriele Salvatores (aspettiamo di vedere una sua opera decente dai tempi di “Mediterraneo”) sulla meravigliosa iniziativa “Intercampus”, vicenda già precedentemente dibattuta da queste parti, in un articolo di Trillo.
Basterebbe questo per capire di quale livello di autorevolezza stiamo parlando: l’impressione è che si tratti di una testata sostanzialmente poco specializzata o informata in fatto di calcio e di tutto ciò che gira attorno al mondo del pallone e, quindi, che segua l’onda del ben noto “sentimento popolare”.
Non vogliamo fare dietrologia. Per quella ci atteniamo ad un altro esempio, sempre fornito dallo stesso, illustre portale nell’articolo risalente a giovedì scorso.
L'articolo, dal titolo "Lippi chiama Legrottaglie e... la Gea fa festa", trattava della “sospetta” convocazione di Legrottaglie al posto dell’infortunato Chiellini, da parte del c.t. Lippi, per l’amichevole che la Nazionale aveva appena disputato a Nizza contro l’Austria.
L'articolo non è firmato e pensiamo sia semplicemente una svista; nemmeno qui vogliamo pensar male. Il contenuto è grottesco, pieno di luoghi comuni che non stanno in piedi nemmeno con le stampelle (in questo caso, non quelle che venivano richieste a tal Domenico Brescia): frasi sibilline di chi è rimasto fermo all’umorismo alla Bertolino (che non fa ridere per nulla) e presunte verità espresse con supponenza in puro stile Bonolis.
“Fuori Chiellini e dentro Legrottaglie: non è un cambio nella Juve, ma in Nazionale”. Questo l’incipit del pezzo. E qui direte, che c’è di strano? Infortunati Gamberini e Chiellini, infortunati Cannavaro e Materazzi, infortunato e non più eleggibile Nesta, infortunata mezza serie A, chi doveva essere convocato?
Tolto il Bonera (titolare l’altra sera) panchinaro nel Milan e che mai ha convinto completamente, chi c’è? Facciamo un po’ di conti.
Oltre all’impresentabile Barzagli (che c’era pure lui, e l’abbiamo notato) non ci pare che la scelta fosse così ampia. Ma per l'autorevole portale doveva essere un uomo ex-Gea a sostituire un ex-Gea infortunato, per mantenere la "quota", visto che i "figli di", membri della defunta società di procuratori affiliata alla "Cupola", non solo hanno mantenuto un parco giocatori, ma stanno pure aumentando il numero degli assisititi, secondo la denuncia del dottor Pasqualin, uno che sta in televisione spesso e volentieri più per parlare degli argomenti più disparati che del proprio lavoro e dei propri assisititi; quindi, non si può certamente considerare un "ghettizzato".
Tornando al tema principale, ovvero la convocazione di Legrottaglie, rileviamo quanto la rosa di centrali difensivi italiani attualmente disponibili sia risicata, soprattutto se consideriamo quanto Nicola Legrottaglie (definito dall’autore “atleta di Cristo” senza virgolette, forse ignorando quanto invece siano necessarie, essendo un movimento religioso di sportivi professionisti della quale fa parte anche Kakà, e non una cosa della quale farsi beffe) si sia meritato la convocazione, dopo una stagione in cui la sua squadra ha chiuso con la seconda miglior difesa della serie A, dietro a quella di una squadra che di italiano non ha neppure più l’allenatore.
La successiva precisazione sulla frequenza nelle attività sessuali di Legrottaglie se la poteva anche risparmiare, dato che la frase risale a otto mesi fa, e nessuno può permettersi di usare ironia su scelte del tutto private, soprattutto se la stessa testata, qualche giorno prima, censurava il comportamento dei “calciatori puttanieri”. Perché, altrimenti, ce ne sarebbero di cose da discutere...
In realtà più che un attacco a Legrottaglie sembra l’ennesimo sfogo frustrato dei severi censori di Marcello Lippi, coloro i quali rimasero con l’amaro in bocca o, addirittura, sprofondarono nella disperazione più repressa nell’estate del 2006, quando a dispetto loro, Lippi tornò dalla Germania con la Coppa e mandò tutti a quel paese. Il Lippi per il quale ora stanno tornando ad addensarsi nubi, con personaggi più o meno qualificati che sproloquiano ignorando come stia andando il processo Gea, dove tutte le tesi dell’accusa stanno sgretolandosi rivelando il Nulla; un processo che in un Paese civile avrebbe già visto tutti a casa.
Di questo non ci si scandalizza, però, e si continua con i luoghi comuni sullo spauracchio di Moggi (assieme al C.T. nella foto di presentazione dell’articolo, scelta significativa…) e il conflitto d’interessi di Lippi, chiamato a sostituire Donadoni che, sempre secondo l’illustre articolista, sarebbe stato “cacciato forse un po’ troppo frettolosamente”, nonostante scelte e risultati siano sotto gli occhi di tutti; l'articolista aggiunge un "ma questa è un'altra storia", evitando di approfondire il discorso.
Lippi fa paura proprio perché espressione dell’unica Nazionale vincente degli ultimi 26 anni e figlia di un calcio che esprimeva valori tecnici chiari e inoppugnabili, come si evince dalla lettura delle formazioni finaliste di quel Mondiale, cosa risaputa e persino monotona da ricordare. Ma per questi guardiani del Nuovo Calcio Pulito, intenti ad incensare continuamente i Veri Onesti (qui sì, sfondando il muro della retorica più surreale), è probabilmente importante vigilare e ribadire.
Nell’eventualità remota, ma evidentemente temuta, che la macchina messa in moto due anni addietro, possa incepparsi.
D’altronde è estate, stagione di spiaggia e mare, stagione di sabbia. Che se trasportata in grande quantità può servire per coprire certe vergogne, ma che può anche incrinare qualche ingranaggio della famosa “macchina spropositata”.
http://www.ju29ro.com/contro-informazione/35-contro-informazione/584-la-dietrologia-e-un-affare-italiano.html

mercoledì 27 agosto 2008

DI NUOVO TRA LE GRANDI

Calcio: Champions, Artmedia-Juventus 1-1
BRATISLAVA - La Juventus si e' qualificata per la fase a gironi della Champions League. Nel ritorno del terzo turno dei preliminari, i bianconeri hanno pareggiato per 1-1 sul campo dell'Artmedia Bratislava (all'andata era finita 4-0 per i ragazzi di Ranieri). Slovacchi in vantaggio al 13' del primo tempo con Fodrek. Pareggio della Juve al 25', sempre della prima frazione, con Amauri. (Agr)

domenica 24 agosto 2008

CERIMONIA DI CHIUSURA







Olimpiadi di Pechino: la cerimonia di chiusura e l'autodafé cinese.
Non poteva essere altrimenti. Numeri impressionanti anche per la cerimonia di chiusura di queste Olimpiadi. Con l'otto benaugurante della numerologia cinese a far da re in molte delle coreografie. Poi l'oro delle medaglie e il rosso del nastro declinati al centro dello stadio. Geometrie ossessive, con gli atleti intrappolati in una struttura che nonostante l'ampiezza si fa asfittica. Settemila i figuranti. L'ordine perfetto nella massa. E i microcosmi delle nazioni rappresentate che si compongono in una festa, dove anche i baci e la gioia inevitabilmente si esibiscono a favor di telecamera. Sarà perché la ferita del Tibet brucia irrimediabilmente, o forse perché questa Cina che si autocelebra in maniera sfacciata non convince, ma in questo bellissimo Nido d'uccello la sensazione è di "claustrofilia". A vedere questa manifestazione, e pensando a quella mastodontica dell'apertura, torna insomma inevitabilmente alla memoria Elias Canetti e il suo Autodafé. Luoghi geometrici ripetuti ossessivamente che sconfinano nel grottesco dei bimbi alla batteria, un senso di frammentazione che nessun ordine imposto riesce a contenere. Finalmente l'assurda favola cinese è finita. E la melassa olimpica con lei. L'ideale "società armoniosa" e la "convivenza ordinata" che la Cina pretende di rappresentare e che ha nel regista Zhang Yimou l'alfiere, regge alfine solo alla prova televisiva.
Per il cineasta di Lanterne Rosse, «l'uniformità produce bellezza». Ed è questa perfezione estetica prerogativa della Pechino dove «il senso dell'ordine, l'ubbidienza, la bellezza delle masse ed il loro movimento armonico rendono realizzabili elevate prestazioni artistiche». Sarà. Leni Riefenstahl, la fotografa che celebrò i Giochi di Hitler a Berlino, non fu meno armoniosa. Siamo certi che a Londra - dove agli organizzatori per il confronto tremano già le vene ai polsi - non si realizzeranno simili armonie: d'apertura e chiusura. Nonostante la prova ben augurante di Jimmy Page. E' che nella capitale inglese i diritti umani e sindacali hanno ancora un certo peso: per il "disdoro di scenografi, architetti e cineasti". La Pechino regina del mascheramento ha esibito tutta la sua forza di superpotenza economica, sportiva e organizzativa, occultando alle telecamere nell'ordine: la protesta, il ricordo di Tienanmen, la tragedia tibetana, lo smog, il mancato rispetto dei diritti umani e dei lavoratori. Tutti problemi con cui la Cina da domani dovrà inevitabilmente fare i conti. Abbiamo avuto in compenso molti bambini gioiosi, ai tamburi come alla batteria. Una parentesi festosa, giusto il tempo per allontanare l'ombra delle tante bambine che ancora in Cina vengono soppresse alla nascita. Tra i fuochi d'artificio il testimone passa a Londra. Che Dio salvi la regina. E anche lo spirito olimpico.
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Tempo%20libero%20e%20Cultura/2008/08/chiusura%20olimpiadi.shtml?uuid=554ddf4e-71de-11dd-9d48-e33a40aa7ba1&DocRulesView=Libero


CAMMARELLE E' L'ULTIMO ORO

Robetro Cammarelle regala all'Italia l'ultima medaglia di queste Olimpiadi di Pechino, ed è una medaglia pesante: è d'oro. L'ottavo oro dei Giochi per l'Italia, la 28ma medaglia azzurra di Pechino2008. L'italiano ha vinto la finale dei pesi super massimi contro il cinese Zhang Zhilei. Un colpo ben preciso in avvio del quarto round ha posto fine all'incontro, confermando un ampio pronostico che dava vincente Cammarelle, campione mondiale della categoria lo scorso anno a Chicago. La prima ripresa si era chiusa già con un ampio vantaggio per l'italiano: 6 a 1; nella seconda 5 a 2 per l'azzurro, mentre la terza era risultata più equilibrata, 2 a 1 per Cammarelle. Infine il colpo del ko che ha spinto l'arbitro a dichiarare concluso l'incontro e a decretare la vittoria di Cammarelle. Era dallle Olimpiadi di Seoul, nel 1988, che l'Italia non vinceva un oro nella boxe. Al termine dell'incontro, Cammarelle è stato letteralmente sommerso dall'abbraccio del team azzurro ed anche dai dirigenti del Coni, in testa il presidente Gianni Petrucci, che gli è quasi saltato addosso per l'entusiasmo, e il segretario generale e capo delegazione italiano a Pechino, Raffaele Pagnozzi.
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Sport/sport-cammarelle.shtml?uuid=e13c0854-71b7-11dd-9d48-e33a40aa7ba1&DocRulesView=Libero



sabato 23 agosto 2008

CHI ENTRA, CHI ESCE

In Francia si sono indignati, hanno protestato, Verdi e Lega per i diritti umani hanno lanciato una campagna per la liberazione.
Il giorno 17 luglio una ventina circa di membri del collettivo di sostegno a Marina Petrella, vestiti di bianco e con il volto coperto da una fotografia dell’ex brigatista, hanno cercato di incatenarsi alle inferriate del Consiglio di Stato ma sono stati fermati dalle forze dell’ordine. I sostenitori di questa campagna chiedono che la detenuta venga rilasciata per "ragioni umanitarie" e che venga negata l’estradizione verso l’Italia. È stato inoltre chiesto il sostegno verso questa iniziativa al sindaco di Parigi e candidato alla guida del Partito socialista, Bertrand Delanoe.
Abbiamo già citato questo caso come "tragicomico" (da un articolo di Davide Giacalone), perchè in Francia si indignano per la pretesa punitiva di noi italiani.
Tragicomico perchè questo caso ha nelle sue fondamenta l'assasinio di un commissario e altri reati, per i quali, il presidente francese Sarkozy ha dichiarato nel luglio 2008 di essere disposto a concedere l'estradizione della Petrella a patto che il Governo italiano le conceda la grazia per motivi di salute, e sembra che Carla Bruni si sia associata alla richiesta.
La sua liberazione è stata chiesta da alcuni intellettuali parigini, tradizionalmente schierati a favore degli ex terroristi italiani che tra pregiudizi ideologici, interviste da umorismo demenziale della Ardant (Il 23 agosto 2007 il TG2 riporta degli spezzoni di una sua intervista dove l'attrice dichiara la sua simpatia per Renato Curcio e per le Brigate Rosse), hanno quasi il sapore del rispetto, nell'ammirazione di chi ha contribuito a rendere vedove e orfani i famigliari di chi è stato assasinato.
Mentre è notizia di questa giorni che Luca Zanotti, universitario di 24 anni che vive a Santarcangelo di Romagna, sarà prelevato in casa sua per essere estradato in Grecia, dove andrà in galera prima ancora di essere processato per possesso di stupefacenti.
La storia ebbe inizio tre anni fa, fu preso dalla polizia greca insieme a un amico, Davide D’Orsi 29 anni, con 21 grammi di hashish, mentre era in vacanza a Kalamata.
Il legale dello studente, Carlo Alberto Zaina, racconta: «A settembre del 2005 sono stati fermati dalla polizia stradale, che ha trovato sull’auto 21 grammi di hashish, ciò che restava dei 30 che si erano portati dall’Italia. Sono stati arrestati per importazione, detenzione, trasporto e consumo di stupefacenti. Hanno passato quattro giorni in carcere e sono usciti dopo aver pagato 2.500 euro di cauzione».
I ragazzi tornano in Italia, ma nel gennaio del 2007 ricevono la notifica della fissazione della prima udienza. I due non ci vanno: «L’avvocato greco non li ha avvertiti dell’obbligo di presentarsi – aggiunge il legale –, così l’udienza è stata rinviata a novembre 2007, e anche stavolta non si sono presentati, credendo che l’avvocato potesse rappresentarli in contumacia. A quel punto la procura ha chiesto il mandato di cattura internazionale e il tribunale lo ha accordato».
La situazione precipita: lo scorso maggio, in esecuzione del provvedimento dell’autorità greca, Luca Zanotti e Davide D’Orsi vengono arrestati, sono sentiti dalla Corte d’appello di Bologna e negano il consenso all’estradizione, tornando in libertà. «Per Zanotti la terza sezione d’appello ha deciso di dar corso all’estradizione – spiega l’avvocato Zaina – per D’Orsi la prima sezione ha negato per motivi insufficienti... Abbiamo fatto ricorso in Cassazione e ci è andata male. La procura a sua volta ha fatto ricorso; il 28 agosto deciderà la Cassazione».
Al termine di questo iter contorto c’è la prospettiva sicura di una cella a Kalamata: «In Grecia non c’è distinzione fra spaccio e uso personale, e il consumo è un altro reato di cui dovranno rispondere davanti a un altro giudice, oltre a quelli di importazione, detenzione e trasporto di droga».
Ora non vogliamo indurre l'uso di qualunque tipo di droga o proteggere a spada tratta chi viene colto infraganza di reato, le cronache di queste ore raccontano la tragica fine di Nelly Gerardi, ma vorremmo tanto sapere quanto baccano saranno disposti a fare i nostri intellettuali, i nostri politici che, all'unanimità hanno approvato il nuovo trattato europeo.
Se c'è chi ha fatto campagne, ha alzato proteste cercando anche di incatenarsi alle inferiate del Consiglio di Stato, si è pure indignato perchè ha definito come combattenti idealisti coloro che si dividevano in coglioni allo stato puro, pedine nelle mani di servizi dell’est e violenti profittatori, vorremmo quanto meno che dalle nostre parti qualcuno alzasse una mano, non tanto per difendere, secondo le leggi che sono in vigore in Grecia, qualcosa di eventualmente indifendibile, ma per differenziare uno spinello da un omicidio di un agente di polizia, da un tentato sequestro e tentato omicidio, da un sequestro di un magistrato, da una rapina a mano armata e vari attentati.
di Cirdan

venerdì 22 agosto 2008

ALEX SCHWAZER

Olimpiadi, la marcia azzurra è d'oro con Alex Schwazer
Aveva fatto capire, la vigilia, che ci avrebbe provato e che si sentiva in forma: ora il trionfo può dirsi completo e la consacrazione definitiva. La marcia azzurra è sul gradino più alto del podio olimpico grazie ad Alex Schwazer. È il terzo oro olimpico dell'Italia su questa distanza, l'ottavo nella marcia in assoluto, il 19mo per l'atletica azzurra alle Olimpiadi di tutti i tempi. L'ultimo successo italiano nella 50 km ai Giochi olimpici era stato quello di Abdon Pamich, 44 anni fa.
È stato un trionfo assoluto quello di Schwazer. L'altoatesino è arrivato da solo al traguardo, in 3 ore 37'09", lasciandosi dietro gli avversari e chiudendo con un vantaggio di oltre due minuti sul secondo classificato, l'australiano Jared Tallent e tre minuti sul russo Denis Nizhegorodov, bronzo. Voleva rifarsi, Alex Schwazer, dopo il terzo posto ai Mondiali di Osaka dello scorso anno. E l'altoatesino è stato capace di un trionfo senza pari, capace di trasmettere a tutto il pubblico del National Stadium la sua emozione, quell'ultimo giro del percorso fatto in lacrime. Prima del traguardo, ecco - con il dito levato al cielo - la dedica al nonno scomparso a luglio, figura a cui l'azzurro era molto legato. Appena superato il traguardo, Alex si è piegato per terra, non per stanchezza ma per tenere per sè ancora per qualche secondo quelle lacrime e quell'emozione. Poi il trionfo, l'abbraccio con il suo allenatore, Sandro Damilano. L'applauso della folla, il tricolore che gli avvolge le spalle, l'abbraccio con il secondo classificato, la stretta di mano con il terzo. «Sono molto contento, in queste condizioni non mi batte nemmeno Superman», sono state le prime parole del marciatore azzurro. «Questo è un oro che pesa davvero», commenta il presidente del Coni Gianni Petrucci. «Schwazer è un grande campione - aggiunge - e promette di durare a lungo. Devo dare atto a Sandro Damilano che ieri aveva detto che Alex avrebbe vinto». E proprio l'allenatore della marcia azzurra si è lasciato andare ad una previsione, dopo aver dichiarato la propria emozione: «Come tutti, sono rimasto impressionato dal modo in cui ha vinto. Organicamente come Schwazer non c'è nessuno, ed ha anche una grande capacità di gestire le forze: per me adesso ha la possibilità di vincere in tre Olimpiadi di seguito, come Korzeniowski».E proprio il grandissimo campione polacco, oro ad Atlanta, Sydney ed Atene, ha reso omaggio al suo successore durante la conferenza stampa del dopo-gara, a cui era presente in veste di commentatore televisivo. Quando l'azzurro ha finito di parlare, gli si è avvicinato con la macchina fotografica in mano, e gli ha chiesto di fare una foto assieme, «perchè sono il suo predecessore, e lui è un vero fuoriclasse».Schwazer ha festeggiato l'oro, dopo aver tagliato il traguardo, andando a gettarsi perfino sui materassi del salto con l'asta, dove ha fatto una capriola. Ripresosi dall'emozione e dalla fatica, ha spiegato che «mi ero allenato bene per tutto l'anno, senza mai problemi, e quando sono arrivato qui a Pechino sapevo di essere in buone condizioni. Sono andato in gara per vincere, il resto non m'interessava, e devo dire che è stato abbastanza facile: dovevo solo cercare di rimanere tranquillo e attendere il finale, fase della prova in cui di solito vado forte». I suoi gesti d'esultanza, anche durante l'ultimo chilometro, hanno colpito tutti. «Quando un atleta prepara una gara per tutto l'anno - ha detto Schwazer - e si allena ogni giorno facendo così tanta fatica, poi quando in competizione gli riesce di fare ciò che aveva in mente prima di partire non può che esprimere la propria gioia. È difficile descrivere ciò che ho provato, certe emozioni bisogna viverle. Avrò fatto ridere tutta l'Italia mostrando un bicipite come il mio, ma quando uno è così felice ha anche voglia di scherzare e fare delle stupidaggini. Bolt fa dieci volte meno fatica di me, ma guadagna dieci volte tanto, ma oggi io sono più felice di lui».

giovedì 21 agosto 2008

19''30 ALTRO RECORD

PECHINO - Più che una finale olimpica, una corsa nella storia delle imprese umane. Anzi forse qualcosa persino al di fuori dell'umano. Impossibile per il mondo, ma non per lui, Usain Bolt, il ragazzo giamaicano di Trelawny che domani compierà 22 anni: già campione olimpico dei 100, già recordman mondiale con 9''69 (stabilito nella finale del 16), quattro giorni dopo si è preso anche l'oro dei 200 e soprattutto ha abbassato anche il primato dei 200 di Michael Jonhson che resisteva dalle Olimpiadi di Atlanta. Un'impresa senza precedenti. Prima di lui, l'unico a detenere il record del mondo dei 100 e dei 200 era stato proprio il giamaicano Don Quarrie, peraltro in questi giorni a Pechino, emozionatissimo per le imprese di Bolt. Corse i 200 in 19"8 e i 100 in 9"9 (tempi manuali) nel 1975. Bolt ha tagliato il traguardo in 19''31 poi corretto in 19''30: due centesimi meno dell'americano. Doppio oro nella velocità come Carl Lewis a Los Angeles '84. Nessuno al mondo e nella storia è veloce come Usain. Olimpiadi di Pechino, ore 22,20, National Stadium. Stavolta Usain ha corso diversamente dagli spettacolari 100 di qualche giorno fa. Nessuno show in pista, ha tirato fino al traguardo senza esultare. Non voleva solo l'oro, voleva il record del mondo. E ci è riuscito. Niente braccia allargate sul finale, niente sorrisi, la smorfia in faccia, i denti che si stringono, le braccia e le gambe che spingono a tutta, il cuore che pompa sangue a fiotti. Gli altri gli sono rimasti annichiliti, metri e metri dietro: argento all'antillano Martina (19''82), e poi lo statunitense Spearmon, che essendo stato squalificato ha lasciato il bronzo all'altro statunitense Crawford. A loro volta, gli Usa hanno fatto ricorso contro Martina, sempre per invasione di corsia. La giuria ha accolto il reclamo, perf cui l'ordine d'arrivo dopo Bolt cambia così; secondo Crawford e terzo Dix, tutti e due americani. Chissà se Bolt avrà mangiato ancora pollo fritto prima di partire. Dopo dirà: "Stavolta ho mangiato noccioline". Stavolta Usain lo spettacolo lo ha fatto qualche secondo prima dello start. In corsia 5, appena lo speaker ha chiamato il suo nome ha cominciato a gigioneggiare: si passava le mani sulla testa, faceva finta di avere un fucile o un arco in mano, muoveva buffamente le spalle. Allo sparo solo un leggerissimo tremore, e appena finita la curva era già abbandantemente primo. Più che una corsa è stata una fuga solitaria. Il ragazzo che giocava a cricket e che il suo stesso allenatore dirottò subito sull'atletica accortosi delle sue capacità esplosive, ha continuato dritto sulla curva subito dopo il traguardo. Non smetteva più di correre, ma stavolta esultava, allargava le braccia rideva, raccoglieva una bandiera jamaicana e iniziava il suo giro d'onore. Il National Stadium di Pechino come impazzito, gli altoparlanti hanno cominciato a pompare musica regge e lui a ballare, e fare passi di rap. Sono risuonate anche le note di Happy Birthday, proprio a ricordare il suo compleanno. Lui si è fermato davanti a una telecamera, l'ha girata verso se stesso ed è esploso: "Sono il numero 1, il numero 1". E per molti, molti anni ancora, sicuro. "E' un sogno che diventa realtà, ero un po' preoccupato dopo le semifinali, ma mi sono detto: bisogna dare tutto durante la corsa. Sono molto soddisfatto di me stesso. Non mi sarei mai aspettato un risultato del genere, so che questa è una pista veloce, ma non credevo che questo tempo fosse possibile. Sono sotto choc, ho sognato a lungo questo record del mondo, lavorato tantissimo per diventare campione e rimanere al vertice. Sono andato benissimo, sono uscito benissimo dai blocchi, ho cominciato a correre il più veloce possibile e quando sono arrivato sul rettilineo, ho detto a me stesso: vai più forte che puoi, non morire adesso". Centinaia di giornalisti e una domanda: sei Gordon Flash oppure Superman. Lui ha risposto: "Nessuno dei due, io sono Fulmine Bolt".
http://www.repubblica.it/2008/08/olimpiadi/servizi/atletica-caldo/bolt-200-record/bolt-200-record.html

mercoledì 20 agosto 2008

LA PRIMAVERA DI PRAGA

La Primavera di Praga, (in ceco Pražské jaro) è stato un periodo storico di liberalizzazione avvenuto in Cecoslovacchia a partire dal 5 gennaio 1968 e durato fino al 20 agosto dello stesso anno, quando un corpo di spedizione dell'Unione Sovietica e dei suoi alleati del patto di Varsavia (ad eccezione della Romania) invase il paese.
Situazione in Cecoslovacchia e antefatti
Fin dalla metà degli anni sessanta in tutto il paese si erano percepiti segni di crescente malcontento verso il regime. Le istanze dei riformisti, il cui leader era Alexander Dubček, avevano trovato voce in alcuni elementi all'interno dello stesso Partito Comunista Cecoslovacco. Le riforme politiche di Dubček, che egli stesso chiamò felicemente "Socialismo dal volto umano", in realtà non si proponevano di rovesciare completamente il vecchio regime e allontanarsi dall'Unione Sovietica: il progetto era di mantenere il sistema economico collettivista affiancandovi una maggiore libertà politica (con la possibilità di creare partiti non alleati al partito comunista), di stampa e di espressione. Tutte queste riforme furono sostenute dalla grande maggioranza del paese, compresi gli operai. Ciononostante queste riforme furono viste dalla dirigenza sovietica come una grave minaccia all'egemonia dell'URSS sui paesi del blocco orientale, e, in ultima analisi, come una minaccia alla sicurezza stessa dell'Unione Sovietica. Per comprendere i motivi di questo allarme bisogna tener presente la collocazione geografica della Cecoslovacchia, esattamente al centro dello schieramento difensivo del Patto di Varsavia: una sua eventuale defezione non poteva essere tollerata in periodo di Guerra Fredda.
A differenza di quanto era avvenuto in altri paesi dell'Europa centrale, la presa di potere comunista in Cecoslovacchia nel 1948 era stata accompagnata da una genuina partecipazione popolare, e non era stata funestata, come altrove, da brutali repressioni. Le riforme sociali del dopoguerra erano avvenute pacificamente, mentre, ad esempio, in Ungheria si erano avute vere e proprie sommosse. Ciononostante la leadership guidata da Gottwald, prima, Zapotocky e Novotný poi aveva mantenuto un regime totalitario fortemente repressivo che si era espresso in maniera brutale durante le purghe staliniane e che non si era aperto dopo la morte del leader sovietico. La stessa minoranza slovacca rimaneva sottorappresentata nelle istituzioni, che accusavano sempre una distanza ideologica rilevante rispetto alle altre repubbliche popolari che avevano compiuto la destalinizzazione, Ungheria e Polonia in primis.
Politica estera dell'Unione Sovietica
La politica dell'Unione Sovietica di appoggiare ed imporre negli stati satellite solo governi di stile sovietico, usando se necessario anche la forza, divenne nota come Dottrina Brezhnev, dal nome del leader sovietico Leonid Brežnev, che fu il primo a teorizzarla pubblicamente, sebbene di fatto fosse già stata applicata fin dai tempi di Stalin. Questa dottrina fu la base della politica estera sovietica fino a quando, negli anni ottanta, sotto Mikhail Gorbačëv, fu sostituita dalla cosiddetta Dottrina Sinatra.
La dirigenza sovietica dapprima usò tutti i mezzi diplomatici possibili per fermare o limitare le riforme portate avanti dal governo cecoslovacco, poi, vista l'inutilità di questi tentativi, iniziò a preparare l'opzione militare.
L'invasione
La stagione delle riforme ebbe bruscamente termine nella notte fra il 20 e il 21 agosto 1968, quando una forza stimata fra i 200.000 e i 600.000 soldati e fra 5.000 e 7.000 veicoli corazzati invase il paese. Il grosso dell'esercito cecoslovacco, forte di 11 o 12 divisioni, obbedendo ad ordini segreti del Patto di Varsavia, era stato schierato alla frontiera con l'allora Germania Ovest, per agevolare l'invasione e impedire l'arrivo di aiuti dall'occidente.
L'invasione coincise con la celebrazione del congresso del Partito Comunista Cecoslovacco, che avrebbe dovuto sancire definitivamente le riforme e sconfiggere l'ala stalinista. I comunisti cecoslovacchi, guidati da Alexander Dubček, furono costretti dal precipitare degli eventi a riunirsi clandestinamente in una fabbrica, ed effettivamente approvarono tutto il programma riformatore, ma quanto stava accadendo nel paese rese le loro deliberazioni completamente inutili. Successivamente questo congresso del partito comunista cecoslovacco venne sconfessato e formalmente cancellato dalla nuova dirigenza imposta da Mosca a governare del paese.
Conseguenze dell'occupazione
I paesi democratici dovettero limitarsi a proteste verbali, poiché era chiaro che il pericolo di confronto nucleare al tempo della Guerra Fredda non consentiva ai paesi occidentali di sfidare la potenza militare sovietica schierata nell'Europa centrale ed in quanto, in seguito agli accordi sottoscritti dalle potenze alleate a Yalta, la Cecoslovacchia ricadeva nell'area di influenza sovietica.
Dopo l'occupazione si verificò un'ondata di emigrazione, stimata in 70.000 persone nell'immediato e di 300.000 in totale, che interessò soprattutto cittadini di elevata qualifica professionale. Gli emigranti riuscirono in gran parte ad integrarsi senza problemi nei paesi occidentali in cui si rifugiarono.
La fine della Primavera di Praga aggravò la delusione di molti militanti di sinistra occidentali nei confronti delle teorie leniniste, e fu uno dei motivi dell'affermazione delle idee eurocomuniste in seno ai partiti comunisti occidentali. L'esito finale di questa evoluzione fu la dissoluzione di molti di questi partiti.

domenica 17 agosto 2008

TROFEO BERLUSCONI


MILANO, 17 agosto - Possono chiamarla anche amichevole, ma nessuno ci crederebbe. Milan-Juve non è un’amichevole nemmeno se in campo vanno le vecchie glorie. E il clima del trofeo ‘Berlusconi’ (stasera, ore 20.45) è sempre stato infuocato. Già in passato ci sono state vittime illustri. Tre anni fa, Buffon si fece male in uno scontro con Kakà (scontro involontario) e rimase fuori per tutto il girone d’andata. Silvio Berlusconi disse a Galliani di cedere Abbiati in prestito alla Juve, a titolo di... risarcimento.
Stavolta, come se non bastasse il match di ritorno fra Gattuso e Poulsen (in Champions si presero di brutto, quando il danese giocava nello Schalke 04 e passò una partita intera a provocare Kakà), ci ha pensato Ancelotti a metterci un altro pizzico di pepe. Non propriamente amato dalla tifoseria bianconera, Carletto aveva risposto col dito medio alzato ai cori offensivi a lui dedicati nel recente trofeo Tim dalla curva juventina. E ieri, quando gli hanno ricordato quella triste storia torinese, ha detto: «A domanda rispondo volentieri, rifarei quel gesto». In pratica: se mi provocano, io replico.
Il Milan ha vinto questo trofeo 9 volte, la Juve otto, ma quando la sfida è stata fra juventini e milanisti (da San Siro è passata anche qualche straniera per il ‘Berlusconi’) la Juve ha vinto 8 edizioni, il Milan sei. E oggi, non vincedolo dal 2004, la squadra di Ranieri vuole agganciare i rivali a quota 9.
Milan-Juve si accende di tutti i colori, ma stasera davanti si incontreranno due squadre in condizioni fisiche, atletiche e morali quasi opposte. Davanti alla difesa di ripiego del Milan sfileranno Del Piero, Amauri, Trezeguet e Iaquinta, tutti in gol (Iaquinta quattro volte, Amauri e Trezeguet due) nelle amichevoli di livello di questa estate. La Juve ne ha fatti quattro all’Artmedia nel preliminare di Champions League e ora sta bene davvero. Il Milan non ha mai vinto finora, anzi, ha sempre perso nelle amichevoli internazionali e ha pareggiato solo a Cremona. Soprattutto, non ha mai segnato e, tolta... Cremona, ha sempre preso gol. Questa sera tornerà Inzaghi, ma fra difesa e attacco mancheranno troppi giocatori ad Ancelotti.
Niente Maldini, Kaladze e Nesta per la retroguardia, niente Borriello, Kakà, Ronaldinho e Pato per l’attacco. Ma il problema, per il Milan, è che non può fare un’altra brutta figura, proprio in casa e proprio davanti a Berlusconi.
Alberto Polverosi

9''69 USAIN BOLT

Cento metri, è Bolt l'uomo-jet: oro e record del mondo in 9"69
Lo sprint ha un nuovo re, anzi lo aveva già, ma la pista di Pechino ha decretato che il giamaicano Usain Bolt sarà il re della velocità per i prossimi anni: 9"68 - poi corretto in 9"69 - il nuovo record dei 100 metri piani che ha stabilito nella finale dei Giochi olimpici di Pechino. Un record strepitoso: Bolt deteneva già il primato dei 100 metri, con 9"72, ma oggi ha dimostrato qualcosa che ha forse dell'incredibile: partenza rapidissima, al contrario di quella che sono le caratteristiche per un uomo alto 1 metro e 96, e poi fuga solitaria verso quel traguardo a quel punto lontano appena 9 secondi. E nel finale Bolt ha avuto anche la sfrontatezza, propria dei campioni, di guardarsi intorno, rallentare, guardare la folla entusiasta sugli spalti e quindi battersi con la mano destra il petto, per dire «sono io, sono solo io il più veloce al mondo». Questo voler ribadire la propria superiorità anche gestualmente gli è valsa sicuramente la perdita di almeno cinque-sei centesimi, a detta degli esperti, e il tempo finale ne ha risentito. Sarebbe stato ancor più incredibile l'eventuale record senza quel gesto.Usain Bolt è stato subito sommerso dai fotografi, a stento si è sottratto ed ha raggiunto l'angolo dove il suo staff l'attendeva. Quindi la bandiera giamaicana sulle spalle e il trionfo in pista.«Sono felice, non è tanto per il record, che avevo giá fatto e che posso anche migliorare, ma per la medaglia d'oro», ha detto Bolt a caldo ai microfoni della Rai. «Sono venuto a Pechino per fare questo e l'ho fatto. Il segreto? Arrivare a questi appuntamenti rilassati e tranquilli, volevo fare qualcosa e ci sono riuscito». La medaglia d'argento è anadata a Richard Thompson, di Trinidad e Tobago, con il tempo di 9"89; bronzo a Walter Dix, con 9"91, che tiene gli Stati Uniti ancora sul podio della gara-regina dell'atletica, malgrado l'esclusione dalla finale di Tyson Gay. Solo quinto Asafa Powell, l'amico-rivale e connazionale di Bolt demolito senza pietà. Il neocampione dei 100 metri nei prossimi giorni si cimenterà sulla distanza doppia e nella staffetta 4x100, ma è in particolare sui 200 che sembra voglia dare un'altra dimostrazione della grande potenza delle sue lunghe leve. Un altro record mondiale, questo sì storico, il 19"63 di Michael Johnson, potrebbe essere a rischio.
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Sport/2008/olimpiadi-pechino/news/filippi-phelps.shtml?uuid=edd8d0b2-6b61-11dd-bc0e-138af1944fcc&DocRulesView=Libero

BRNO - GP REPUBBLICA CECA

QUANDO LE BASTONATE FANNO MALE
Ci eravamo lasciati con la vittoria americana di Laguna Seca di Valentino Rossi ai danni di Casey Stoner.
Ci era apparso chiaro di come Casey avesse patito ampiamente la supremazia tecnica del "dottore" nel corpo a corpo, quando la "gara" diventa dura, quando le staccate diventano una questione di supremazia psicologica, quando questo sport, finalmente, diventa un confrontarsi su chi è il migliore e non su chi ha il passo gara superiore o la moto che in rettilineo va più forte.
Valentino Rossi a "bastonate" ne ha presi molti, tutti, e l'ultimo in ordine temporale è stato proprio Casey.
Dal venerdì pomeriggio il pilota colorato Ducati aveva messo tra se e il sette volte campione del mondo dai 3 ai 4 decimi di secondo, confermando questo gap anche nelle prove di qualifica del sabato, ma come sempre, dall'inizio di stagione, il warm-up della domenica mattina aveva fatto limare in casa Yamaha quella distanza che intercorreva tra Casey e Valentino.
La partenza della gara ha visto scattare benissimo l'australiano in testa a tutti, con Valentino che dopo la prima curva perdeva una posizione, scivolando terzo, dietro la Kawasaky di Hopkins.
Il primo giro diventava fatale, con Stoner che con un giro spettacolare metteva tra se e il campione di Tavullia 1 secondo.
Questo non faceva demordere Rossi, che inanellava giro dopo giro gli stessi tempi del battistrada.
I due davanti imponevano alla gara un ritmo infernale girando un secondo e mezzo sotto rispetto a tutto il resto della compagnia.
E qui emergeva il nervo, il nervo del bastone.
Casey cercava in tutti i modi di imporre alla propria moto un ritmo impressionante per non farsi avvicinare da Rossi, che nel "T3" continuava a limare qualche decimo.
E la psicologia del trovarsi a distanza di pochi giri nuovamente corpo a corpo con Rossi faceva il resto.
Durante il sesto giro Valentino mangiava ben 4 decimi a Stoner, portandosi abbondantemente sotto il secondo di svantaggio.
Inevitabilmente arrivava l'errore.
Spingendo oltre il limite, Stoner, perdeva l'anteriore e con il posteriore che scivolava inevitabilmente via comprometteva non solo la gara ma molto probabilmente anche il mondiale.
Tornato in pista, la moto non gli ha permesso di proseguire la gara e il ritiro è stato inevitabile.
Ora si potrà anche dire che Stoner in 30 gare Ducati non era mai caduto (parole di Livio Suppo nel dopo gara), che finchè è stato davanti girava più forte di tutti (sempre Livio Suppo nel dopo gara), dimenticando però che Valentino tra il quinto e il sesto giro stava andando più forte dell'australiano, che Stoner è tornato nei box tranquillo e senza nervosismo alcuno, e che l'errore è stato causato da un'errore e nulla più, errori che nelle corse ci possono stare.
Vista da qui invece, è evidente di come una vacanza (lo avevamo citato nell'ultimo articolo del dopo gara di Laguna Seca) non possa bastare per cancellare una bastonata, che magari non lascia il livido ma imprime nella testa segni impercettibili ma incancellabili.
Stoner si rifarà, ha davanti a se una cariera, ma lo scontro con Rossi gli lascierà addosso segni che non possono passare.
Prima di lui ci sono passati altri, e le botte sono state forti e permanenti, dovrà cercare di uscirne prima possibile dal vortice Rossi, per non fare parte anche lui di una lunga serie di "vittime" passate sotto i tubi di scarico del "dottore".
di Cirdan

venerdì 15 agosto 2008

WOODSTOCK

Il festival di Woodstock si svolse nei giorni 15, 16, 17 agosto 1969 a Bethel, piccola località della contea di Sullivan nello stato di New York e fu probabilmente il più importante evento collettivo nella storia della musica rock.
Organizzato come un semplice rock festival di provincia, accolse inaspettatamente per tre giorni e tre notti più di 400.000 giovani (secondo fonti non certe si arrivò addirittura alle 800.000 persone).
L'importanza storica di questo evento dipese tanto dal punto di vista musicale, quanto da un punto di vista politico e sociale: le date in cui ebbe luogo, infatti, vengono fatte coincidere con la consacrazione mediatica della rivoluzione culturale del '68 e il culmine dell'era hippie.Migliaia di giovani americani, per tre giorni, abbandonarono i propri interessi personali per dedicarsi a qualcosa che, a posteriori, viene visto come un sogno collettivo di riforma della società.
Ogni dieci anni il festival viene riproposto, ospitando artisti della prima edizione o delle edizioni precedenti ed artisti contemporanei: questi eventi sono diventati degli importanti appuntamenti sociali poiché descrivono, attraverso la musica e coloro che vi partecipano, le mutazioni della società, in particolare di quella statunitense.
Elenco artisti presenti
Di seguito un elenco di artisti che presero parte al festival (il Jeff Beck Group era in scaletta, ma non è mai apparso sul palco):
Joan Baez
The Band
Blood, Sweat & Tears
Paul Butterfield Blues Band
Canned Heat
Joe Cocker
Country Joe and the Fish
Creedence Clearwater Revival
Crosby, Stills, Nash & Young
Grateful Dead
Arlo Guthrie
Tim Hardin
Richie Havens
Jimi Hendrix
Incredible String Band
Janis Joplin
Jefferson Airplane
Melanie
Mountain
Quill
Santana
John Sebastian
Sha-Na-Na
Ravi Shankar
Sly and the Family Stone
Bert Sommer
Sweetwater
Ten Years After
The Who
Johnny Winter
Il film
Su questo evento è stato girato anche un film/documentario, vincitore del premio Oscar come miglior documentario.
Titolo: Woodstock - 3 giorni di pace, amore e musica (1970)
Produttore: Bob Maurice
Sceneggiatura e regia: Michael Wadleigh
Premi:
Oscar per Bob Maurice (Miglior film documentario)
Nomination agli Oscar per Thelma Schoonmaker (Best cut)
Musicisti apparsi: Joan Baez, Joe Cocker, Country Joe & The Fish, Crosby, Stills & Nash, Arlo Guthrie, Richie Havens, Jimi Hendrix, Carlos Santana, John Sebastian, Sha-Na-Na, Janis Joplin, Sly and The Family Stone, Ten Years After e The Who.
Il disco
L'evento ha naturalmente consentito anche di pubblicare un album doppio, come colonna sonora originale del film (Atlantic Records Cat# SD 500-2).
Elenco dei brani presenti nell'album originale del 1970:
John B. Sebastian - I Had A Dream
Canned Heat - Going Up The Country
Richie Havens - Freedom
Country Joe & The Fish - Rock & Soul Music
Arlo Guthrie - Coming Into Los Angeles
Sha-Na-Na - At The Top
Country Joe McDonald - The "Fish" Cheer
Country Joe McDonald - I-Feel-Like-I'm-Fixin'-To-Die Rag
Joan Baez & Jeffery Shurtleff - Drug Store Truck Drivin' Man
Joan Baez - Joe Hill
Crosby, Stills & Nash - Suite: Judy Blue Eyes
Crosby, Stills, Nash & Young - Sea Of Madness
Crosby, Stills, Nash & Young - Wooden Ships
The Who - We're Not Gonna Take It (from "Tommy")
Joe Cocker - With A Little Help From My Friends
Santana - Soul Sacrifice
Ten Years After - I'm Going Home
Jefferson Airplane - Volunteers
Sly & The Family Stone - Medley: Dance To The Music / Music Lover / I Want To Take You Higher
John B. Sebastian - Rainbows All Over Your Blues
Paul Butterfield Blues Band - Love March
Jimi Hendrix - Star Spangled Banner
Jimi Hendrix - Purple Haze & Instrumental Solo
Successivamente (1994), in occasione del 25° anniversario, la Atlantic ha pubblicato un CD triplo.

http://it.wikipedia.org/wiki/Festival_di_Woodstock




giovedì 14 agosto 2008

DEL PIERO FANTASTIC


RADIO "OFFSHORE"

14 agosto 1967 -
Nel Regno Unito entra in vigore una legge che costringe alla chiusura di molte stazioni radio "offshore". La legge innescherà una campagna per la legalizzazione delle radio commerciali che permetterà agli ascoltatori di scegliere stazioni radio in inglese diverse dalla BBC, e porterà anche al rilassamento e al rinnovamento delle trasmissioni della radio di stato.
Le radio pirata offshore che a cavallo degli anni sessanta e settanta finirono per avere un notevole impatto sul mercato radiofonico britannico e sulla sua regolamentazione potrebbero nascondere, sostiene il giornalista scozzese Paul Harris, trame spionistiche degne di una guerra fredda ma non per questo meno combattuta. Harris in realtà è uno dei pionieri di quell'epopea. Nel 1970, per esempio, svolgeva il ruolo di project manager per Capital Radio, che non aveva nulla a che vedere con l'emittente commerciale autorizzata che sarebbe stata aperta tre anni dopo (questa Capital Radio trasmetteva da un nave tedesca ancora al largo delle acque olandesi per iniziativa di un idealista canadese, Tim Thomason).
Ieri Medianetwork riportava un estratto degli articoli che Harris sta pubblicando su All Media Scotland, per anticipare un libro di memorie che verrà pubblicato nel 2009. In questo articolo Harris ricorda gli anni di Capital pirata e della sua "concorrente", Radio Northsea International. Una offshore pirata diversa dalle altre, scrive Harris: molto più potente, in grado di trasmettere in onde medie, corte e modulazione di frequenza. Insomma, una radio assai più seria delle altre bagnarole scassate e arrugginite che stavano a galla per miracolo e usavano residuati bellici come trasmettitori. Come si spiega tutto questo? Harris rivela di aver provato a indagare infiltrandosi negli uffici di RNI, allestiti in un grande albergo del porto di Scheveningen. Tra i documenti conservati in quell'ufficio Harris riferisce di essere riuscito a copiare alcune lettere che documentavano la relazione tra RNI, una misteriosa società svizzera e un altrettanto misterioso istituto tedesco orientale. La società, che si chiamava come la nave di RNI, Mebo, doveva essere una copertura legale per un traffico di componenti di trasmettitori che transitavano dagli Stati Uniti (dove la legge proibiva la vendita di certi apparati in Est Europa) e la Germania orientale via Amsterdam. Dietro il misterioso istituto berlinese c'era insomma la temibile Stasi.
Harris racconta anche che dopo aver raccolto queste informazioni le aveva fatte pervenire ai servizi inglesi, che lo minacciavano di ritorsioni per il suo ruolo in Capital Radio (allora una violazione del celebre Marine Act in base al quale le radio offshore venivano sequestrate e i DJ arrestati). Alla fine le informazioni raccolte tra Gran Bretagna e Regno Unito diedero i loro frutti, racconta il giornalista. Nel 1971 un giornale olandese pubblicò, si disse su imbeccata della CIA, una storia che denunciava un piano, coordinato da Berlino Est, per la costruzione di un'intera flotta di navi che avrebbero poi dovuto essere attrezzate con impianti di trasmissione. Una risposta del blocco orientale all'azione di Radio Free Europe e Radio Liberty. Northsea International, sottolinea infatti Harris, trasmetteva programmi molto politicizzati ed era in aperto contrasto con il governo laburista dell'epoca.
In seguito la nave Mebo II fu addirittura minata con cariche esplosive e a essere incolpato fu un concorrente, Radio Veronica. In realtà erano stati i servizi olandesi. Nel 1974 RNI fu chiusa per ordine delle stesse autorità dell'Aia e la nave fu venduta ai libici, che per un po' la utilizzarono per trasmettere il corano, conclude Harris. Infine, Gheddafi si stufò e ordinò a un caccia militare di affondare il bastimento nelle acque del Mediterraneo. Ma la spy story radiopiratesca non finisce qui. Dopo la pubblicazione del pezzo di All Media Scotland, su Medianetwork alcuni commenti hanno aggiunto pezzi di "storia" che forse sono solo disinformazione. Il nome della società di Zurigo Mebo saltò per esempio fuori durante il processo per il caso Lockerbie, quando si trattò di mettere i terroristi finanziati dalla Libia in relazione con l'attentato al volo PanAm nei cieli sopra la località scozzese. Mebo importava e vendeva un tipo di apparato elettronico che sarebbe stato rinvenuto tra i rottami dell'aereo. Solo parecchi anni dopo nel 2007, precisa al proposito Mike Barraclough commentando la storia di Harris, il Guardian raccontò che quelle "prove" erano state alterate e che gli interrogatori dell'ex proprietario della Mebo erano stati guidati.
Paul Harris è autore di un testo, When pirates ruled the waves, la cui sesta edizione è stata pubblicata lo scorso anno da Kennedy & Boyd.

DOPPIETTA ANCORA D'ORO

Pechino, doppio oro azzurro:

trionfano Minguzzi nella lotta e Cainero nel tiro a volo

Chiara Cainero è oro nel tiro a volo

Un tiro d'oro: Chiara Cainero è la nuova campionessa olimpica del piattello. L'atleta friulana non ha sbagliato nei colpi di spareggio ed ha centrato i piattelli conquistando una medaglia d'oro mai vinta prima in assoluto dall'Italia olimpica. Ed è anche la prima donna italiana a vincere un oro nella specialità in competizioni internazionali. La gara si è disputata sotto un vero e proprio diluvio, il che ha reso insidiose le pedane di tiro. La Cainero, in forza al Corpo forestale dello Stato e alla sua seconda Olimpiade, nelle tre serie di qualificazione aveva realizzato rispettivamente 25, 24 e 23, totalizzando 72 centri e stabilendo così il nuovo primato olimpico della specialità. Allo spareggio si era arrivati con 93/100, un risultato che già era da podio, poi lo spareggio vincente che ha dato il quinto oro all'Italia in queste Olimpiadi. La Cainero ha sottolineato all'Ansa la difficoltà del campo di gara nella finale dello skeet. «Non è stata una finale facile, anche per le condizioni meteo. Pensavo ci volesse un punteggio più alto per fare il podio», ha spiegato l'atleta di Udine, che ha raggiunto la migliore condizione solo negli ultimi giorni, dopo il periodo di allenamento pre-olimpico a Singapore. La cecchina friulana pensa già al futuro. «Ho 30 anni e ancora molto da dare a questo sport - ha detto - spero di arrivare alle Olimpiadi di Londra».

È una medaglia storica, l'oro azzurro vinto nella lotta greco-romana, categoria 84 kg, dal poliziotto 26enne Andrea Minguzzi da Castel S. Pietro.

In finale l'atleta delle Fiamme Oro ha superato l'ungherese Zoltan Fodor, al termine di un combattimento che ha visto l'azzurro dominare. Una medaglia per l'Italia nella lotta greco-romana mancava dalle Olimpiadi di Barcellona, 1992, con l'argento di Vincenzo Maenza; l'oro mancava da ancor prima, da Seul 1988, sempre vinto da Maenza, di cui Minguzzi si proclama erede con questa vittoria. L'atleta italiano corona un anno straordinario, sommando l'oro olimpico al titolo europeo conquistato in Finlandia, titolo continentale vinto anche lo scorso anno in Bulgaria. Nel corso di questo torneo olimpico Minguzzi, dopo un primo incontro abbastanza agevole contro il francese Melonin Noumonvi, aveva dovuto superare l'handicap di un sorteggio terribile: dapprima il campione olimpico in carica, il russo Aleksey Mishin, e poi lo svedese di origine armena Ara Abrahamian, argento ad Atene. Un combattimento dietro l'altro, contro i più forti. Fino alla conquista di un oro forse inaspettato e che ha mandato su tutte le furie lo svedese Abrahamian, medaglia di bronzo, che nel corso della cerimonia di premiazione, ha lasciato per terra la medaglia che aveva appena ricevuto. Un gesto di protesta nei confronti della giuria che a suo giudizio e a giudizio dello staff tecnico svedese l'aveva penalizzato in occasione della semifinale sostenuta proprio contro Minguzzi. Lo svedese già al termine del combattimento contro l'azzurro si era reso protagonista di un gesto antisportivo, rifiutandosi di andare al centro della pedana di lotta, accettare il verdetto e stringere la mano dell'avversario. Quasi sicuramente nei suoi confronti il Cio adotterà provvedimenti disciplinari.
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/dossier/Sport/2008/olimpiadi-pechino/news/bernard-100m.shtml?uuid=d0bf0d0a-69c9-11dd-bc9e-42958b688fc9&DocRulesView=Libero

A MIO PADRE

...a me piace pensare che sia stato proprio Tu, andandotene, a restituirmi la capacità di credere in me stesso.Con un sorriso accompagnerò ogni mio giorno, ogni mio movimento, ogni mia gioia, ogni mia delusione, ogni mio momento in cui vorrò stare accanto a te.
A modo mio, ho imparato da te il lavoro, il sudore, la fatica, i sacrifici, l’onestà, la vita.
Ci sono molte, troppe cose che da quel giorno sono rimaste sole con me e senza di te, ma le continuo a vivere, perché loro avevano bisogno di noi e ancora di più oggi hanno bisogno di me, della mia grazia, dei miei dispiaceri, delle mie emozioni.
Perché le abbiamo respirate, vissute, condivise, combattute, a volte vinte altre perse, a volte ci hanno regalato un istante di felicità altre meno, facendo parte della nostra vita, e per sempre vivranno, dentro di me accanto a te.
Nessun rimpianto, nessun rancore accompagneranno i miei giorni lontano da te, solo rabbia, di non potere più sentire la tua carnalità addosso.
Ho saputo cogliere l’importanza della dignità, dell’orgoglio, di quello che oggi sono grazie al tuo nome.
Mi hai donato il regalo più bello, la vita.
Una vita che ho vissuto a volte lontana da come la intendevi tu, una vita forse troppo spericolata da come la volevi te.
Ma la fiducia che ci eravamo costruiti ha fatto si che questa mia vita non ci allontanasse mai, non fosse poi così diversa.
Rimarrai per sempre un esempio di padre, con i tuoi limiti, i tuoi sbagli, i tuoi difetti, ma con un cuore che non ha mai avuto né confini, né falle, né mancanze…




E' passato un anno...un lungo anno.
A volte mi sembra poco, a volte tantissimo, quasi infinito.
E oggi sono qui, a ricordare, a pensare, per una volta a quel giorno, non l'ho fatto spesso, ho sempre preferito pensare a quando sorridevi.
Tutto è stato veloce, rapido, immediato, quasi a non voler farmene rendere conto.
Quell'attesa, quell'aspettare, l'arrivo di quel camice bianco, quella porta che si apriva, quella frase.......
E poi il freddo, sorretto solo dalla forza delle mie gambe, che di forza non ne avevano più.
Ci siamo guardati, dentro, con un'intensità unica e che per sempre non andrà via, quella è stata ed è ancora oggi la nostra forza, la forza che solo tu mi potevi dare, per poi trasmetterla.
La paura credo di averla vista, dentro i tuoi occhi, forse sapevi, non lo so, ma ero lì e forse, anche quella volta, il coraggio non ti è mancato, te coraggioso come nessuno mai ho incontrato in vita mia.
Ti ho detto una bugia, ma serviva, più a te che a me, io che sapevo, e che di bugie non potevo raccontarmene.
Ti ho lasciato un attimo, dovevo andare, dovevo trasmettere tranquillità e speranza a chi ha passato con te più di cinquant'anni di vita, lì non potevo mentire e non l'ho fatto.
Improvvisamente mi hai restituito quella capacità di credere in me stesso, quella frase che scrivo ovunque quando ti penso, quella capacità che ti ho lasciato governare quando stavo con te, quella capacità che mi riprendevo ogni volta che ti stavo lontano, e quel giorno ho dovuta rifarla mia, per sempre.
Sono tornato, e tu, forse, stavi già pensando ad altro.
Poi la notte, quella stanza, quel respiro, prima forte, poi leggero, quel viso disteso e soave.
Ancora un cenno, quel cenno che hai fatto a chi sai tu.
Ti è stato vicino, insieme a me, tenendoti una mano, non ti ha lasciato nemmeno lui.
Sarà una questione di Dna, non lo so, ma insieme ad una lacrima ha tirato fuori il coraggio e ti ha vissuto fino al sonno.
Dormivi, bene, come un bambino, senza soffrire.
E lui accanto a te ad asciugarti il sudore, intriso in un fazzoletto.
Gli occhi, i nostri, che non si chiudevano, la fatica, la stanchezza, la nostra, che prendeva forza.
Poi la pace, la tua, quella per sempre, dopo un sonno profondo, quel sonno che forse non avevi mai fatto in tutta la vita.
Ci sono eventi, situazioni, che spesso si confondono con delle coincidenze, io che alle coincidenze non ho mai creduto.
Stasera giocava la tua Juventus.
Il tuo Alessandro Del Piero ha tirato fuori la lingua, quel gesto che a te piaceva tanto, per il quale sorridevi come un bambino.
Ha alzato ill pugno al cielo, ha guardato in alto, dopo aver segnato.
Non poteva pensare a te, come poteva, ma il mio pensiero in quel momento è stato quello.
La sua dedica per te, per te che stavi sorridendo come un bambino.
Ciao.

mercoledì 13 agosto 2008

JUVENTUS-ARTMEDIA 4-0

E' iniziata con il botto la nuova avventura bianconera in Champions League. Nel preliminare di andata contro gli slovacchi dell'Artmedia Bratislava, la Juventus si è imposta con un roboante 4-0.L'inizio del match ha fatto subito vedere le intenzioni degli uomini allenati da Ranieri che, dopo soli 2 minuti, avevano già battuto 3 calci d'angolo ed erano andati vicino al vantaggio con Alex Del Piero.Nei primi 5 minuti la pressione juventina è stata costante e al 7' di gioco c'era già il vantaggio. Camoranesi, dopo aver imbeccato Del Piero al limite dell'area, che a sua volta volta faceva proseguire la sfera per Grygera in area, era pronto a sfruttare una corta respinta della difesa slovacca e di piatto destro piazzava la palla dove Kamenar non poteva arrivare. Dopo una timida replica dell'Artmedia, sfociata in un corner senza esito, si infortunava Grygera che veniva sostituito da Iaquinta. Quindi, Juventus a trazione anteriore, con Camoranesi sulla destra, Iaquinta sulla sinistra e Salihadzimic dirottato a terzino destro. Al 22' su calcio d'angolo è Chiellini a sfiorare il raddoppio, ma il pallone finisce alto di poco. Il raddoppio sembra maturo e si concretizza al 26' con un capolavoro del capitano Alessandro Del Piero: uno-due al limite dell'area di rigore con Trezeguet e violento destro a girare, di collo interno, che si insacca nel "sette" alla sinistra di Kamenar. E' il 242° gol in bianconero e il 39° in Champions League per il capitano juventino, a coronamento di un inizio di gara sopra le righe. Tre minuti dopo è ancora Del Piero a dare spettacolo, con un numero sulla linea di fondo, ma Molinaro spreca. Al 31' ancora Del Piero si libera di due uomini ma non riesce a saltare il terzo in piena area di rigore; due minuti dopo lo stesso capitano imbecca Iaquinta in area di rigore ma il campione del mondo viene anticipato. Al 38', su calcio di punizione dai 28 metri di Camoranesi, è Giorgio Chiellini a fare tris: perfetto stacco di testa su uscita errata di Kamenar e gol del 3-0.

Nella ripresa i bianconeri non effettuano sostituzioni e ricominciano con la stessa formazione. Da un corner di Camoranesi, al terzo minuto, è Poulsen con un destro dal limite che impegna il portiere slovacco, che con un miracolo evita la quarta rete bianconera. Passano 2 minuti ed è ancora Del Piero (migliore in campo) a sfiorare la doppietta personale: scambio ravvicinato con Camoranesi, finta e tiro a rientrare di sinistro che lambisce la traversa alla destra di Kamenar. Al 7' minuto viene annullato un gol a Trezeguet per sospetta uscita della sfera su cros al centro di Camoranesi; la moviola non rende chiaro l'episodio.Poco dopo il quarto d'ora è la volta di Iaquinta che, con un tiro dai 20 metri, colpisce il palo alla destra di Kamenar. Al 22' standing ovation per Del Piero, sostituito da Amauri. Il capitano esce tra gli applausi e i cori dello stadio Olimpico. La partita oramai non ha più nulla da dire e il calo fisico delle squadre abbassa il ritmo del match. Gli ultimi episodi sono ancora di marca Juventus, nonostante una reazione senza troppa concretezza degli slovacchi. Al 43' Poulsen imbecca in area Trezeguet: stop e tiro che finisce di poco fuori. Nell'ultimo minuto dei tempi regolamentari, su calcio d'angolo, è Legrottaglie a siglare il poker per la Juventus: su battuta dalla lunetta di un ispiratissimo Camoranesi, il difensore bianconero stacca di testa, in piena libertà, in area e insacca alle spalle di Kamenar. Dopo i tre minuti di recupero l'arbitro fischia la fine.

Vittoria oltremodo meritata quella della Juventus, sia nel gico che nel risultato, contro un'avversaria sicuramente non all'altezza ma, comunque, dimostrando voglia, grinta e concentrazione. La condizione fisica è ancora da registrare e migliorare ma gli uomini di Ranieri avranno modo di fare passi avanti in vista del ritorno in Slovacchia, previsto per il 27 di agosto. La pratica "preliminare", a meno di cataclismi, è praticamente superata. Di Del Piero parla la nuda cronaca del match: migliore in campo e autore di un gol straordinario. Meritano una citazione i due centrali, Chiellini e Legrottaglie, autori di due dei 4 gol di stasera e di una prova di maturità e sicurezza che lascia ben sperare per un'altra stagione a grandi livelli. Benissimo Sissoko, oramai beniamino del pubblico e autore di una prestazione maiuscola; bene anche Poulsen, meno entusiasmante del compagno di reparto ma utile in ogni zona del campo. Ottimo Camoranesi, autore di un gol e di due assist decisivi. L'unico neo, se lo si vuole trovare, sta nelle fascie esterne di difesa, con un Salihadzimic che oltre al suo "compitino" non ha offerto molto e con l'ennesima prestazione tutto cuore ma con i soliti limiti tecnici di Molinaro.

PAGELLE:

Buffon: s.v.

Grygera: s.v.

Legrottaglie: 7,0

Chiellini: 7,0

Molinaro: 5,5

Camoranesi: 7,5

Poulsen: 6,5

Sissoko: 7,5

Salihadzimic: 6,0

Del Piero: 8,0

Trezeguet: 6,0

Iaquinta: 6,0

Amauri: 6,0

http://www.ju29ro.com/tutto-juve/25-tutto-juve/577-buona-la-prima-juve-artmedia-4-0.html

CALCIO D'INIZIO


SI RICOMINCIA


TORINO, 12 agosto - «Sono due anni che aspettiamo il ritorno in Champions League». Claudio Ranieri sintetizza così gli umori del gruppo bianconero alla vigilia del primo preliminare di Champions, contro l'Artmedia. A preoccupare la Juventus, però, sono gli infortuni: ko Zanetti e Marchionni, indisponibili i tre olimpici, squalificato Nedved, Ranieri è alle prese con un vecchio problema, l'emergenza. «Sono certo però - afferma - che i sostituti sapranno comportarsi altrettanto bene».
LA PRUDENZA - « Sarebbe un errore pensare di essere già in Champions League». È un Ranieri piuttosto teso e contratto: lo ammette lui, stesso, con un sorriso, e spiega così la propria espressione metallica: «Da due anni aspettiamo questo momento. Per alcuni giocatori è stato un ciclo che si è chiuso, partendo dalla serie B e si dovrebbe riaprire. Sappiamo che sarà difficile, che l'Artmedia è una squadra di buon valore, capace di difendersi, di correre molto, ripartire in contropiede e colpire: se ha segnato dieci gol nelle qualificazioni Champions, ci sarà un motivo».
NOTE STONATE - Il vero guaio bianconero, che Ranieri si rifiuta di definire "preoccupazione", sono le assenze: gravi quelle di Zanetti e Marchionni (quest'ultimo sarebbe stato il sostituto di Nedved) e del ceco squalificato. Alla inevitabile domanda se il lungo stop di Zanetti potrebbe riportare la società sul mercato, la risposta è la solita litania: «Assolutamente no, per noi è chiuso, forse non lo è per i giornalisti che hanno bisogno di titoli». Certo, pensando anche al Marchisio appiedato a lungo per un guaio muscolare a Pechino, la domanda forse un pò di senso ce l'ha, ma Ranieri assicura: «Per il momento non ci preoccupa la recidività di Zanetti e Marchionni».
EUROCHAMPIONS - Ranieri esclude che la squadra possa patire di pressioni "economiche", derivanti dall'importanza dei proventi Uefa che deriverebbero dalla partecipazione alla massima competizione europea: «Certo, ne siamo consci tutti, perchè siamo professionisti, ma non ha senso caricare ulteriormente i giocatori con questi pensieri. Tutti daranno il massimo, perchè la voglia di Europa è grande. Nessuno si illuderà troppo per le belle prove che abbiamo fornito in estate. E i sostituti saranno all'altezza dei compagni, ne sono certo». A una candida domanda di un collega slovacco su che cosa farà la Juventus se non passa i preliminari, Ranieri risponde con una battuta: «La Coppa Uefa...».
LA FORMAZIONE - Top secret anche lo schieramento bianconero: l'ipotesi di tridente è assai remota e si partirà dal classico 4-4-2. Poi, a partita in corso e in caso di necessità, potrebbe entrare la terza punta. Favoriti Del Piero-Trezeguet, mentre il centrocampo è scontato, con soli quattro uomini e in difesa, con il recupero di Molinaro, tornano a far coppia Chiellini-Mellberg, preferito a Legrottaglie che non è ancora in forma. Torna al suo posto Grygera e Ranieri assicura che anche Poulsen e Camoranesi stanno bene. Qual è il risultato buono per stare tranquilli? «Non ce n'è uno - risponde con diplomazia Ranieri - Non ho mai detto che vogliamo chiudere la pratica a Torino. Occorre aspettare due partite. Noi rispettiamo tutti e comunque nell'Artmedia ho visto quattro o cinque giocatori assai interessanti».