Aveva sorriso, quando aveva visto se stesso interpretato sullo schermo da Michele Placido: “Io non sono così bello”, aveva sussurrato. Lui era Silvio Novembre, il film era Un eroe borghese, che raccontava la storia dell’avvocato Giorgio Ambrosoli.
domenica 29 settembre 2019
"Dai pentiti a Graviano. Perché vanno indagati Berlusconi e Dell’Utri"
Giorni fa gli avvocati di Silvio Berlusconi hanno depositato al processo d’appello per la Trattativa Stato-mafia, per il quale Marcello Dell’Utri è stato condannato in primo grado a 12 anni, la documentazione secondo cui il leader di Forza Italia è indagato a Firenze nell’inchiesta sui mandanti occulti delle stragi del 1993. Matteo Renzi si è detto “attonito”. Secondo lui “sostenere 25 anni dopo, senza uno straccio di prova, che egli sia il mandante dell’attentato mafioso contro Maurizio Costanzo significa fare un pessimo servizio alla credibilità delle istituzioni italiane”.
Ecco alcuni motivi per cui dovrebbe essere un po’ meno sorpreso.
Commissione parlamentare antimafia, seduta del 13 settembre 2017, dall’audizione del pm Nino Di Matteo.
Il corvo e il ritorno di Totuccio. Ombre su Sica e La Barbera
Fu Domenico Sica, allora Alto Commissario antimafia, a telefonare negli Usa 30 anni fa al pentito Totuccio Contorno, attraverso funzionari dell’Ambasciata americana a Roma, poco prima che Contorno tornasse in Sicilia aggregato agli uomini di suo cugino, il boss Gaetano Grado, in un periodo in cui gli omicidi si contavano a decine. Almeno fino al momento dell’arresto dei due cugini, catturati dagli uomini di Arnaldo La Barbera il 26 maggio 1989 a San Nicola l’Arena con modalità operative che la commissione antimafia definisce “frettolose”, non furono approfondite, come forse sarebbe stato opportuno, circostanze singolari, non furono compulsati approfonditamente testimoni che avrebbero forse reso abbastanza più difficile l’assoluzione di Contorno dal reato di detenzione di armi”.
Marco Travaglio, Marco Lillo, Padrini Fondatori e quell'Italia alfabetizzata che non capisce ciò che legge
Lo ha rivelato uno studio dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico: la metà degli italiani non capisce ciò che legge. Sebbene il tasso di alfabetizzazione in Italia sfiori il 99%, lo studio denominato "All, Adult Literacy and Life Skills", riporta alla luce una situazione ben diversa da quella che i numeri sembrano volerci dimostrare.
L’analisi Ocse è impietosa. Se un tempo con analfabeta si intendeva una persona non in grado di leggere e scrivere, oggi l'analfabetismo funzionale (l’incapacità di servirsi efficacemente della lettura, della scrittura e del calcolo), la cui causa è, a parere quasi unanime, lo sviluppo della tecnologia e l’estrema facilità con cui le persone possono servirsene, mette in risalto come la metà della popolazione italiana non capisce ciò che legge.
Tra questi, prendendo ad esempio le ultime dichiarazioni rilasciate e il nero impresso sulla carta bianca di giornalini e giornaloni, possono tranquillamente farne parte Matteo Renzi, Matteo Salvini, Giorgia Meloni, l'intero gruppo di Forza Italia, "garantisti" vari e quella parte (faziosa) di carta stampata (Il Giornale di Sallusti) che hanno messo in discussione, addirittura spingendosi oltre con affermazioni del tipo "senza uno straccio di prova", le indagini della Procura di Firenze sull'ipotesi che Berlusconi e Dell’Utri siano stati i mandanti esterni delle stragi mafiose.
Ora. Ammesso e concesso che il problema di analfabetismo funzionale non faccia rientrare nella cerchia degli affetti i sopraccitati per questioni legate al grado di istruzione conseguito, rimane oggettivamente ineludibile la totale mancanza di conoscenza delle indagini e delle sentenze (definitive) sulle stragi mafiose e su Marcello Dell’Utri da parte di coloro che nell'ultima settimana hanno voluto porre la questione su di un piano puramente manettaro e giustizialista.
Se in entrambi i casi così non fosse, evidenziandosi la palese malafede dei protagonisti citati, consiglio personalmente a coloro la lettura di "Padrini Fondatori", un testo, un saggio di oltre 600 pagine dove la Corte di Assise di Palermo ha messo nero su bianco quello che i due curatori (Marco Travaglio e Marco Lillo) hanno sempre detto e scritto sul patto neppure tanto occulto fra Stato e mafia che battezzò col sangue la Seconda Repubblica sui cadaveri di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Paolo Borsellino, degli uomini e donne delle scorte e dei 10 caduti inermi nelle stragi del 1993 di Firenze, Roma e Milano.
Una sentenza storica, quella del 20 aprile 2018, che quel 50% d'Italia aggredita da analfabetismo funzionale non può aver compreso, ma che quella restante, come audito in Commissione parlamentare antimafia nella seduta del 13 settembre 2017 dal pm Nino Di Matteo, ha voluto minimizzare e svilire con l'avvallo e la complicità di carta stampata e televisioni, senza prodursi minimamente nello sforzo di prosecuzione e completamento del percorso di verità sulle stragi.
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giovedì 19 settembre 2019
Diteci la verità sugli sbarchi
Chiusa la stagione di Matteo Salvini da Ministro degli Interni, iniziata quella del Prefetto e consigliere di Stato Luciana Lamorgese, i dati provenienti dal Viminale riguardanti il tema dei migranti raccontano una realtà che nell'arco di appena due settimane ha stravolto completamente quella raccontata dallo stesso dicastero nei quattordici mesi di "permanenza" dell'indossatore di felpe altrui.
Telegiornali e carta stampata non parlano d'altro: aumentati gli sbarchi. E non solo quelli delle tanto discusse Ong, ma e soprattutto quelli di barche e barchini.
I dati ultimi sono oggettivamente tali e raccontano, prendendo a misura il corrente mese di settembre, un incremento di ben 488 unità rispetto allo stesso periodo di un anno fa (1435 contro 947).
Un dato in decisa contro tendenza rispetto all'intera annata: agosto (1268 quest'anno, 1531 l'anno scorso), luglio (1088 contro i 1969 di dodici mesi fa), giugno (1218 rispetto ai 3147 del 2018), maggio (782, 3963), aprile (255, 3171), marzo (262, 1049), febbraio (60, 1065), gennaio (202, 4182).
Insomma, a farla breve sembra che da quando il Segretario del Carroccio ha fatto le valige dal Ministero degli Interni si siano riaperti quei porti che mai sono stati chiusi ma che per l'opinione pubblica, bombardata dalla propaganda, erano stati blindati e sigillati da un tenero e pacioccone uomo di mezza età prevalentemente impegnato, tra piazze e spiagge, a distribuire bacioni e rosari.
Ora. Passi la narrativa dei porti chiusi che può aver indotto (forse) la mancata partenza di molti, passi il continuo e cinico respingimento delle Ong che può aver rallentato l'approdo delle stesse sulle nostre coste, ma con l'attuale legislatura e quindi con il Decreto Sicurezza Bis ancora vivo e vegeto appare particolare, per usare un eufemismo, il netto e repentino cambio di rotta.
E ancor più di questo appare singolare come oggi, rispetto ai quattordici mesi precedenti, vengano portati quotidianamente all'attenzione dai mezzi di informazione gli sbarchi effettuati da barche e barchini, come se nell'era salviniana questi non avvenissero, fossero all'improvviso terminati perché dissuasi dalle parole di un uomo in costume con un mojito in mano.
Senza voler scomodare teorie terrapiattiste e complotti vari rimangono curiosi i dati offerti dall'edifico situato su uno dei sette colli su cui venne fondata la città di Roma, e non tanto i numeri snocciolati in questo ancora estivo settembre, quanto quelli che hanno dato modo all'indossatore di felpe altrui di assicurarsi consensi e popolarità.
sabato 14 settembre 2019
Quando in tempi non sospetti Giorgetti avvertiva: "...dal 40% all'oblio il passo è decisamente breve"
E' da ormai una settimana che è tornato a fare ciò che gli riesce meglio: calcare le piazze (le spiagge hanno ormai chiuso i battenti) per raccontare alla gente tutto quello che in quattordici lunghi mesi non ha fatto e quello che, da ora in avanti e con ancora pieni poteri (a Norcia, la città di San Benedetto, il patrono d'Europa, si è addirittura spinto ad affermare: "Prendiamoci l'Umbria per cambiarla tutta."), farà per il Paese e i suoi cittadini (quelli che a suo dire vorrebbero andare a elezioni).
E tra un panino con la porchetta, una birra, il solito bagno di folla e un tour che sembra non conoscere confini il Segretario del Carroccio ha pensato bene di prendersi una breve pausa convocando nella sua Milano l’assemblea degli amministratori locali del centrodestra, e naturalmente della Lega.
Un incontro che ha trattato il tema dell'attuale, a suo dire inciuciante, legge elettorale (quella stessa votata dalla Lega in data 26 ottobre 2017) e in relazione una proposta, votata per alzata di mano a larga maggioranza, per una soluzione in senso pienamente maggioritario.
Come? Se cinque regioni approveranno il quesito entro settembre si potrà andare direttamente al referendum nella prossima primavera.
Un referendum che inevitabilmente riporta indietro di qualche anno e di un paio di legislature, quando un altro Matteo, dopo la sbornia di voti conquistati alle Europee del 2014, si rivolse agli italiani per il referendum costituzionale del 2016. Sfociato in una storica e sanguinaria debacle.
Corsi e ricorsi che sembrano non spaventare l'indossatore di felpe altrui, che dopo il risultato eclatante delle Europee, l'ubriacatura nello stato libero di Papeete, le varie lezioni di costituzione, stile e democrazia impartitegli a più riprese da Giuseppe Conte e l'onta subita dal nuovo esecutivo formato da Movimento 5 Stelle e Partito Democratico, ha addirittura puntato l'obbiettivo a ottenere 5 milioni di firme, annunciando di volere eleggere il presidente della Repubblica in modo diretto.
Il tutto, come dice lui, facendo una cosa per volta.
Lo stato psicologico di chi ha voluto fare all-in con in mano un effimero numero da sondaggio e senza prendere minimamente in considerazione la democrazia rappresentativa sembra avere ancora scorie e tossine da eliminare. Per depurare queste ultime sarebbe semplicemente bastato frequentare il Viminale, dando retta alle parole di Giancarlo Giorgetti che invitavano, in tempi non sospetti, a tenere una fotografia di Matteo Renzi sulla scrivania di ogni leghista, lui compreso. Perché si sa: dal 40% all'oblio il passo è decisamente breve.
mercoledì 11 settembre 2019
Portoni chiusi
Sono stati dichiarati "illegittimi", i 35 viaggi di Matteo Salvini a bordo di velivoli a disposizione della Polizia di Stato e dei Vigili del Fuoco. Un'illegittimità però archiviata per la non dimostrabilità del danno erariale.
Nel decreto di archiviazione, i magistrati scrivono: "È stato appurato, effettivamente, che a partire dal primo giugno 2018 risultano effettuati, per trasferimenti in ambito nazionale del Ministro dell’interno e di altro personale al seguito".
Nel provvedimento si cita la normativa vigente che prevede come i voli di Stato debbano "essere limitati al Presidente della Repubblica, ai Presidenti di Camera e Senato, al Presidente del Consiglio dei Ministri, al Presidente della Corte costituzionale, salvo eccezioni che debbono essere specificamente autorizzate".
Ora la palla passa alla procura di Roma, a cui è stato inoltrato il fascicolo.
La parte interessata, citando la Polizia di Stato, ha dichiarato la totale regolarità dei voli effettuati. Voli che, a prescindere da come volgerà la vicenda, confermano l'oggettività di un dato: l'evidente non conoscenza da parte dell'indossatore di felpe altrui, per assenza prolungata, dell'ingresso di Montecitorio. Quello che, al contrario di quanto dichiarato ("Possono sprangare il portone di Montecitorio..."), è chiuso dai primi di agosto per lavori di ristrutturazione e adeguamento.
martedì 10 settembre 2019
L'hanno presa bene
Dalle spiagge alle piazze, dall'Aula del Parlamento a quella del Senato. La maleducazione istituzionale e l'imbarbarimento sociale hanno dominato in lungo e in largo la due giorni che ha accompagnato, all'interno di Montecitorio e Palazzo Madama, la fiducia del governo Conte. Non sono dunque bastate le richieste mosse nella giornata di ieri dal Presidente del Consiglio e in quella odierna dalla senatrice a vita Liliana Segre per placare l'ira e la mancanza di ruoli governativi della fazione che fino a un mese fa era accasata in sette sedi ministeriali e, grazie al proprio leader, dominava la scena politica nazionale. La manifestazione legittima di Piazza Montecitorio, gli attacchi dei capogruppo Molinari e Romeo, la maglietta della Borgonzoni e i cori da stadio che hanno più e più volte interrotto gli interventi degli esponenti di maggioranza e dello stesso Premier la cifra, la misura, lo stile di come, sportivamente e senza rancore alcuno, l'indossatore di felpe altrui e i suoi adepti abbiano accolto la nascita del governo Conte.
domenica 8 settembre 2019
Emozione pura
A prescindere dalla Ferrari, dalla passione rossa, dal logico campanilismo, da una giornata che ha infiammato tifosi e non del Cavallino, questo ragazzo ha un qualcosa che attrae, che polarizza, che accende fantasie, che tiene incollati al mezzo televisivo, che scatena emozione pura.
Più semplicemente, come ama affermare Carlo Vanzini, un predestinato.
"Il predestinato vince... il Gran Premio d'Italia!"
Più semplicemente, come ama affermare Carlo Vanzini, un predestinato.
"Il predestinato vince... il Gran Premio d'Italia!"
Carlo Vanzini, Autodromo di Monza
Ambiente tossico
Siamo partiti con il piede sbagliato, mettendo subito in discussione le volontà, i proclami, gli accordi e i diktat espressi nelle settimane precedenti e nei giorni successivi la nascita del nuovo governo.
Lo hanno fatto, per il momento, il vice segretario del Partito Democratico (che con il nuovo esecutivo non ha nulla a che vedere) e la neo ministra delle Infrastrutture, altra esponente dei democratici.
E se Andrea Orlando, ex guardasigilli, ha messo nuovamente in discussione (come fatto in precedenza da quei geni del foro dei leghisti) la riforma del processo penale (separazione delle carriere, intercettazioni), Paola De Micheli, in barba alla Costituente delle idee (Riaccendiamo l’Italia. Verde, giusta, competitiva), al Presidente della Repubblica ("Nulla può estinguere il dolore di chi ha perso un familiare o un amico a causa dell'incuria, dell'omesso controllo, della colpevole superficialità, della brama di profitto"), e a Giuseppe Conte ("Evitiamo di creare sovrapposizioni e interferenze istituzionali. L'alleanza Pd-M5S non sia un Vietnam") ha trovato il modo, in una sola intervista, di pregiudicare quanto sopra.
La gronda di Genova, il terzo valico ferroviario (smentiti dal record storico di traffico del porto di Genova Voltri), la Tav e altre opere pronte a rimpolpare le tasche del partito del cemento si scontrano terribilmente con quell'Italia ambientale e verde tanto sponsorizzata e dipinta da tutti gli attuali protagonisti del nuovo governo. La ridiscussione (e non la revoca) delle concessioni autostradali alla famiglia Benetton cozza non solo con il "patto" di governo uscito dai tavoli di lavoro condivisi nelle ore pre-alleanza, ma e soprattutto con quanto dichiarato dal Capo dello Stato nel giorno della commemorazione alle vittime del Ponte Morandi. L'aver invaso il campo altrui (immigrazione, sicurezza) l'ennesima sovrapposizione di ruoli che tanto aveva minato la prosecuzione del governo giallo-verde e che sicuramente avrà irritato colui che in data 3 giugno 2019 aveva denunciato, attraverso una conferenza stampa, il disagio provato da chi il governo lo tiene in gestione.
In un ambiente tossico simile il proseguo di questa legislatura sarà legata a quanto domani (e martedì) dichiarerà Giuseppe Conte alla Camera, in una richiesta di fiducia che dovrà necessariamente togliere ogni dubbio su volontà, proclami, accordi e diktat.
venerdì 6 settembre 2019
(s)Nodo romano
Con la nascita dell'esecutivo presieduto da Giuseppe Conte e la probabile e possibile nomina di Paolo Gentiloni a Commissario europeo per gli affari economici e monetari (dopo l'incontro con Ursula von der Leyen, e visto il curriculum dell'ex premier democratico, la sensazione è che la poltrona per il commissario italiano sarà quella occupata nell'ultimo quinquennio da Pierre Moscovici), si sta delineando per il Bel Paese una stagione politica di un certo peso internazionale.
Utopistica fino ad un mese fa, sempre più concreta e con tanto di endorsement da più di una cancelleria europea nella settimana appena trascorsa.
Ma se sul fronte europeo tutto sembra muovere in favore dell'Italia (Gualtieri che chiede flessibilità a Gentiloni, con tutte le regole del caso, fa guardare con ottimismo la prossima manovra economica), e se gli stessi mercati, dopo 15 mesi di incertezza, ci stanno strizzando l'occhio (il crollo progressivo dello spread e Piazza Affari in costante segno positivo gli inoppugnabili segnali di fiducia), il nodo che si dovrà sciogliere nelle settimane a venire si svolgerà inevitabilmente all'interno dei palazzi romani.
Perché se è vero che l'ubriacatura agostana dell'indossatore di felpe altrui ha permesso l'insperata nascita del governo a trazione Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Leu, è altrettanto vero che le 11 Commissioni Parlamentari presiedute dagli esponenti leghisti (quelli che... non siamo attaccati alle poltrone) potrebbero impedire, o comunque rallentare lo svolgimento regolare dei lavori.
Il cambio di governo e di maggioranza dovrà dunque fare presto i conti non solo e non tanto nelle aule di Camera e Senato, ma anche e soprattutto con la composizione delle commissioni parlamentari, le cui presidenze sono fondamentali per l'attuazione del programma di governo.
Una in particolare, la commissione Bilancio alla Camera presieduta dall'onorevole Claudio Borghi, potrebbe, al di la di ogni valutazione pregiudiziale, portare il nuovo esecutivo a rischiare un clamoroso esercizio provvisorio, con conseguenti problemi con l'Europa e con l'inevitabile aumento dell'Iva per lo scatto automatico delle clausole di salvaguardia.
Le stesse dichiarazioni dell'economista leghista ("Dovevano pensarci prima di fare il ribaltone"), o peggio ancora quelle dell’ex ministro per le Riforme ed ex vicepresidente del Senato Roberto Calderoli ("Sotterrerò il Governo sotto milionate di emendamenti. Il nuovo regolamento di palazzo Madama l'ho scritto io. Mostrerò a Conte e a suoi ministri cose che nemmeno si immaginano") fanno pensare che il cammino dell'appena nato Conte 2.0 non sarà complicato per le (ipotetiche) differenze tra le forze di maggioranza, ma per le buche disseminate lungo il percorso dalle 11 commissioni parlamentari presiedute dalla Lega, e in particolare da quella del Bilancio alla Camera.
(s)Nodo interno che, attualmente coperto dalle lotte sul campo dell'immigrazione (iniziate con la "discriminatoria" legge regionale del Friuli Venezia Giulia), rischia di metterci in grossa difficoltà al cospetto di un'Europa che oggi è stata finalmente e (quasi) totalmente conquistata da uomini, programmi e idee.
mercoledì 4 settembre 2019
Articolo 53
Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività.
L’articolo 53 della Costituzione tratta due temi fondamentali dal punto di vista del diritto tributario: la capacità contributiva e la progressività dell’imposizione fiscale.
L’articolo 53 della Costituzione sostiene che tutti i cittadini, anche apolidi e stranieri, che risiedono in Italia hanno il dovere di pagare le imposte.
L’obbligo di pagamento delle imposte deve rispettare necessariamente la capacità contributiva del cittadino, vale a dire la sua possibilità economica.
L’articolo 53 della Costituzione, che difende il dovere di concorrere alle spese pubbliche, richiama senza dubbio gli articoli fondamentali 2 e 3 della Costituzione, i quali manifestano il principio di solidarietà e di eguaglianza di tutti i cittadini nello Stato Italiano.
L’articolo 53 della Costituzione sostiene che l’imposta che i cittadini, anche apolidi e stranieri, sono tenuti a versare è proporzionale all'aumentare della loro possibilità economica.
In altre parole, l’imposta cresce con il crescere del reddito.
Il rilievo del criterio di progressività risiede nel gravare sulle classi sociali più abbienti così da poter soccorrere e sostenere le classi sociali in difficoltà, garantendo i diritti e i servizi sociali fondamentali quali la pubblica istruzione, l’assistenza sanitaria, la previdenza sociale e l’indennità di disoccupazione, criteri sui quali si basa lo Stato Sociale Italiano.
12 anni dopo
I 63.146 voti espressi positivamente sulla piattaforma Rousseau per dare vita alla nascita dell'esecutivo tra Movimento 5 Stelle e Partito Democratico hanno chiuso un cerchio nato in un caldo pomeriggio settembrino di dodici anni fa.
In quel primo V-Day, in Piazza Maggiore a Bologna, in quella storica giornata, Beppe Grillo e Gianroberto Casaleggio sfidarono il Partito Democratico a opporsi seriamente a Berlusconi, alla Lega Nord, ad un centro-destra che stava stravolgendo la democrazia di un'intera nazione.
Portarono le loro proposte per regalare quelle idee, quelle visioni che avrebbero permesso al centro-sinistra italiano di cavalcare le ideologie delle sinistre moderne, dove ambiente e legalità venivano messe al centro dei più progressisti programmi politici.
Poi le cose, per volontà interne al Partito Democratico e per istigazione di Casaleggio, andarono diversamente: i Democratici respinsero il tutto lasciando inascoltate le proposte dell'Elevato e questi, sotto la spinta di Gianroberto (e di Fassino), mise in piedi il MoVimento 5 Stelle.
Dodici anni dopo, in un caldo pomeriggio di settembre, i promessi sposi si sono rocambolescamente ri-trovati, chiedendosi finalmente la mano e intraprendendo, se la Beata Vergine Maria vorrà (Salvini, pregandola, l'ha voluto), quel percorso di sinistra moderna.
Un cammino atto ad offrire al Paese quelle idee e quelle visioni nate in un caldo pomeriggio bolognese di dodici anni fa.
martedì 3 settembre 2019
Aspettando Rousseau
Non sarà di certo un dramma e probabilmente nemmeno un'attesa che lascerà gli attori protagonisti arroccati al nonsenso della vita umana. Per chi scrive, però, la votazione online per decidere se tutto il lavoro portato avanti nelle ultime settimane dal Presidente della Repubblica, dal Presidente del Consiglio incaricato, dai capi politici, dai capigruppo e da tutti coloro che hanno imbastito tavoli e discussioni legati ai partiti interessati alla nascita del nuovo Governo assomiglia, e non vagamente, al teatro dell'assurdo.
Portando senza se e senza ma rispetto per gli iscritti della base pentastellata (ognuno ha facoltà di scegliere e decidere come organizzarsi internamente per decidere e fare scelte), la (mia) logica porta a credere che se oggi il Movimento 5 Stelle detiene la maggioranza relativa, e di conseguenza ha avuto per ben due volte da parte del Capo dello Stato la possibilità di formare una maggioranza, lo deve solo ed esclusivamente a quegli 11 milioni di elettori che nel marzo del 2018 impressero la mina della matita sul logo del partito, e non certo alle poche decine di migliaia di iscritti che oggi avranno l'opportunità di decidere il futuro di un Paese intero.
E questo a prescindere da un esito che, Rousseau o Godot permettendo, arriverà oggi e farà nascere un esecutivo domani.
lunedì 2 settembre 2019
Sotto il cielo di Roma, e di Milano
Siamo ormai in dirittura di arrivo. Dalle sedi romane di Palazzo Chigi e del Nazareno, nonostante un cielo plumbeo, si sono dissipate le ultime nubi sulla nascita del nuovo esecutivo a trazione MoVimento 5 Stelle e Partito Democratico. Le dirette Facebook di Giuseppe Conte e Luigi Di Maio hanno confermato le speranze, le volontà, gli sforzi e i passi indietro fatti (tramontato il nodo vicepremier) per la composizione del nuovo governo. Voci che hanno trovato eco anche dal quartier generale dei democratici, confermando a nome di Nicola Zingaretti la possibilità di offrire al Paese una nuova stagione politica.
E se il cielo di Roma ha offerto nella giornata odierna pioggia, fulmini e tuoni, per fortuna solo meteorologicamente e non politicamente, domani toccherà a quello di Milano confermare e dare il definitivo via libera alla nascita della maggioranza di centro-sinistra.
Sulla piattaforma Rousseau gli iscritti pentastellati svolgeranno la consultazione online per decidere se il MoVimento 5 Stelle dovrà o meno far partire un Governo, insieme al Partito Democratico, presieduto da Giuseppe Conte.
Un ultimo passo, l'ultimo chilometro per chiudere definitivamente la crisi di Governo più pazza del mondo, confidando, almeno questa volta, che i cieli di Roma e di Milano abbiano partorito la definitiva svolta politica che un Paese intero aspetta da almeno 6 anni.
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