Wojciech Szczesny 7.0: la parata al minuto 93′ vale molto più che il punto conquistato. Sui due goal può obbiettivamente poco.
Bacary Sagna 6.0: sufficienza stiracchiata per il numero di chilometri fatti, ma da una sua scivolata nasce l’azione che porta in vantaggio il Liverpool.
Per Mertesacker 5.5: decisamente calato rispetto all’inizio di stagione, sia sul passo che sulla posizione. A breve mi sa che rivedremo Koscielny.
Thomas Vermaelen 6.5: lui è ormai una sicurezza costante.
Kieran Gibbs s.v: dalle immagini non si dovrebbe trattare di nulla di serio, questa è la nostra più sincera speranza.
Andre Santos 6.0: entra quando il match è da recuperare e questo gli consente di trovarsi più a spingere che a difendere, situazione in cui Andre si trova decisamente meglio, e lo fa vedere.
Aaron Ramsey 7.5: continua a disputare match di enorme livello tattico, facendo fare ad altri quello che in molti pensavamo potesse fare lui e facendo cose che mai avremmo pensato potesse fare. Allo stato attuale il centrocampo dell’Arsenal così si dovrebbe comporre: Arteta – Ramsey – Wilshere.
Jack Wilshere 7.0: E’ un autentico trascinatore, leader, l’uomo che ogni squadra di calcio dovrebbe avere in campo.
Santi Cazorla 5.0: niente da fare, l’omino che tanto aveva fatto impazzire le difese avversarie non c’è più. Lui ci mette una grinta che è impagabile, ma è innegabile che al momento si giochi con un uomo in meno. Qualche settimana di riposo e sono convinto che l’avremo nuovamente ad alti livelli.
Theo Walcott 8.0: devastante! Nel primo tempo è lui che si incarica di recuperare il risultato, nella ripresa entra in campo inviperito, e nei primi venti minuti quelli del Liverpool non lo prendono mai. Ah …ha segnato ancora.
Lukas Podolski 6.5: meno brillante del solito, ma con quel mancino è sempre capace di inventare qualunque cosa.
Olivier Giroud 7.5: un goal, un assist e tanti pericoli fatti vivere alla difesa (forte) dei Reds. Oggi è uno di quei giocatori che quando tocca la palla ti fa pensare che nascerà qualcosa di importante. Grande Olivier!
Arsène Wenger 6.5: recupera una partita che in pochi avrebbero recuperato, credendo fortemente nell’undici iniziale.
"When the Rock played" apre il sipario con i Black Sabbath, uno dei gruppi Rock, categoria Heavy Metal britannico per i più precisi, che hanno contribuito in maniera sostanziale allo sviluppo del genere, e considerati tra i gruppi più influenti di tutto il mondo Heavy Metal, fondamentali tra l'altro per la nascita di uno dei suoi sottogeneri, il "Doom Metal", caratterizzato da sonorità molto cupe e lente, sia nei motivi che nei riff, al punto da evocare e coniugare atmosfere drammatiche e testi introspettivi.
Il gruppo, o meglio, il primo embrione dei Black Sabbath, nasce ad Aston, un paese vicino Birmingham, nel 1966, grazie a John Michael Osbourne, che si recò in un negozio di dischi del paese ed attaccò un annuncio con su scritto: "Ozzy Zig requires gig. Owns own P.A." (Ozzy Zig cerca gruppo. Possiede amplificazione propria.).
Furono Frank Anthony Iommi (chitarrista) e William Thomas Ward (batterista) a leggere l'annuncio e a recarsi a casa di Ozzy per decidere di formare un complesso musicale.
Osbourne in seguito alla risposta di Tony e Bill portò nel gruppo altri due musicisti: i chitarristi Terence "Geezer" Butler e Jimmy Phillips.
Butler prese presto il ruolo di bassista, e venne assoldato anche il sassofonista Alan "Aker" Clarke. Il gruppo inizialmente scelse il nome "Polka Tulk Blues Band", accorciato poi in "Polka Tulk", e iniziò a costruirsi un proprio repertorio, basato prevalentemente su sonorità blues. Successivamente, due membri della band abbandonarono il gruppo (Clarke e Phillips) mentre i restanti decisero che era arrivata l'ora di cambiare nome alla band, e si passò così agli "Earth". La formazione iniziò ad esibirsi in vari locali della città di Birmingham, dove proposero cover di Jimi Hendrix, Blue Cheer e Beatles. Il primo vero successo, anche se inizialmente limitato ai pub della città, coincise con l'anno 1968, anno in cui il gruppo registrò il primo demo. Questo però permise al gruppo di farsi un nome anche all'estero, soprattutto in Germania, grazie alla capacità manageriale dell'amico Jim Simpson.
Dopo un breve periodo il nome della band fu cambiato ancora, sia per l'esistenza di un gruppo omonimo, sia per la scelta, successivamente geniale, di Butler, grande appassionato di romanzi di magia nera e di autori di racconti horror. Qui entra in scena un pezzo d'Italia, infatti fu proprio Butler che dopo aver assistito al film del 1963 "I tre volti della paura" di Mario Bava, che scrisse una canzone che riprendeva il titolo della versione inglese del film, Black Sabbath ("sabba nero"). Questo divenne il nuovo e definitivo nome del gruppo.
La prima casa discografica per cui i Sabbath firmarono fu la Fontana Records. In seguito, e poco prima della pubblicazione dell'omonimo album d'esordio, approdarono alla Vertigo. Con l'apporto di questa etichetta, il 13 febbraio del 1970 fu pubblicato l'album di debutto della band, intitolato appunto: Black Sabbath.
I primi tre album, Black Sabbath, Paranoid e Master of Reality, segnarono indelebilmente lo stile sabbathiano, ognuno con le proprie particolarità. E se nell'omonimo album d'esordio il gruppo riuscì a presentare tratti originali e diversi dal panorama rock di quei tempi e in Master of Reality si virò decisamente verso sonorità più oscure e testi decisamente più introspettivi, con Paranoid, i Sabbath, riuscirono a realizzare una delle pietre miliari dell'Heavy Metal (già all'epoca, e con il suffragio delle vendite, il lavoro fu considerato di rilevante importanza per la nascita di un nuovo modo di fare rock), coniugando ad un genere musicale per i tempi "nero", testi di spiccato senso sociale e già in grado di mettere alla luce problematiche come la guerra e la droga. Non a caso una recensione del Rolling Stone citava così: "On their second and supremely heavy album, Paranoid, there are laments on the destruction of war and the hypocrisy of politicians, the perils of technology, and the perils of drug abuse."
Oggi When the Rock played prende in esame proprio Paranoid, pubblicato per la prima volta nel Regno Unito nel settembre del 1970 per l'etichetta discografica Vertigo, e in seguito negli Stati Uniti nel gennaio del 1971 sotto l'etichetta Warner Bros.
Considerato, e rappresentante, il maggior successo commerciale del gruppo, l'album fu registrato in appena cinque giorni nell'identico studio di registrazione dell'omonimo "Black Sabbath". Una delle particolarità e delle curiosità che si legano al secondo prodotto dei Sabbath fu proprio il nome dell'album. Inizialmente denominato "War Pigs", come la seconda ed omonima traccia dell'album, fu poi cambiato in Panaroid nonostante la cover abbia mantenuto inalterata la figura rappresentante un maiale della guerra, chiaro riferimento al periodo storico che si stava vivendo ed in particolare alla guerra del Vietnam, giunta a quell'epoca a dieci anni dal suo inizio.
Le recensioni andarono oltre ogni aspettativa, e da ogni angolo del mondo i riconoscimenti arrivarono copiosi.
L'album, della durata di 42 minuti e 7 secondi, fu pubblicato il 18 settembre 1970 nel Regno Unito, mentre negli States sbarcò pochi mesi dopo, il 7 gennaio del 1971. Registrato tra il 16 e il 21 giugno del 1970 nei Regent Sound Studios ed Island Studios di Londra sotto la produzione di Rodger Bain e l'etichetta della Vertigo, l'album si compose di 8 traccie, tutte rigorosamente composte da Ozzy Osbourne, Bill Ward, Geezer Butler e Tony Iommi. A differenza della versione Europea furono due le traccie che cambiarono nome nella versione statunitense: la 1 e la 8 erano intitolate rispettivamente Luke's Wall (al posto di War Pigs) e Jack the Stripper (al posto di Fairies Wear Boots).
E qui entriamo in scena noi, proprio come ai bei tempi.
Track 1 | War Pigs
L'album si apre con l'esecuzione di War Pigs, quasi otto minuti dedicati al tema della guerra, a coloro che prima l'hanno scatenata ed in seguito hanno pensato bene di nascondere la mano assistendo all'orrore. Il testo è decisamente esplicito e senza mezzi termini, e nei passaggi come: "In the fields the bodies burning, as the war machine keeps turning, death and hatred to mankind" e "Politicians hide themselves away, they only started the war. Why should they go out to fight? They leave that role to the poor", c'è tutto il pensiero popolare di allora, schifato e ribelle ad una delle pagine più nere dell'intera umanità. L'amaro finale del brano ha segnato profondamente il pensiero di coloro che in fondo a tanto orrore non riuscirono a vedere altro che ulteriore orrore, conseguenza degli errori, e orrori, degli uomini. Anche in questo secondo lavoro i Sabatth misero alla luce espliciti riferimenti al Demonio, e in War Pig la chiamata di Satana arrivò puntuale: "On their knees, the war pigs crawling, begging mercy for their sins, Satan, laughing, spreads his wings". Questo però non deve assolutamente distoglierci dal vero messaggio lanciato da Osbourne, Iommi, Ward e Butler. La band sapeva già guardare oltre la mera immagine "nera" che iniziò ad accompagnare il genere, componendo un testo dal forte impatto popolare, maturo e solido al punto da, come accennato in precedenza, far cambiare il titolo della traccia quando l'album approdò negli Stati Uniti d'America.
War Pigs musicalmente segna indelebilmente un genere che da lì a poco sarebbe diventato influenete per intere generazioni di musicisti.
L'inizio offre immediatamente l'impressione di come sarebbe nato successivamente il sottogenere "Doom Metal": atmosfera decadente dalla sonorità cupa, preludio ad un testo impegnato e al tempo stesso drammatico. Poi il cambio di ritmo, in prossimità dell'inizio del testo, in cui si lega la rabbia di tanto orrore al riff della chitarra di Iommi. Ozzy successivamente descrisse il brano come un pezzo sostanzialmente Blues, suonato, però, in modo un po' particolare. Non a caso fu lo stesso Ozzy ha dichiarare che "Sentivamo musica nera suonata da bianchi. La musica che abbiamo fatto coi Black Sabbath ha le radici in quel periodo, in quel tipo di musica.". Ed ecco che War Pigs può tranquillamente entrare a far parte dei più bei pezzi Blues mai scritti.
Capolavoro di War Pigs è senza ombra di dubbio l'assolo di Iommi, dove il compositore britannico di origine italiana, unico componente fisso nell'arco della carriera della band, regala all'ascoltatore tutta la sua voglia di sperimentare suoni nuovi per l'epoca e tecniche che con il tempo saranno seguite da tutti i chitarristi del genere.
War Pigs è senza dubbio un grandissimo brano d'apertura, lasciapassare per il desiderio di chiunque di non perdersi la seconda traccia di Paranoid.
Track 2 | Paranoid
Decisamente più breve il brano che ha dato l'intero nome all'opera, "solo" 2 minuti e 52 secondi di puro Heavy Metal che è entrato di diritto tra i più grandi pezzi della storia del genere. In questo caso il testo abbandona quel tipo di guerra fatta con la politica e gli interessi per abbracciare le battaglie combattute con se stessi. L'abbandono della propria donna è l'anticamera di quello che i Sabbath vogliono esternare con Paranoid, un brano decisamente introspettivo che analizza le difficoltà dell'essere umano alle prese con la droga. Nel pezzo non si usa esplicitamente la tematica, ma i riferimenti lasciano pochi dubbi al caso: "Think I’ll lose my mind, if I don’t find something to pacify". Anche in questo caso i Sabbath iniziano ad affrontare un problema sociale che da lì a poco colpirà moltitudini di giovani che si troveranno a dover affronatare una delle piaghe più devestanti del post-periodo bellico. "I tell you to enjoy life, I wish I could but it’s too late", con questa frase i Sabbath chiudono il brano, consci di una realtà da cui ormai non si può più tornare indietro.
Track 3 | Planet Caravan
"We sail through endless skies", con questa frase inizia la terza traccia di Paranoid, e Planet Caravan diventa immediatamente un brano insolito per le tendenze dei Sabbath, una sperimentazione piuttosto lontana dal canonico Heavy Rock. L'atmosfera che viene creata dalla percussione tribale di Bill Ward ha la capacità di portarci immediatamente in un sogno che attraversa spazi e confini: "And so we pass on by, the crimson eye, of great god Mars, as we travel the universe", rilassando mente e corpo. Ammaliante l'accompagnamento di basso che si lega in un tutt'uno con la voce filtrata dall'altoparlate di Ozzy. Ma è ancora Tony Iommi che ci regala un tocco di classe con l'assolo finale, facendoci pensare a stelle che brillano come occhi: "Stars shine like eyes".
Track 4 | Iron Man
Senza ombra di dubbio questa è una delle track più importanti mai scritte dai Sabbath, brano che ha ottenuto diversi riconoscimenti, tra cui l'inserimento da parte del programma musicale "VH1" al 1º posto nella classifica delle 40 migliori canzoni heavy metal di tutti i tempi, la vittoria del premio Grammy Miglior canzone metal nel 1999 e l'inserimento al 317º posto nella lista delle 500 migliori canzoni secondo Rolling Stone. Il pezzo ha inoltre avuto seguito attraverso le esecuzioni di altri gruppi Metal, come i Metallica che hanno proposto la loro interpretazione in occasione dell'ammissione dei Black Sabbath alla Rock & Roll Hall of Fame. La ruvidità delle chitarre, il leggendario riff proposto da Iommi e la cadenza ritmica hanno fatto di questo pezzo una pietra miliare del genere. Poi c'è la storia, fantascientifica, proposta dai quattro membri della band, un testo che affascina l'ascolto e ci porta ad immaginare il viaggio incredibile fatto dall'uomo d'acciaio. Niente a che vedere con il celeberrimo personaggio di fantasia realizzato da Marvel, ma una vera e propria storia che racconta del viaggio verso il futuro di un uomo che una volta arrivato a destinazione vedrà il destino che spetta all'umanità, e cioè la distruzione totale, frutto di una grande catastrofe. Sapendo perciò cosa accadrà decide di tornare indietro per salvare la terra, ma durante il viaggio di ritorno, a causa di un incidente, viene pericolosamente esposto ad un campo magnetico, che, attraverso una mutazione genetica, ha trasformato la sua pelle in acciaio: "He was turned to steel, in the great magnetic field, when he travelled time, for the future of mankind".
Il viaggio viene completato, ma "Iron Man" è stato reso muto dalla sua trasformazione ed è incapace di comunicare verbalmente il disastro imminente, inoltre i suoi tentativi di comunicare vengono derisi e ignorati dalla stupidità e dall'ignoranza della popolazione terrestre: "Nobody wants him". Non potendo sopportare tutto ciò, ed in un certo senso costretto dal caso, "Iron Man" vuole vendicarsi dell'umanità, ed è così che decide di armarsi e di approfittare dei poteri acquisiti per distruggerla. Si rende così conto che la distruzione che aveva visto durante il suo viaggio nel tempo è stata causata proprio da egli stesso che ha voluto vendicarsi della razza umana: "Kills the people he once saved".
Track 5 | Electric Funeral
Tematicamente vicina a War Pigs, Eletric Funeral è la logica conseguenza dell'ignorante malignità dell'uomo, che sfocia a seguito delle frustrazioni e della collera del genere umano, ormai sempre più vicino alla fine: "Robot minds of robot slaves, lead them to atomic rage".
Gli anni 70' cavalcheranno molto il disagio di un mondo ormai ridotto a proteste di massa e coinvolgimenti politici indirizzati ad un'altra guerra atomica. I Sabbath leggono perfettamente il sentimento popolare dell'epoca, tracciando in Eletric Funeral i passi di un mondo ormai destinato al peggio: "Dying world of radiation, victims of man’s frustration, burning globe of obscene fire, like electric funeral pyre".
Qesto brano è l'ennesima dimostrazione di come i Sabbath abbiano saputo percorrere i tempi, di come tutte le leggende legate solo ed esclusivamente all'occulto e al demoniaco siano state spazzate via da testi maturi e dediti a denunciare problematiche sociali, consci che tutto ciò che stava accadendo sarebbe stato pagato dagli innocenti: "Earth lies in death bed, clouds cry for the dead, tearing life away, here’s the burning pay".
Anche musicalmente e rispetto a War Pig, la canzone presenta tratti decisamente più forti e oscuri, ideali per raccontare drammaticamente la tematica del testo. In seguito il brano fu reinterpretato da diverse Heavy Metal Band come i Pantera.
Track 6 | Hand of Doom
E' l'autentico capolavoro dell'intero album, sia musicalmente che soprattutto nel testo. Si è sempre sostenuto che nel periodo storico della pubblicazione di Paranoid l'informazione era quasi nulla, che l'avvento della droga, e dell'eroina in particolare, abbia avuto sulle giovani generazioni dell'epoca un effetto devastante per mancanza di nozioni sulla stessa. Con Hand of Doom (Mano del destino) i Sabbath avevano invece portato all'attenzione colletiva i pericoli e le conseguenze di una piaga sociale capace di uccidire milioni di giovani, con un testo esplicito e senza mezzi termini. La canzone parla di un uomo che ha a che fare con il problema della droga, in particolare l'eroina, e dei suoi ultimi attimi di vita mentre muore di overdose.
Forti e crudi alcuni passaggi, come: "Your eyes no longer seeing life’s reality, push the needle in, face death’s sickly grin, holes are in your skin, caused by deadly pin", in cui Ozzy e soci non lesinano avvertire a quale brutta fine si farà nell'entrare in quello sporco mondo: "You won’t want to learn, price of life you cry, now you’re gonna die!".
Di forte impatto politico-sociale anche la denuncia che si ricollega a War Pigs, dove i Sabbath coniugano le colpe delle guerre in atto in quel periodo alla voglia da parte dell'uomo di non voler più vedere la realtà che lo circonda: "First it was the bomb, Vietnam napalm, disillusioning, you push the needle in, from life you escape, reality’s your fate". Ecco dove Hand of Doom diventa un capolavoro di cultura e di pensiero, un manifesto che mette a nudo le responsabilità dei potenti e le fragilità dei deboli.
Geniale anche la composizione musicale del brano, dove una prima parte caratterizata da un riff di basso decisamente cupo si trasforma, in un susseguirsi di cambi di ritmo, in un potente riff di chitarra.
Track 7 | Rat Salad
Unico brano strumentale dell'album, dove la fusione della batteria di Bill Ward con i riff di chitarra di Tony Iommi reagalano oll'orecchio una meravigliosa jam session di 2 minuti e mezzo. Il brano, ed in particolare l'assolo di batteria di Ward, è ritenuto uno dei più bei assoli di batteria del panorama musicale. Curiosità del pezzo è la pubblicazione come lato B del singolo Paranoid.
Track 8 | Fairies Wear Boots
Discrepanti le informazioni che giungono su questo ultimo pezzo che conclude l'ascolto di Paranoid.
Secondo quanto dichiarato da Tony Iommi il titolo della canzone fu suggerito ad Ozzy Osbourne e Geezer Butler da un incontro che ebbero in un parco: "Geezer e Ozzy stavano fumando all'aperto e videro delle fate che correvano in circolo e calzavano scarponi". Il bassista dei Black Sabbath ha invece dichiarato che la canzone si ispirò ad uno scontro con degli skinhead, chiamati a mo' di spregio 'fate'.
Come già accennato il brano cambiò nome nella versione americana in "Jack The Stripper", così scelto per l'intro strumentale dello stesso e non per ragioni legate a problematiche politiche. Sta di fatto che anche in questo conclusivo ascolto i Sabbath coinvolgono la droga come tema dominante, vista in terza persona dal dottore a cui il protagonista del testo si rivolge per chiedere aiuto: "So I went to the doctor,see what he could give me, He said: "Son, son, you’ve gone too far. Cause smokin and trippin is all that you do"".
Musicalmente e seguendo il mood di Hand of Doom, Fairies Wear Boots si presenta con una notevole sequenza di cambi di ritmi, intervallati dal meraviglioso suono della chitarra di Iommi, capace di riff mozzafiato e assoli che rendono questo lavoro tra i più completi ed esaustivi dell'intero panorama Heavy.
Conclusione e crediti
Al termine di questo ascolto possiamo tranquillamente affermare che Paranoid si stalla in assoluto tra le pietre miliari della musica Rock di ogni tempo.
Nei decenni successivi alla sua pubblicazione iniziale, Paranoid è stato considerato da molti come il miglior album dei Black Sabbath, e secondo alcuni è il migliore album Heavy Metal di tutti i tempi. All'epoca l'album, come il suo predecessore, fu giudicato male dal critico musicale Robert Christgau, che lo classificò con il voto C-, pur ammettendo che i Black Sabbath lo avessero stupito con il loro Heavy Metal. Tuttavia, in seguito, la critica si è mostrata molto più favorevole nei confronti dell'album, rispetto a quelle poche critiche negative degli anni settanta. Steve Huey, di All Music Guide, cita Paranoid come uno dei più grandi ed influenti album Heavy Metal di tutti i tempi ed ha inoltre definito il sound Heavy Metal di Paranoid come "Lo stile più Heavy Metal di qualsiasi altro album della storia", mentre Ben Mitchell di Blender lo ha sopranniminato "Il più grande album Heavy Metal di tutti i tempi".
Riconoscimenti ed eredità musicale
Rolling Stone: The 500 Greatest Albums of All Time
Rock & Roll Hall of Fame: Rock and Roll Hall of Fame Defitive
Guitar World: 100 Greatest Guitar Albums Of All Time
DigitalDreamDoor: 100 Greatest Metal Albums
Vendite e classifiche di vendita
RIAA: 4x Platinum | 4.000.000 di copie
CRIA: Platinum | 80.000 copie
BPI: 7x Platinum | 2.100.000 copie
UK Albums Chart: 1
ARIA Charts: 4
SNEP: 9
Billboard 200: 12
Canadian Albums Chart: 20
Pubblicazioni e ri-stampe
Regno Unito: 18 settembre 1970 | Vertigo Records | LP
Europa: 18 settembre 1970 | Vertigo Records | LP
Stati Uniti: 7 gennaio 1971 | Warner Bros. Records | LP
Regno Unito: Dicembre 1973 | Vertigo Records | LP
Stati Uniti: 1975 | Warner Bros. Records | LP
Regno Unito: Gennaio 1976 | Vertigo Records | LP
Regno Unito: 28 febbraio 1996 | Castle Records | CD
Regno Unito: 2004 | Sanctuary Records | CD
Regno Unito: 30 marzo 2009 | Sanctuary Records | 2CD+DVD
E’ stata una partita bellissima, che ha onorato, come scritto ieri, il vero derby d’Inghilterra. I numeri finali hanno detto che probabilmente avremmo meritato di vincerla, visto il gioco espresso per tutti i novanta minuti e soprattutto la convinzione con cui eravamo scesi in campo. Ma le condizioni in cui ci siamo ritrovati e il miracolo di Szczesny a tempo ormai scaduto hanno evidenziato come alla fine, un pareggio, sia stato il risultato più giusto.
Pronti via e si è subito visto di che pasta era fatto ieri sera l’Arsenal: grinta, voglia e determinazione parevano essere i condimenti giusti per spuntarla sui Reds. E invece alla prima occasione i ragazzi di Liverpool, grazie anche ad uno svarione di Sagna, si sono ritrovati in vantaggio, mettendo il match sul binario preferito: contenimento e ripartenze. Un Reina in serata di grazia ha sventato immediatamente la reazione dei Gunners, che pochi istanti dopo il vantaggio di Suarez sono andati vicinissimi al pareggio con una conclusione da dentro l’area di Walcott. Ed è stato lo stesso Walcott sempre nella prima frazione ad incrociare di destro sul palo lontano, ma anche in questa circostanza è stato il portiere spagnolo a dire di no.
Nella ripresa era ancor di più logico aspettarsi una nostra reazione, che c’è stata, mettendo sotto pressione l’intera retroguardia dei ragazzi di Rodgers. Ma ancora una volta, e qui la fortuna ha giocato un ruolo fondamentale, è stato il Liverpool a passare, con una rete di Jordan Henderson, che ha sfruttato in pieno un doppio rimpallo tra Ramsey e Santos.
Sembrava la classica serata dove le cose non sarebbero andate bene, dove, nonostante un ottima partita il risultato finale ci avrebbe visto allontanarci dalla zona Champions.
E invece sono bastati due minuti due per mettere tutto in parità. Prima Giroud con un pregevole colpo di testa e dopo Walcott con un goal meraviglioso hanno fatto esplodere l’Emirates Stadium, a quel punto conscio che la partita si sarebbe anche potuta vincere.
E più di un’occasione c’è stata per vincerla questa partita, ma dettagli hanno impedito a Giroud, Walcott e Podolski di terminare quella che sarebbe stata una meravigliosa rimonta.
Anzi, nel terzo ed ultimo minuto di recupero è stato Suarez ad aver avuto sui piedi il pallone della vittoria, sventato miracolosamente da un prodigio di Szczesny.
Come detto un pareggio tutto sommato soddisfacente, che ci mantiene, visti i risultati delle altre, in piena corsa per la qualificazione Champions, e soprattutto aumenta, visto l’andamento del match, la convinzione in quelli che sono realmente i nostri mezzi.
Nota stonata della serata l’infortunio patito da Gibbs, che nelle prossime ore sarà valutato dallo staff medico.
Si torna subito in campo, dopo la bella qualificazione al quinto turno di Fa Cup. Ventiquattresimo turno di Premier League che ci vede impegnati contro il Liverpool, il vero, storico derby d’Inghilterra, quello che ha appassionato intere generazioni, la partita che per oltre cinquant’anni significava titolo di campioni. Oggi le cose sono leggermente cambiate, vuoi per il ventennio ultimo del Manchester United, vuoi per l’avvento nella terra di chi il football l’ha inventato di magnati e petrolieri.
Ma la sfida rimane inalterata di fascino e storia, di libri scritti e pellicole girate, e anche stasera, nella splendida cornice dell’Emirates Stadium, Walcott, Cazorla, Podolski, Gerard e Suarez sapranno regalarci novanta minuti di splendido calcio.
In questi giorni, in casa nostra, le notizie sono giunte come la grandine durante un temporale: dall’arrivo di David Beckham a London Colney, al congelamento dei prezzi sull’abbonamento per la stagione 2013/2014, alle info su partite e sorteggi dell’Academy, ma di questo nelle prossime ore ne parleremo più approfonditamente. Notizie nuove sono giunte anche dall’infermeria, buone ma non buonissime. Quella ottima riguarda il capitano, Vermaelen, completamente ristabilito dal problema alla caviglia e stasera sicuro titolare al centro della difesa. Saranno invece ancora out, almeno per oggi, sia Arteta che Coquelin, con qualche possibilità di rivederli in azione nel prossimo week-end contro lo Stoke City.
Formazione che quindi dovrebbe confermare gli undici che hanno letteralmente asfaltato il West Ham la settimana scorsa. Tra i pali ci sarà il confermatissimo Szczesny, in crescita continua e sempre più leader della porta dei Gunners. In difesa, con il recupero di Vermaelen, si riformerà la coppia centrale con Mertesacker, mentre sugli esterni toccherà nuovamente a Sagna a destra e Gibbs a sinistra, rientranti tra i titolari dopo il turnover contro il Brighton. A centrocampo, e con l’assenza dei due sopracitati, toccherà nuovamente a Diaby, Ramsey e Wilshere, un trio che nonostante qualche scetticismo si sta comportando più che egregiamente. Il pacchetto offensivo vedrà nuovamente proposto Cazorla come trequartista, mentre Walcott a destra e Podolski a sinistra daranno manforte ad uno Giroud totalmente recuperato nella testa e soprattutto nei piedi, visto lo score dell’ultimo periodo.
Questa senza alcun dubbio la miglior formazione che allo stato attuale siamo in grado di proporre, una formazione che dovrà non far rimpiangere le sfide epiche tra Gunners e Reds, quelle che hanno segnato la storia del calcio inglese.
Saturday 16 February 2013 12:45 Luton Town VS Millwall 15:00 Milton Keynes Dons VS Barnsley 15:00 Arsenal VS Blackburn Rovers 18:00 Oldham Athletic VS Everton
Sunday 17 February 2013 12:00 Chelsea VS Brentford 14:00 Manchester City VS Leeds United AFC 15:55 Huddersfield Town VS Wigan Athletic
Monday 18 February 2013 20:00 Manchester United VS Reading
Wednesday 27 February 2013 19:45 Middlesbrough VS Brentford / Chelsea
Era un po' che cercavo un articolo scritto tempo fa. Sull'ippica, sulla passione degli uomini, su di un uomo in particolare, una voce che m'ha fatto innamorare di questo sport.
Wojciech Szczesny 6.5: nel primo tempo compie una parata da autentico campione. Sui goal può poco.
Carl Jenkinson 6.0: sufficienza stiracchiata per non aver commesso grossi errori, ma al tempo stesso avrebbe potuto spingere di più.
Per Mertesacker 5.5: sulle palle alte hanno sempre la meglio quelli del Brighton, e sull’1-1 la dormita è di quelle che si pagano care.
Laurent Koscielny 5.5: vedi sopra.
Andre Santos 4.0: a sto ragazzo voglio bene, e quando Arsenal.com posta le fotografie degli allenamenti è uno di quelli che ha sempre il sorriso sulle labbra. Però su quella fascia non si può veramente vedere, gli altri lo capiscono subito e ci fanno sempre male.
Kieran Gibbs 6.0: lui entra a dieci dalla fine e fa capire cos’è un terzino sinistro.
Abou Diaby 6.5: bene, molto bene. Gioca tutta la gara mettendoci grinta e senso della posizione. E’ indietro con la condizione, ma saprà, speriamo, crescere.
Aaron Ramsey 7.0: allora, per Aaron il discorso sarebbe bello lungo, in queste poche righe dico che in quella posizione non perde più palloni, sa gestire i tempi e sembra aver trovato un’altra dimensione. Da continuare a seguire.
Tomas Rosicky 7.0: una delle più belle notizie di giornate. Gioca dopo non mi ricordo quanto e offre una prestazione tutta pepe e classe. Da lui nasce il contropiede dell’1-0, con un’azione palla al piede di cinquanta metri. Welcome back Tomas!
Jack Wilshere 6.5: pochi minuti per dimostrare che lui c’è sempre, soprattutto con la testa.
Alex Oxlade-Chamberlain 5.5: forse l’unica nota negativa del reparto offensivo. Deve ancora crescere.
Theo Walcott 7.0: oh! c’è poco da fare, lui continua a fare goal, il diciassettesimo stagionale, quello che vale gli ottavi di finale di Fa Cup.
Lukas Podolski 6.0: decisamente inferiore al match contro gli Hammers, il motivo è l’aver avuto Santos e non Gibbs, mi sembra evidente.
Abbiamo vinto una partita bellissima, giocata onorando da entrambe le parti il fascino della competizione più antica del mondo. Abbiamo vinto superando un’ottima squadra, ben allenata e che ha saputo farsi rispettare in tutti i novanta minuti di gioco. Abbiamo vinto meritando, dimostrando di essere una categoria superiore, andando in vantaggio per tre volte e non facendoci più agguantare negli ultimi dieci minuti di gioco.
E’ stata una prestazione in chiaro-scuro, dove la difesa (tutta) non è stata all’altezza dell’attacco e del centrocampo, dove, sul nostro out di sinistra, i ragazzi del Brighton hanno fatto il bello e il cattivo tempo.
Andre Santos è un bravo ragazzo, uno simpatico, uno che sa tenere sempre un profilo educato, ma quando si tratta di giocare, e questo è il suo mestiere, le lacune in fatto di corsa e ritmo permettono sempre agli avversari di metterci in difficoltà: come nel goal annullato giustamente per fuorigioco, come nell’azione che ha portato il calcio d’angolo dell’1-1, come nel frangente in cui il Brighton ha raggiunto il 2-2. E non è un caso che quando è entrato Gibbs per disputare gli ultimi dieci minuti di partita i ragazzi di Poyet non si sono più resi pericolosi sulla fascia di sinistra.
Detto questo, e confidando in questo mercato di riparazione per acquisire un ragazzo che possa dare minuti di riposo a Kieran, la squadra ha saputo reagire alla doppia rimonta, dimostrando carattere e determinazione.
Certo, prendere goal dopo aver disposto la difesa a zona sul calcio piazzato e non essere andati incontro al pallone è una di quelle situazioni che si dovranno discutere in allenamento, ma la dinamicità dei ragazzi per tutti i novanta minuti di gioco è un bel segnale per gli impegni che dovremo affrontare nel prossimo mese, a partire da mercoledì quando affronteremo il Liverpool.
Questa partita è servita anche al sottoscritto, o meglio, all’ammirare la doppietta di Giroud, uno a cui non avevo lesinato le critiche. Olivier, da ormai quindici giorni a questa parte, sta letteralmente sbugiardando quanto avevo affermato su di lui, grazie a prestazioni sopra le righe e goal che stanno portando l’Arsenal, sia in campionato che in coppa, in una posizione più consona al suo potenziale.
E di questo ne sono felice, anzi di più, e spero che da qui al termine della stagione possa regalarmi e regalarci altre gioie come quella di oggi; c’mon Olivier!!!
E’ una gara importantissima, vitale per certi versi, utile sicuramente ad offrire a tutto il gruppo maggiore consapevolezza nei propri mezzi. Dobbiamo vincere per dare continuità, quella che fino ad oggi è da imputare come unica macchia nera che ha accompagnato questa stagione. Tutti gli altri discorsi c’entrano come i cavoli a merenda, perché basta soffermarsi sull’ultima prestazione in campionato per comprendere che questa squadra ha i mezzi per imporsi contro chiunque. Nel sud dell’Inghilterra, in casa del Brighton, non sarà per nulla facile, vuoi per l’entusiasmo che troveremo, vuoi perché la FA Cup è quell’unica competizione al mondo capace di trasformare qualunque squadra s’incontri sul proprio percorso.
Dall’infermeria, ed in vista del match, giungono buone nuove, con il completo recupero di Diaby e Rosicky, inseriti nella rosa di coloro che potrebbero prendere parte all’incontro. Anche Fabianski, in una stagione stregata per il giovane portiere polacco, è tornato in prima squadra. Non faranno parte della spedizione Arteta, Coquelin e Vermaelen.
Il capitano, alle prese con un fastidio alla caviglia, è stato precauzionalmente sostituito nel match di recupero contro gli Hammers di mercoledì sera, e anche a Brighton non scenderà in campo, mentre è probabile un suo ritorno al centro della difesa nella gara di campionato contro il Liverpool. Arteta è praticamente recuperato, ma anche in questo caso s’è preferito, giustamente, non rischiarlo. Per Coquelin ci sarà bisogno di qualche giorno in più, ma anche per lui i tempi non dovrebbero superare i 7/10 giorni.
Per quel che riguarda la formazione che presumibilmente scenderà in campo, non stupirebbe un leggero turnover, a partire dalla difesa, dove, con l’indisponibilità di Vermaelen, sarà Koscielny a far coppia al centro della difesa con Mertesacker, mentre sugli esterni potrebbe essere la volta di Jenkinson a destra ed il ballottaggio tra Gibbs e Santos a sinistra. A centrocampo sarà probabile rivedere Diaby, che potrebbe far coppia con Aaron Ramsey, mentre Rosicky sarà il probabile uomo che dovrà fluttuare tra i reparti. In attacco le scelte non sono moltissime, e l’unica sicurezza sembra essere Chamberlain sull’out di destra. Giroud, Walcott e Podolski dovrebbero contendersi le ultime due maglie rimanenti, con il francese ed il marocchino in pole position.
Questa una delle probabili formazioni che potremmo vedere in campo:
CTID, Im originally from Bradford and now live in Melbourne, Australia, but i have been a city fan for as long as i can remember, please help me get to Wembley just like our awesome BRADFORD CITY !!!!!
After reading so many comments regarding save my money Swansea are going to win.
This is not about getting to Wembley to see BRADFORD CITY win, but more for the fact that In years to come I will be able to look back and say I was There when Bradford went to a CUP FINAL, WIN, LOSE or DRAW, this is history in the making.
Wojciech Szczesny s.v: avrà patito seriamente il freddo di Londra, assistendo al totale dominio dei suoi compagni. Sul goal Hammers non vede partire il tiro Tomkins.
Bacary Sagna 6.5: l’avevo visto fuori da questo match, Wenger invece lo ripropone e ancora una volta ha avuto ragione lui. Decisamente meglio rispetto alle ultime uscite.
Per Mertesacker 6.0: per la coppia di centrali è stata una serata senza grossi problemi, trascorsa a dare manforte al pacchetto di centrocampo.
Thomas Vermaelen 6.0: come sopra, con la conferma di avere ritrovato uno dei migliori difensori d’Europa.
Laurent Koscielny s.v: offre minuti di riposo al capitano.
Kieran Gibbs 7.0: già lo scorso anno sostenevo che questo ragazzo, senza infortuni, sarebbe in breve diventato il miglior terzino sinistro d’Inghilterra. Oggi lo è!
Theo Walcott 7.5: indovinate un po’? Segna ancora (e sono 10 in Premier), offre a Giroud il pallone del sorpasso e della convinzione di vincere la partita (e sempre in Premier sono 9 assist). Poi qualcuno si domanda ancora perché Theo sarà il nostro futuro.
Santi Cazorla 6.0: il goal meriterebbe 8, perché è davvero una perla di rara bellezza, ma lui stenta ancora, e molto. Nel primo tempo, credo causa una condizione fisica approssimativa, non esce mai dalla sua zona per aiutare a centrocampo, e la squadra, a tratti, ne soffre. Nella ripresa un filo meglio, ma è ancora distante anni luce dal Santino visto in azione nei primi mesi. Sono certo che tornerà.
Jack Wilshere 7.0: lui ormai ha inserito il pilota automatico, e non c’è prestazione che meriti almeno un 7 in pagella.
Aaron Ramsey 7.0: lui invece ha il merito di calarsi in un ruolo non propriamente suo, e lo fa con abnegazione e senso di appartenenza. Detta i tempi del centrocampo senza strafare, offrendo sicurezza e solidità.
Lukas Podolski 9.0: è la scossa che elettrizza tutto l’Emirates. Una prova a dir poco devastante, condita da una meraviglia di goal e da tre assist che mandano in goal tre nostri giocatori diversi. Il Bayern Monaco è quasi alle porte, e lui è pronto come non mai.
Andre Santos s.v: entra per la standing ovation al tedesco.
Olivier Giroud 7.0: seconda partita consecutiva dove mi è davvero piaciuto. Stavolta difende palla, consente alla squadra di risalire, segna anche due goal di pregevole fattura e dialoga con i compagni con triangolazioni di grande caratura tecnica.
Oxlade-Chamberlain s.v: ha pochi minuti disponibili, nei quali cerca senza fortuna il goal.
Arsène Wenger 7.0: va a meno quattro punti dalla sua zona di competenza.
Aggiungere altro ad un risultato così, a quei quindici minuti della ripresa dove la nostra velocità d’esecuzione ha letteralmente annichilito l’intero pacchetto degli Hammers, rende poca giustizia ad una gara approcciata e condotta dal primo all’ultimo minuto con un’intensità che avrebbe spazzato via molte, se non moltissime, squadre dell’intero globo terracqueo.
Aggiungere altro ad un risultato così, a quei quindici minuti della ripresa dove la nostra velocità d’esecuzione ha letteralmente annichilito l’intero pacchetto degli Hammers, rende poca giustizia ad una gara approcciata e condotta dal primo all’ultimo minuto con un’intensità che avrebbe spazzato via molte, se non moltissime, squadre dell’intero globo terracqueo.
Ma come detto in più di un’occasione, e come sottolineato su queste pagine, la forza dell’Arsenal noi la conosciamo molto bene, soprattutto quando gli esempi da prendere sono match come quelli di ieri sera. La differenza in classifica, invece, è stabilita da quella mancanza di continuità che c’ha fatto scivolare troppo indietro e che ancora per quest’anno ci dovrà vedere guardare chi vincerà il titolo di campione d’Inghilterra.
I numeri non mentono mai, sia quelli che ci vedono a 19 punti dallo United, sia quelli che scrivono a chiare lettere che siamo il terzo miglior attacco della Premier, la terza miglior difesa e la quarta miglior squadra nella differenza reti, il che dovrebbe significare, almeno, lottare ancora per la lotta al titolo.
Ecco perché sulla continuità, e di conseguenza sulla testa, è il lavoro che l’intero gruppo deve assolutamente continuare a svolgere, basterebbe quello per ritrovarsi, da qui ad un mese, ad essere ancora una volta tra le migliori quattro del Paese che ha inventato il calcio, per il sedicesimo anno consecutivo.
Ora la Premier andrà in letargo per una settimana, per consentire alla FA Cup di disputare il quarto turno, tra sabato e domenica, e a noi di scendere a sud, a Brighton, per strappare una qualificazione che ci proietterebbe a giocarci seriamente la coppa della Regina.
Poi, mercoledì prossimo, sarà la volta di Arsenal-Liverpool, un match che sancirà definitivamente se la cura continuità avrà avuto i suoi effetti, pronti ad inseguire un quarto posto distante ora solo 4 punti.
Sarà vitale battere il West Ham. Con queste parole, Arsène Wenger, ha chiuso la conferenza stampa post-match contro il Chelsea, evidenziando i risultati negativi di questo gennaio (in linea, purtroppo, con quello dello scorso anno) e sull’assoluta necessità di rialzare la testa il più presto possibile per non perdere terreno sull’ormai ultimo obbiettivo rimasto in Premier League: la qualificazione Champions.
Di conseguenza il match di recupero contro il West Ham (quello che doveva essere il Boxing Day) vede un solo risultato plausibile, un solo punteggio che ci garantisca una distanza dal quarto posto colmabile: la vittoria.
Credo che grinta e senso d’appartenenza a questo club la possano garantire, voglia di rimmettersi in corsa in questo finale di stagione possa spingere i ragazzi a disputare un match di puro orgoglio, che possa portare quella ventata d’ossigeno che faccia bene a tutto l’ambiente.
Per quel che concerne la formazione sento nell’aria odore di cambiamenti.
Confermato Szczesny tra i pali, sulla destra potrebbe essere giunto il momento di Jenkinson, che tanto bene aveva fatto nella prima parte di stagione salvo poi essere sostituito dal titolare della maglia: sagna. le ultime apparizioni del nazionale francese potrebbero indurre Wenger ad affidarsi nuovamente al ragazzo di origini finlandesi, scelta che sposerei in pieno. Per il restante pacchetto arretrato la soluzione Gibbs a sinistra con Mertesacker e vermaelen al centro sono le soluzioni migliori che al momento possiamo esprimere. A centrocampo saranno confermati in mediana sia Diaby che Wilshere, mentre davanti sembra certo il rientro tra i titolari di Podolski. Da decidere se sarà ancora Giroud il titolare della maglia di prima punta o se, con il rientro di Oxlade, toccherà nuovamente a Walcott posizionarsi al centro dell’attacco.
Situazione che consentirebbe a Cazorla di riposizionarsi nella zona centrale, porzione di campo dove lo spagnolo sa esaltare le sue enormi potenzialità.
Questa il mio personale undici: Szczesny; Jenkinson, Mertesacker, Vermaelen, Gibbs; Diaby, Wilshere, Cazorla; Podolski, Oxlade, Walcott.
Wojciech Szczesny 6.0: sul rigore ha la colpa di trovarsi di fronte un arbitro che fischia una scivolata. Nella ripresa salva un paio di volte, e sempre su azioni di contropiede.
Bacary Sagna 5.5: gli do l’insufficienza perché il primo tempo è davvero brutto, e nella ripresa sbaglia più volte il cross.
Per Mertesacker 6.0: alla fine Torres non lo impegna mai. In area Blues ha la palla giusta, ma Cech gli dice di no.
Thomas Vermaelen 7.5: è definitivamente tornato. Grandissima gara, sempre in tempo su ogni intervento, sempre lucido in ogni rilancio. Salva sulla linea il contropiede di Demba Ba, con un’autentica parata.
Kieran Gibbs 7.0: nella ripresa si prefigge di diventare la spina che si conficcherà sull’out destro del Chelsea, e la sua spinta consente alla squadra di essere sempre pericolosa.
Francis Coquelin 7.0: c’ha messo di tutto, per quasi un’ora. Grinta, determinazione, voglia, anche la capacità di leggere le parole di Jack quando chiedeva pressione a centrocampo.
Aaron Ramsey 6.0: entra e non demerita, dimostrando concentrazione.
Abou Diaby 6.5: più lento nei movimenti di Coq e Jack, e questo ci fa soffrire per un quarto d’ora dopo aver subito il 2-0. Cresce nella ripresa, così come tutta la squadra.
Andrey Arshavin s.v
Jack Wilshere 7.5: lui l’infortunio sembra non averlo mai avuto, un giorno mi metterò a contare quante botte prende e quante ne da. Poi esce la tecnica a la capacità di fare football, e l’Arsenal ne trae vantaggio. E’ il primo a crederci, è l’ultimo a mollare.
Santi Cazorla 6.0: come nella partita con lo Swansea, dove il secondo tempo è stato decisamente migliore del primo. Io a sinistra non ce lo vedo proprio.
Theo Walcott 7.0: lui continua a segnare. Dopo tre minuti mette Giroud nella condizione di portarci in vantaggio, poi latita un po’, ma è sempre da lui che nascono le azioni migliori. Nel secondo tempo riapre la partita.
Olivier Giroud 6.0: avesse anche le capacità di un cecchino sarebbe perfetto. Manca l1-0, di un niente, poi tanto sacrificio, qualche buona giocata, e tanta determinazione.
Arsène Wenger: il voto non glielo posso dare, perdere così non ha un giudizio.
A me sembra che la prima, chiara, netta occasione da goal l’abbiamo avuta noi, con Walcott che ha messo Giorud davanti a Cech, con tiro finito fuori di un niente.
A me sembra che la prima, chiara, netta occasione da goal l’abbiamo avuta noi, con Walcott che ha messo Giroud davanti a Cech, con tiro finito fuori di un niente. A me sembra che il loro primo goal nasca da un contropiede sviluppatosi dopo un chiaro, netto fallo su Coquelin, non sanzionato da un arbitro definito da Sky Italia, a fine partita, come bravissimo. A me sembra che la seconda, chiara, netta occasione da goal l’abbiamo avuta noi, con Cech che ha compiuto un vero e proprio miracolo sul tiro di Cazorla dai diciotto metri. A me sembra che il loro secondo goal nasca da una chiara, netta scivolata di Ramires, una situzione di gioco dove non era sanzionabile il rigore, dove non era sanzionabile la simulazione, dove si trattava di una semplice scivolata, quelle che quando fai a centrocampo nessun arbitro al mondo si sognerebbe di fischiare, tranne quello “bravissimo”. A me sembra che basti questo per spiegare il primo tempo di Chelsea-Arsenal.
Il secondo l’abbiamo visto tutti, con una sola squadra in campo che ha dominato l’avversario, intento a perdere tempo su ogni palla ferma, dimostrando timore e riverenza.
In due partite di campionato contro il Chelsea abbiamo fatto zero punti, in due partite di campionato contro il Chelsea abbiamo dominato, tranne in alcuni momenti, eppure abbiamo avuto il privilegio di sentire gli addetti ai lavori elogiare la gara dei Blues, professando come meritata la vittoria della terza/quarta squadra di Londra.
Distanze attuali dal quarto posto sette punti, con una gara da recuperare, mercoledì, in casa, contro il West Ham.
Quante volte ci siamo ritrovati, dopo una gara giocata alla grande, a scrivere di come sia possibile risalire la classifica, recuperare punti dalla vetta, iniziare ad inanellare risultati utili che possano portare continuità e morale.
Questa, come in altre circostanze, sarebbe una di quelle occasioni, nell’occasione, visto che di un derby si tratta, più importante, in casa del Chelsea.
E invece no, oggi da queste parti preferiamo non scrivere nulla, metterci seduti ed attendere il fischio d’inizio.
Non c’interessa nemmeno sapere e/o scrivere di chi scenderà in campo, trattare le voci di mercato che vedono accostare al nostro nome calciatori come Cavani o Gotze, e ancora meno redarre un pezzo sul rinnovo di contratto di Walcott.
Domani sarà Chelsea-Arsenal, neve e condizioni meteo permettendo, e questo basta per mettersi al collo una bella sciarpa con il cannone e tifare l’AFC!!!
Quante volte ci siamo ritrovati, dopo una gara giocata alla grande, a scrivere di come sia possibile risalire la classifica, recuperare punti dalla vetta, iniziare ad inanellare risultati utili che possano portare continuità e morale.
Wojciech Szczesny s.v: regala un calcio d’angolo giusto per dare un senso alla trasferta dello Swansea. mai impegnato.
Bacary Sagna 6.5: primo tempo così così, nella ripresa fa sua la fascia destra e da li nascono i pericoli maggiori per i ragazzi di Laudrup.
Per Mertesacker 6.0: capisce che nella sua zona di competenza c’ha poco da fare e allora prova sortite in avanti senza troppa fortuna.
Thomas Vermaelen 7.5: welcome back Thomas!! Gioca una grande, grandissima partita, soprattutto nel primo tempo, dove leva per due volte le castagne dal fuoco.
Kieran Gibbs 6.0: spinge come al solito, non lasciando mai niente di intentato. Dalla sua parte, però, si è manovrato meno del solito.
Francis Coquelin 6.5: lui quando viene chiamato risponde sempre presente, compresa questa occasione.
Jack Wilshere 8.5: man of the match per distacco. Gioca un match dal dinamismo prorompente, combatte ovunque, crede in ogni pallone che tocca e segna un meraviglioso goal qualificazione.
Abou Diaby 7.0: m’è piaciuto a dismisura, per tattica, condizione, voglia. Abbiamo perso Arteta ma abbiamo ritrovato Diaby.
Aaron Ramsey s.v
Santi Cazorla 6.0: primo tempo anonimo, troppo per uno come lui. Nella ripresa cresce, e tanto, dimostrando che i problemi, per ora, stanno nella testa e non nelle gambe.
Theo Walcott 6.5: il voto è per tutte le volte che si trova nel posto giusto al momento giusto, confermando una volta di più che lui è un attaccante vero, una punta su cui costruire il futuro. Peccato che Vorm, un palo e due salvataggi sulla linea gli neghino la gioia del goal. Ne avrà tenuto qualcuno per Stamford Bridge?
Olivier Giroud 6.5: e bravo Olivier, questa sera mi sei piaciuto davvero tanto. Combatte su ogni pallone, difende palla come mai gli avevo visto fare, fa sponde interessanti per i compagni, compresa quella che manda in goal Wilshere.
Arsène Wenger 7.0: ridà mentalità alla squadra, schierando praticamente la formazione più titolare possibile. Crede nella qualificazione che alla fine arriva, meritatamente, strameritatamente.
Ci sono partite, stagioni, momenti in cui la palla non la metti dentro nemmeno se ce la porti con le mani, ed è quanto stava accadendo ieri sera all’Emirates Stadium, dove salvataggi sulla linea di porta, parate incredibili di Vorm e legni stavano portando il replay del terzo turno di Fa Cup ai tempi supplementari, naturalmente sullo 0-0.
Ci sono partite, stagioni, momenti in cui la palla non la metti dentro nemmeno se ce la porti con le mani, ed è quanto stava accadendo ieri sera all’Emirates Stadium, dove salvataggi sulla linea di porta, parate incredibili di Vorm e legni stavano portando il replay del terzo turno di Fa Cup ai tempi supplementari, naturalmente sullo 0-0.
Poi il lampo, nel cielo sereno sopra Londra, che ha fatto letteralmente impazzire di gioia Jack Wilshere e tutti i presenti, compreso Wenger, alzatosi dalla panchina sorridente e con i pugni chiusi in segno di vittoria.
Ci voleva una serata così, una di quelle serate che fanno bene al cuore, al morale, agli occhi. L’Arsenal visto ieri sera è sembrato nuovamente quello capace di ogni cosa, padrone del campo, dell’inerzia del gioco, superiore nella testa, nella capacità di andare avanti, nonostante circostanze che avrebbero abbattuto un toro.
Con il risultato di ieri sera, con la qualificazione al quarto turno della Coppa d’Inghilterra, il nostro calendario agonistico aumenterà il numero degli impegni, e questi ultimi dieci giorni di gennaio ci vedranno impegnati per ben quattro volte: tre in campionato, rispettivamente contro Chelsea, West Ham e Liverpool, e nel quarto turno di Fa Cup in casa del Brighton.
Cosa ci manca per diventare una squadra competitiva su ogni fronte è ormai evidente: la continuità.
In queste ultime settimane s’è discusso tanto sul mercato in entrata, sulla possibilità di inserire in squadra nuovi elementi che possano portare qualità e risultati. Nelle parole di Wenger espresse in conferenza stampa è uscito ciò che penso da tempo: questa squadra sta bene così, abbiamo gli uomini giusti per competere a grandi livelli, e non è il “mercatino” di gennaio che può cambiare le carte in tavola.
Quindi poche cazzate, abbiamo una squadra che in molti se la sognano, abbiamo elementi che giocherebbero titolari nei più grandi Club europei. Poi, però, ci sono i 21 punti di distanza dalla testa della Premier e gli attuali 6 (con una gara da recuperare) dall’ultimo posto utile per la qualificazione Champions. Numeri che la dicono lunga sul perché navighiamo troppo spesso a vista senza avere fino in fondo presente di quali forze disponiamo.
Poi ci sono altri numeri, che comprendono avere il quarto miglior attacco della Lega, la terza miglior difesa, l’aver subito solo cinque sconfitte. Ecco dunque che l’obbiettivo sul perché stiamo vivendo una stagione in chiaro-scuro va individuato nella continuità di rendimento, quella che c’ha portato ad inanellare ben 7 pareggi e appena 9 vittorie, se il confronto si basa con le squadre che ci precedono in classifica.
Una continuità venuta meno in gare che avrebbero, invece, dovuto proiettarci in una zona di classifica ben più consona rispetto alla quarta miglior differenza reti della Premier.
E’ qui che bisogna lavorare, è qui che bisogna migliorare. Basti pensare a gare come quella di ieri sera, a partite come quelle contro gli Spurs, contro il Newcastle, che viene spontaneo affermare che con quell’atteggiamento, con quello spirito, con quella determinazione e con quel gioco espresso la nostra classifica sarebbe senza dubbio un’altra, e che così facendo non c’è avversario che non saremmo in grado di battere.
Domenica andremo a Stamford Bridge, e la parola d’ordine sarà continuità, e gli ingredienti per far si che il match di ieri non rimanga una meteora saranno determinazione, concentrazione, spirito di squadra, voglia.