..."Rock won't eliminate your problems, but it will sort of let you dance all over them"

martedì 31 marzo 2009

LE COSE NON CAMBIANO/3

Il leader dei talebani del Pakistan, ha rivendicato la responsabilità di un attacco su una accademia di polizia nella zona orientale della città pakistana di Lahore.
Baitullah Mehsud ha detto che il suo gruppo ha effettuato l'attacco, che ha lasciato almeno otto poliziotti morti, e il voto di lanciare un attacco a Washington DC, negli Stati Uniti.
"Presto ci sarà un attacco a Washington, che stupirà tutti nel mondo".

QUELLA VOLTA A BERLINO

L’agenda del viaggio di Obama in Europa - il primo da presidente - è un put-pourry di ricette per l’economia, richieste militari, aperture sul clima. Una quantità di appuntamenti da far rabbrividire il più navigato dei maestri cerimonieri. In poco più di una settimana Obama incontrerà praticamente tutto l’establishment mondiale. Si sta muovendo con un codazzo di 500 persone al seguito e, secondo il "Mirror", spenderà qualcosa come 20 milioni di sterline: la stessa cifra che è servita per organizzare il G20. Per chi avesse qualche dubbio sul declino degli Usa ecco la prima smentita.
C’è l’Air Force One che può sfondare le difese radar del nemico e “The Beast”, la bestia, la Cadillac nera del presidente rinforzata in titanio. E poi c’è lei, Michelle, la first-lady attesa alla prova del fuoco. Sarà una nuova Jacqueline Kennedy o dovrà accontentarsi di non sbiadire accanto a madame Carla Bruni? E' una questione di stato; in gioco è lo stile della nuova coppia presidenziale. Per evitare altre sorprese, stile 11 Settembre, i servizi segreti stanno bonificando il bonificabile. Ricognizioni, ispezioni e test sull’aria respirata dalla coppia presidenziale. Appena sbarcato nel Londonistan, Obama raggiungerà l’ambasciata americana in elicottero, non si sa mai.
Quando arrivò a Berlino in campagna elettorale ...continua

MILANO TROTTO: MARTEDI' 31 MARZO 2009

Martedì l’ippodromo del Trotto presenta una gran bella giornata di corse ed il centrale ne è la conferma. Prima di trattare la prova ad invito sul miglio aperto agli esteri, parliamo dell'invito sul doppio chilometro per i "giovanissimi" di tre anni.
Lo scorso anno (era l'11 aprile) in un'identica prova primeggiò una certa Lana del Rio (era il Premio Pienza), aprendo una striscia di vittorie che la portò dritta a vincere il Derby capitolino. Saranno in dodici che cercheranno di imitare il cammino della figlia di Varenne, con almeno 5/6 soggetti in grado di primeggiare, in una corsa che sa gia di prova classica. La vittoria in quel di Torino di Minero As ha lasciato un'ottima impressione per il figlio di Lemon Dra, oggi chiamato a confermare quella prestazione. Gli altri che avranno chance saranno Master di Azzurra in pole position e al rientro dopo il Gran Premio Allevatori; il "bareggino" Magasso Jet periziato alla grande; Maluenda e Mirror Grif autori di ottima prova entrambi all'ultima uscita.
La prova di maggior dotazione della giornata sarà dunque l'invito della sesta corsa. Tra i cavalli che si avvieranno dietro le ali della macchina rientra dal Locatelli la primatista assoluta delle piste italiane, Gironda As. La figlia di Lemon Dra che ha cancellato Varenne dal libro dei record, oltre alla sensazionale prestazione cronometrica, ha ottenuto la piazza d’onore nel Grassetto di Filipp Roc e nel Campo Mirafiori di Giuseppe Bi. Insidioso avversario per l’allieva di Baroncini, che verrà guidata da Marcello De Nicola, è Geresto Dei. Il figlio di Uronometro, che rientra dalla Coppa Milano del Novembre scorso, ha frequentato il circuito per gli anziani di prima categoria, andando a segno nel Città di Treviso. Nonostante la brutta posizione d’avvio al largo della prima fila Genarelay Like resta su due vittorie che lo segnalano in grande forma e con chance evidente. Altro cavallo che resta su una vittoria è Iron Power che avrà in sulky Pietro Gubellini, da seguire sempre con attenzione, ma in molti hanno buona chance come Glamour Effe alla ricerca della forma migliore, Gabella Dj in grande ordine, Il Sogno Kyu che affronta gli anziani forte dello steccato ed Evergreen Aa, che per la sua lestezza iniziale rivestirà un ruolo tatticamente fondamentale nella corsa.

GUARDARE AL FUTURO CON IL SOSTEGNO DEI GIOVANI

Sanremo come Amsterdam. La floricoltura ligure si modernizza e tenta il passaggio dalla vendita individuale a quella aggregata sul mercato, come avviene da tempo in Olanda, patria dei più temibili competitori del settore. Era il 24 novembre 2008, quando alla consueta contrattazione tradizionale all’araba si aggiunse il sistema di vendita dei fiori all’asta al mercato dei fiori di Sanremo.
Gestito dall'Ucflor, cooperativa di produttori, il mercato sanremese è il più grande dell'Europa meridionale e dell'area mediterranea. Situato nella valle Armea, tra Sanremo e Arma di Taggia, è una struttura dotata di tutti i servizi necessari alla commercializzazione: un'area totale di circa 120mila metri quadri, con 20mila metri quadri coperti da 62 magazzini e una sala contrattazioni, dove ogni giorno vengono eseguiti il controllo della qualità della merce e la rilevazione dei prezzi dei fiori e delle quantità affluite. Qui operano 450 aziende di commercio all'ingrosso e 150 di esportazione, che trovano una gamma completa di fiori recisi (circa 130 specie), fronde verdi, fiorite, con frutto e foglie tipiche dell'area mediterranea (circa 170 specie).

MODIFICHE REGOLAMENTO 2009

Sabato scoso il Presidente della FIM, Vito Ippolito, ed il CEO della Dorna, Carmelo Ezpeleta, hanno indetto sul circuito di Jerez de la Frontera una conferenza stampa per evidenziare i punti chiave della riduzione dei costi che coinvolgerà già da quest'anno il circus della MotoGP.
5 MOTORI A STAGIONE - A partire dal Gran Premio di Repubblica Ceca (incluso), ciascun pilota potrà usare un massimo di 5 motori fino alla fine del campionato, avendo a disposizione 8 giornate di test in totale.
MENO ELETTRONICA - Sotto il profilo tecnico saranno vietati materiali ceramici compositi per la costruzione di freni e pastiglie ed ogni intervento sulla pressione del sistema idraulico. No anche agli aiuti elettronici per le partenze e le sospensioni. Un altro divieto riguarda inoltre l'utilizzo dell'EGR (Exhaust Gas Recirculation) usato per ridurre le temperature del ciclo dei gas di scarico per ridurre le emissioni di ossidi di azoto.
TEST POST-GP - Entrambe le parti hanno concordato due sessioni di test post-gara, la prima delle quali si svolgerà a Barcellona il prossimo 14 giugno, seguita dall'altra a Brno il 16 agosto.
Ecco, infine, i nuovi orari nei week-end di gara:
venerdì
  • 13.05-13.45 125cc Prove libere 1
  • 14.05-14.50 MotoGP Prove libere 1
  • 15.05-15.50 250cc Prove libere 1

sabato

  • 09.05-09.45 125cc Prove libere 2
  • 10.05-10.50 MotoGP Prove libere 2
  • 11.05-11.50 250cc Prove libere 2
  • 13.05-13.45 125cc Qualifiche
  • 14.05-14.50 MotoGP Qualifiche
  • 15.05-15.50 250cc Qualifiche

domenica

  • 08.40-09.00 125cc Warm-up
  • 09.10-09.30 250cc Warm-up
  • 09.40-10:00 MotoGP Warm-up
  • 11.00 125cc gara
  • 12.15 250cc gara
  • 14.00 MotoGP gara

lunedì 30 marzo 2009

RIPRENDERSI IL FUTURO

Il calcio italiano è stato fregato dal suo stesso sistema, che ha lasciato i debiti da pagare, una cultura che fa pena ed un grado di competizione agonistica che lo esclude. Oltre che fottuto, però, pare che qualcuno tenga a farlo apparire anche vergognoso.
Facciamo attenzione: Il presidente della Lega Calcio dice: “…in Europa, tolti i diritti tv, non siamo neanche fra le prime dieci Leghe. I nostri stadi fanno vergogna. Abbiamo perso la gara per il 2012 (gli Europei assegnati a Polonia e Ucraina, ndr) perchè facevamo vergogna”. Ma afferma: “…il campionato funziona, noi funzioniamo” . Qualcosa non quadra.

ALLEANZE ED ULTIMATUM

Saltano le teste degli ad di Gm e Peugeot. Intanto, la task force, voluta dall’amministrazione Obama per monitorare la situazione del comparto automobilistico americano, respinge i piani di ristrutturazione dei due colossi di Detroit General Motors e Chrysler ammonendo che entrambe potrebbero essere avviate verso il fallimento per far fronte ai debiti. Ma il presidente americano, Barack Obama, accorda ulteriore ossigeno ai colossi di Detroit affinché non scompaiano: "Questo settore è emblema dello spirito americano".
Pressing stretto anche su Chrysler che, secondo la Casa Bianca, "ha bisogno di un partner" per sopravvivere. Proprio per questo Obama ha concesso alla più piccola delle tre sorelle di Detroit 30 giorni per finalizzare un accordo con Fiat: "Se saranno in grado di raggiungere un accordo solido che protegge i consumatori americani, considereremo al concessioni di 6 miliardi di dollari". Tuttavia, ha continuato Obama, "se un tale accordo non sarà raggiunto, e in assenza di un’altra partnership, non saremo in grado di giustificare investimenti di ulteriori fondi dei contribuenti per tenere Chrysler in attività". "Recentemente - ha spiegato il presidente - Chrysler ha cercato e trovato un potenziale partner, la compagnia automobilistica internazionale Fiat, dove l’attuale management è riuscito ad imprimere una svolta impressionante" alla società, riportandola in prima linea nel settore. Obama ha ricordato che "Fiat è pronta a trasferire la sua tecnologia di punta alla Chrysler e, dopo aver lavorato in stretta collaborazione con il mio team, si è impegnata a costruire nuove auto a basso consumo di carburante e motori qui in America". L’inquilino della Casa Bianca ha aggiunto che "abbiamo anche raggiunto un accordo in modo da garantire che la Chrysler rimborserà i contribuenti per tutti i nuovi investimenti che saranno stati fatti prima che la Fiat venga autorizzata a prendere una quota di maggioranza nella Chrysler".

CI HA MESSO POCO/8

A new and potentially worrisome fight for power and control has broken out in Baghdad as the United States prepares to pull combat troops out of Iraq next year.
The struggle, which played out in fierce weekend clashes, pits two vital American allies against each other.
On Sunday, Iraqi soldiers backed by US combat helicopters and American troops swept into a central Baghdad neighborhood, arresting US-backed Sunni fighters in an effort to clamp down on a two-day uprising that challenged the Iraqi government's authority and its efforts to pacify the capital.

AMICI ASSOLUTI

Consigliato da un amico, lo proponiamo immediatamente.
“Amici assoluti” racconta un’amicizia che attraversa quarant’anni di storia, che nasce nella Berlino dei moti studenteschi, che continua negli anni della Guerra Fredda, che si perde e si ritrova. Nella Berlino divisa da un muro, nel 1969, Ted, giovane militare di nobile famiglia, salva casualmente la vita a Sasha, un leader studentesco che lotta per la libertà della Germania. I due giovani, provenienti da realtà così diverse, stringono un’amicizia “assoluta” ed indissolubile. Anche durante gli anni della Guerra Fredda, quando si trovano a lavorare come spie doppiogiochiste dai due lati opposti della barricata, riescono a tenere nascosta la loro amicizia e a coltivarla e rinforzarla nel corso degli anni. Dopo essere riusciti a superare quel periodo difficile, proprio la pace e il Nuovo Ordine Mondiale sono in grado di incrinare il loro legame. Fino a quando Sasha, ormai sessantenne, richiama l’amico per un ultimo lavoro segreto...

STRAGE IN UNA MOSCHEA PAKISTANA

...Obama stia attento al suo consigliere che già rovinò Carter.
Settanta musulmani straziati da un kamikaze in una moschea di Jamrud, nella provincia di Khyber in Pakistan. Una notizia atroce, ma seriale, un dejà vu. Di quante migliaia di vittime abbiamo già letto in questi ultimi anni? Ma questa strage merita più attenzione, perché spiega tutto e smentisce tutte le teorie che vogliono il terrorismo islamico come “reazione”, sbagliata, a “colpe” dell’Occidente. Teorie che ora circolano –ahimé- anche alla Casa Bianca. La notizia di Jamrud infatti, va scritta così: titolo “50 musulmani uccisi da musulmani”, occhiello, “Kamikaze entra in una moschea, guarda negli occhi i correligionari e ne fa strage nel momento più sacro del culto perché “apostati”. Nell’articolo, infine, va spiegato che in quella regione non si è mai visto un americano, né un israeliano e che i musulmani di Jamrad sono stati sterminati perché “apostati” per avere negato appoggio ai Talebani pakistani. Stessa, identica motivazione alle stragi di 50-80.000 musulmani algerini da parte dei musulmani terroristi dal 1991 a oggi (di nuovo, in assenza assoluta di americani o israeliani). L’attentato di Jamrud, come decine di attentati in moschee precedenti, spiegano che il terrorismo islamico è innanzitutto vicenda interna all’Islam, e se si guarda alle più di 100.000 vittime del terrorismo islamico (includendovi l’Algeria), si nota che il 98%, al minimo è composto da musulmani e che americani, israeliani e europei sono al stento il 2%. Il dramma è che questo carattere non “reattivo” del terrorismo islamico, comporta conseguenze che sfuggono al mondo progressista e soprattutto all’amministrazione Obama. La prima è che l’eventuale nascita dello Stato di Palestina non avrà nessun influenza sul terrorismo islamico che ha dinamiche innanzitutto interne alla umma. La seconda è che vi è un rapporto biunivoco tra la presa del fondamentalismo islamico e il terrorismo islamico. E qui Obama rischia il disastro. Il New York Times ha infatti appena rivelato che i Talebani pakistani sono sostenuti da ufficiali dei Servizi pakistani. Notizia che riporta alle responsabilità di un consigliere molto ascoltato di Obama. Zibgniew Brzezinski che nel 1977 convinse Carter ad appoggiare il golpe in Pakistan del generale Zia ul Haq che riformò lo stato seguendo all’ideologia del “Khomeini sunnita”, al Mawdudi, e lo trasformò in uno stato fondamentalista (l’apostasia vi è punita con la morte, così come la blasfemia). Brzezinski, insomma è corresponsabile politico pieno della presenza ai vertici dei Servizi pakistani di complici dei Talebani, proprio perché non ha afferrato il nesso tra il fondamentalismo dei generali che appoggiò nel 1977 (che impiccarono il padre di Benazir Bhutto) e i terroristi da loro protetti (furono quei generali a “inventare” i Talebani in Afghanistan).
In questa strage, dunque, tutto si condensa: ...continua

OBAMA IS WRONG


Ne abbiamo parlato qui, e prendendo spunto da "camillo" osserviamo che la copertina di Newsweek è dedicata allo strano caso di Paul Krugman, premio Nobel e censore del bushismo, diventato il più solido contestatore delle politiche economiche del presidente.

domenica 29 marzo 2009

TEST DI JEREZ

Nell'ultima sessione di preparazione al BMW M Award, Casey Stoner si impone in sella alla sua Ducati Desmosedici GP9 scendendo sotto il muro dell'1'40"0 con un "best lap" di 1'39"804.
L'ex campione del mondo australiano ha tenuto a distanza il duo del Fiat Yamaha Team con Jorge Lorenzo secondo e Valentino Rossi terzo, rispettivamente a 4 e 5 decimi di distacco.
Ben tre italiani nella Top 5, con Loris Capirossi e Andrea Dovizioso che seguono Rossi.
Il pilota Suzuki è ad un passo dai migliori, mentre il nuovo arrivato in casa Repsol Honda accusa ancora un ritardo notevole da Stoner.
Bene Vermeulen e Hayden, rispettivamente sesto e settimo, benissimo Marco Malandri con l'Hayate Racing ottavo (1'41"207) che precede Sete Gibernau (Grupo Francisco Hernando) e Colin Edwards (Monster Yamaha Tech3).
Pochi minuti dopo l'inizio del BMW M Award sul circuito spagnolo di Jerez de la Frontera, Casey Stoner ha fatto segnare subito il nuovo record del tracciato spagnolo bloccando le lancette dei cronometri sull'1'39"179.
Inutili i tentativi di rimonta da parte di Rossi e Lorenzo che si sono dovuti accontentare rispettivamente della seconda e terza posizione anche a causa dell'interruzione anticipata delle prove per colpa della pioggia.
La sessione è stata fermata a 15 minuti dal termine in seguito ad una brutta caduta che ha visto protagonista il pilota inglese del team Tech 3, James Toseland. L'ex pilota Superbike ha sbattuto violentemente contro l'asfalto restando per diverso tempo immobile all'altezza della curva 5. Fortunatamente, dopo un controllo in Clinica Mobile, non sono stati evidenziati gravi danni.
Riprese le prove, la classifica dei tempi si è chiusa dunque con Stoner al comando davanti a Rossi, Capirossi e Lorenzo. Quinto posto per Chris Vermeulen seguito da Kallio, Dovizioso e Sete Gibernau.
A completare la Top 10 ci pensano invece lo spagnolo Toni Elias ed il texano Colin Edwards. 11esimo e 12esimo miglior tempo infine per Nicky Hayden e Marco Melandri.

CI HA MESSO POCO/7

Non siamo in Afghanistan per controllare il paese o decidere del suo futuro: siamo in Afghanistan per fronteggiare un nemico comune che minaccia gli Stati Uniti d’America”. Non usa mezzi termini, Barack Obama.
Nel presentare l’attesa strategia per l’Afghanistan della nuova amministrazione, il presidente richiama gli americani agli impegni presi dopo l’11 settembre 2001: cacciare i talebani dall’Afghanistan, costi quel che costi. Nuove truppe, dunque, e nuovi addestratori per l’esercito afgano: uno sforzo riportare Afghanistan (e Pakistan) alla tranquillità. E per evitare un nuovo grande attentato su cui, secondo l’intelligence, al-Qaeda continuerebbe a lavorare indisturbata.
Il piano strategico sull’Afghanistan illustrato dal presidente parte da un semplice presupposto: “La situazione è sempre più pericolosa. Sono passati più di sette anni dalla cacciata dei talebani, ma la guerra continua e gli insorti controllano parti dell’Afghanistan e del Pakistan”. Sotto minaccia, però, non sono solo le truppe sul campo. Nel passaggio cruciale del suo discorso, infatti, Obama ha delineato uno scenario che riporta dritti all’11 settembre 2001: “Diverse valutazioni da parte dell’intelligence mettono in luce come al-Qaeda, dai suoi rifugi in Pakistan, stia attivamente pianificando attentati negli Stati Uniti”. Obiettivo degli Stati Uniti, di conseguenza, sarà quello “distruggere, smantellare e sconfiggere al-Qaeda in Afghanistan e in Pakistan, e di prevenire un loro ritorno negli anni futuri”.
La strategia della nuova amministrazione Obama prevede che l’esercito americano lavori maggiormente all’addestramento delle truppe locali. Solo con un esercito afgano più grande e preparato, infatti, gli Stati Uniti potranno gradualmente pianificare una exit strategy. Sul piano numerico, l’approccio di Obama si tradurrà in 4.000 nuovi soldati adibiti all’addestramento: “Accelereremo il nostro sforzo per creare un esercito afgano con 134.000 unità e una forza di polizia con almeno 82.000 unità” ha dichiarato il presidente, “in modo da affidare sempre più la responsabilità della sicurezza alle forze locali”.
Gli Stati Uniti, però, non dimenticano le difficoltà sul campo: l’addestramento delle truppe locali, infatti, sarà affiancato da un incremento della lotta ai talebani. E a fare scuola, in questo frangente, resta il surge iracheno guidato vittoriosamente dal generale Petraeus: 17.000 nuovi marines “porteranno la lotta nel sud e nell’est, e ci daranno una più ampia possibilità di agire insieme alle forze di sicurezza dell’Afghanistan e dare la caccia agli insorti lungo il confine”. L’incremento delle truppe, ha continuato Obama, “servirà anche a dare più sicurezza in vista delle importanti elezioni presidenziali del prossimo agosto”.
A supporto della strategia di Obama sono giunte le rassicurazioni del generale Richard Dannatt, capo delle forze armate britanniche: secondo quanto dichiarato al “Times”, anche Londra sarebbe pronta ad incrementare le proprie truppe in Afghanistan. Dall’Italia, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha annunciato l’invio di circa 200 uomini entro giugno: “Se non c'è sicurezza, non ci possono essere né pace né un processo elettorale sicuro” ha dichiarato il ministro, “ed ecco perché l’Italia intende seriamente contribuire con un battaglione supplementare per le elezioni”.
La collaborazione con i paesi alleati, nei piani di Obama, sarà fondamentale per la vittoria in Afghanistan: “Insieme alle Nazioni Unite creeremo un gruppo di contatto per l’Afghanistan e per il Pakistan” ha annunciato il presidente, “il cui scopo sarà quello di coordinare tutti coloro che hanno ruolo nella sicurezza della regione”.
In linea con quanto dichiarato nel corso della campagna elettorale, il presidente degli Stati Uniti ha dedicato ampi stralci del suo discorso al ruolo del Pakistan: “Il futuro dell’Afghanistan è inestricabilmente legato a quello del suo vicino, il Pakistan”.
Il confine tra i due paesi, dove secondo l’intelligence trovano rifugio gran parte dei terroristi della regione, “è diventato per gli americani il posto più pericoloso del mondo”.
Insieme alle armi, sarà dunque la diplomazia a dover garantire l’impegno pakistano nella lotta ad al-Qaeda: il presidente Asif Ali Zardari, secondo l’amministrazione americana, è troppo debole per tenere sotto controllo l’esercito e i potentissimi servizi segreti del paese. A preoccupare gli Stati Uniti, però, è anche il fragile equilibrio interno ad Islamabad: a Jamrud, questa mattina, un kamikaze si è fatto esplodere all’interno della moschea. Bilancio: almeno 70 morti, e l’ennesima prova di forza del terrorismo all’interno dei confini pakistani.
Almeno a parole, però, Islamabad sembra aver ben recepito il messaggio di Obama. Intervistato dalla Reuters, il ministro degli Esteri pakistano Shah Mehmood Qureshi ha dichiarato che “la strategia della nuova amministrazione Obama è molto positiva, in quanto guarda ad un approccio regionale alla situazione afgana”.
Il Pakistan vorrà giocare un ruolo attivo e costruttivo, perché la nostra sicurezza è legata a quella dell’Afghanistan” ha concluso il ministro: parole già sentite in passato, ma mai seguite da una reale messa in pratica. Parole di apprezzamento sono giunte anche dall’ambasciatore pakistano negli Stati Uniti: secondo Husain Haqqani, “il Pakistan trova estremamente positivo che l’amministrazione Obama voglia riesaminare la sua politica nei confronti della nostra regione”.
Dall’Afghanistan, intanto, giungono pareri divergenti. Per Nasrullah Stanakzai, analista e professore di scienze politiche, “l’idea di rafforzare la polizia e l’esercito è molto positiva”: “Dopo sette anni, gli Stati Uniti hanno riconosciuto che l’Afghanistan non è la base del terrorismo”.
Secondo Shukria Barakzai, membro del parlamento, aumentare le truppe servirà invece a poco: gli Stati Uniti dovrebbero focalizzarsi piuttosto sugli aiuti umanitari. Se la strategia avrà successo, si vedrà solo nei prossimi mesi. Per dirla con Ike Skelton, “non ci sono garanzie di successo con questa strategia: ma non avere una strategia, come non l’abbiamo avuta negli ultimi otto anni, è certamente una garanzia di insuccesso”.

venerdì 27 marzo 2009

LE CHIAVI DELLA LEGGENDA

Ringrazio i media, che ci offrono la possibilità di suggerirgli di cosa, loro e quelli come loro, devono vergognarsi. Non si cruccino, non serve che siano loro a riconoscere l’aborto giuridico di calciopoli, e dei “calciopolisti”. Quelli “internazionali”, che applaudirono il vincere senza rubare, con la persecuzione di Iuliano, che tanto piaceva a Moratti, e quelli nostrani, che giudicarono e occultarono. Aveva ragione Biagi, a scrivere che, ancora oggi, era temerario raccontare di una vicenda che ne stava nascondendo altre. Fu, del resto, tutto talmente veloce che si applaudì alla celerità, senza valutare i diritti. Gli onesti esultarono, accusarono, insultarono.
Dissero: non hanno rispettato le regole. Autobiografico, come sempre.
Non importa, la storia è lì, i fatti e la loro viltà incancellabili. Ma i media, come il sistema ed i suoi protagonisti, non devono vergognarsi (solo) per quel che hanno fatto durante i giorni di Calciopoli, ma per quello che hanno costruito attorno alla vicenda.Paparesta fu l’arbitro di Reggina-Juventus, la partita delle chiavi dello spogliatoio, quella che i quotidiani titolarono: Moggi: “Ho chiuso Paparesta negli spogliatoi”.

DOMANDE ALLA CASA BIANCA

The President introduces a new tool on WhiteHouse.gov, "Open for Questions," which will allow you to submit your questions on the economy and vote on those submitted by others. The President pledges to answer some of these questions during an online town hall on Thursday, March 26, 2009.

MILANO TROTTO, VENERDI' 27/03/09

Pronostici convegni

giovedì 26 marzo 2009

IN AMERICA QUALCUNO STORCE IL NASO

Sono bastati "solo" sessantasei giorni perchè Obama ricevesse i primi veri, duri, attacchi sparati da una delle roccaforti più ortodosse della “rivoluzione obamiana”.
Paul Krugman, Columnist per il New York Times, dalla "Coscienza di un liberale" scrive di una vittoria delle idee degli zombie, parlando del piano di salvataggio delle banche.
L'amministrazione Obama sposa l'idea che non c'è niente di fondamentalmente sbagliato nel sistema finanziario, idee condivise da Tim Duy secondo il quale non ci sono cattive attività.
La tesi del Columist, molto radicale, tende a mettere in risalto la gravità della crisi finanziaria, evidenziando come la cura Geithner non è sufficiente, anzi, affermando che quando il piano fallirà, l'amministrazione non sarà in grado di tornare al Congresso per un piano che possa effettivamente funzionare.
Secondo Krugman è arrivato il momento di nazionalizzare le banche, visto che questo piano produrrà grandi benefici per le banche che non hanno effettivamente bisogno di aiuto.
Dal suo blog, Krugman, si domanda: "Non si accorge, il Tesoro, che tutte queste proposte sono identiche? O se ne accorgono, ma sperano che nessuno se ne accorga? Sono stupidi, o credono che gli stupidi siamo noi?".
In settimana dallo stesso NYT sono arrivati altri attacchi all'amministrazione Obama, visto il continuo tentennare di fronte ad una tematica che lo stesso Barack Obama aveva definito prioritaria.
L'America e Obama si trovano prima del previsto davanti ad un bivio: la vittoria elettorale dello scorso novembre con paillettes e lustrini sembra oramai lontana, mentre la crisi sempre più viva. Alcuni si sono cominciati a domandare se la luna di miele sia già finita oppure deve ancora cominciare, certo è che per Maureen Dowd le cose appaiono già abbastanza chiare: "...The tableau of Michelle Obama hoisting a pitchfork on Friday with her sinewy arms and warning that the commander in chief would be commandeered into yard work left me wondering if the wrong Obama is in the Oval".

GIA' FINITA LA LUNA DI MIELE?

Geithner sta iniziando a diventare il Rumsfeld di Obama”. Lo scrive Markos “Kos” Moulitsas, il più potente e spietato dei blogger della sinistra americana.
Hanno vinto le idee degli zombie – sentenzia il von Hayek dei neokeynesiani, parlando del piano di salvataggio delle banche che da lì a qualche ora sarebbe stato salutato con il rialzo di Wall Street e di tutte le borse mondiali – e l’insistenza con cui si insiste a presentare lo stesso piano, soltanto con qualche cambiamento estetico, è fastidiosa di per sé. Non si accorge, il Tesoro, che tutte queste proposte sono identiche? O se ne accorgono, ma sperano che nessuno se ne accorga? Sono stupidi, o credono che gli stupidi siamo noi?”. Sulle colonne del New York Times, ci pensa un Paul Krugman fresco di Nobel a gettare benzina sul fuoco.
Thomas Friedman mette addirittura in dubbio il dogma principale della fede obamiana: la sua “leadership ispirata”, accusando il presidente di aver tradito la sua mission populista nello scandalo dei bonus AIG.
Maureen Dowd si spinge oltre. E si chiede se nello Studio Ovale non ci sia finito l’Obama sbagliato, visti i perenni tentennamenti di Barack e il mascolino decisionismo di Michelle (che aveva appena dichiarato di voler “costringere” la famiglia a una dieta vegetariana).
Frank Rich se la prende con il vacuo presenzialismo televisivo del presidente e si chiede se non sia arrivato un “momento Katrina” per l’amministrazione democratica.
Conclude la sinfonia un editoriale non firmato, che richiama con durezza Obama a mantenere le sue promesse elettorali, ripristinando quella “rule of law” sciaguratamente fatta a pezzi da George W. Bush e Dick Cheney.
Quattro attacchi pesantissimi in un solo giorno. Quattro missili terra-aria sparati da una delle roccaforti più ortodosse della “rivoluzione obamiana”. Quattro richiami all’ordine da parte di una sinistra progressive – o nel migliore dei casi liberal – per una Casa Bianca che inizia a mostrare segni di insofferenza nei confronti delle élite mediatiche e della base populista che hanno costruito la vittoria elettorale dello scorso novembre.
“La luna di miele è già finita?”, come si chiede il sondaggista John Zogby commentando la prima scivolata di Obama al di sotto del muro del 50%, oppure è appena iniziata?

mercoledì 25 marzo 2009

CIAO GIOVANNI

...

SORRISI E BALLE

Calciopolisti di tutto il mondo unitevi, che trionfi il luogo comune. Vi accorgerete che non esiste un calcio più credibile di quelli già visti. Commuovetevi pure, ma quando vi saranno passati i lucciconi provate a ragionare: tutto quello che ha portato l’estate del 2006 è finito il giorno delle sentenze. La sua pelle, quella del calcio, è rimasta la stessa di prima, anzi, peggio di quella che venne descritta come una vergogna tutta italiana. Ci dicono che in due anni il calcio italiano ha recuperato credibilità. Balle. Ci dicono che ci sono motivi d'orgoglio se ripensiamo alle ultime due stagioni. Altre balle. Fra quello che è stato il periodo pre-calciopoli e tutto quello che ne è seguito le differenze sono abissali, praticamente agli antipodi.

martedì 24 marzo 2009

WAR-GAME

CBS’s Chip Reid jots the gist of his questions on a legal pad. CNN’s Ed Henry writes them word for word on white paper torn from the notebook he’s using, so there’s no danger of cards dropping to the ground. Fox’s Major Garrett has three word-for-word questions and three “concept questions” in reserve.
ABC's Jake Tapper comes with about a dozen questions, including ones he's gathered from colleagues, bosses, his blog and Twitter.

FUOCO AMICO

"Fuoco amico” l’ha definito la rivista The Politico. E’ l’attacco arrivato dagli editorialisti del New York Times (e non solo) contro l’Amministrazione Obama. Ex fan ferventi, ora sono i più ferventi dei disillusi. Paul Krugman, Maureen Dowd, Thomas Friedman e Frank Rich non hanno fatto sconti al modo in cui il presidente sta affrontando la crisi economica. Il Time ha pubblicato anche un editoriale molto critico sulla politica di sicurezza nazionale di Obama, giudicata sotto alcuni aspetti “troppo vicina” a quella di Bush. Il più duro è stato Frank Rich, l’editorialista dalla carriera recente caratterizzata dall’antibushismo militante. Il suo articolo di domenica, “E’ arrivato il momento Katrina?”, si chiede se la presidenza Obama sia già arrivata al punto di svolta negativa, che per Bush fu appunto la gestione dell’uragano Katrina: “Una visita piacevole da Jay Leno non sistemerà le cose. ..continua

FOTO DEL GIORNO


Obama, mano tesa all'Iran: la vignetta di Stephff

lunedì 23 marzo 2009

CALCIOPOLI: SI RIPARTE DA NAPOLI

L’aula bunker di Poggio Reale ospiterà il dibattimento della prima udienza di calciopoli, dopo lo slittamento di gennaio a causa di un difetto di notifica.
Oltre a Moggi, sono imputati Marcello Ambrosino, Paolo Bergamo, Paolo Bertini, Enrico Ceniccola, Antonio Dattilo, Massimo De Santis, Andrea Della Valle, Diego Della Valle, Mariano Fabiani, Maria Grazia Fazi, Pasquale Foti, Silvio Gemignani, Claudio Lotito, Gennaro Mazzei, Innocenzo Mazzini, Leonardo Meani, Sandro Mencucci, Pierluigi Pairetto, Claudio Puglisi, Salvatore Racalbuto, Pasquale Rodomonti, Ignazio Scardina e Stefano Titomanlio.
Si procederà alla costituzione delle parti civili e dovranno essere prese decisioni sulle intercettazioni e sugli innumerevoli testimoni citati dalla difesa e dall’accusa. I legali di L. Moggi hanno preannunciato la richiesta di un'eccezione di competenza territoriale.
Anche la Juventus entrerà nel processo, presenterà una memoria difensiva, chiamata a rispondere per responsabilità civili degli effetti del sistema “Moggi”. Qualora il comportamento di L. Moggi venisse reputato colpevole con atti compiuti per conto del club bianconero, potrebbe configurarsi una responsabilità civile della società piemontese costretta, quindi, a pagare. Se, viceversa, Moggi verrà assolto, cadrà automaticamente la responsabilità civile della Juventus.
Nel procedimento risultano costituite parti civili oltre alla Federazione Italiana Gioco Calcio,anche le società Brescia, Bologna (sia quella attuale, sia la società dichiarata fallita negli anni scorsi), Atalanta, Lecce, Roma e la società fallita della Salernitana. Si sono costituite parti civile anche alcune associazioni di consumatori. Istanze sono state presentate anche da privati cittadini. Anche la società editrice EdiGamma si è costituita parte civile: chiede i danni per la mancata assegnazione del titolo alla Juventus avendo stampato 1 milione di figurine della Juventus campione d'Italia.
Richieste di risarcimenti danni anche dal ministero delle Finanze e dal ministero delle Politiche giovanili (nel 2006 guidato da Giovanna Melandri), l'avvocatura e i monopoli di Stato e la Rai.
Le tesi dell’accusa : ...continua

CENTOVENTINOVE

Ieri sera Obama era al Tonight Show di Jay Leno: una novità per un presidente in carica, molto apprezzata dalla stampa liberal. Una bella intervista, godibile, almeno fino a un certo punto: verso la fine della popolare trasmissione, infatti, al Presidente è scappata una battuta a dir poco controversa.
Obama stava dicendo a Leno di come ultimamente fosse migliorato molto a Bowling, grazie ai suoi allenamenti sulla pista della Casa Bianca: "Ho chiuso a centoventinove” ha detto Obama. Centoventinove è un punteggio piuttsoto scarso.
Leno ha sarcasticamente risposto: "Un bel punteggio, Presidente" e Obama di rimando: "Si, tipo le Special Olympics...", quelle che noi chiamiano le "Paraolimpiadi"
Una sonora presa in giro verso tutti i cosidetti "diversamente abili" e alla correttezza politica imperante negli Usa. E forse anche un errore di fatto: siamo pronti a scommettere che il campione di Bowling paraolimpico fa più dell'obamiano centoventinove.
Le scuse, infatti, sono partite prima ancora che lo show andasse in onda, dal telefono dell'Air Force One. E sono state recapitate a Tim Shriver, il presidente delle olimpiadi speciali, il quale si è affrettato a sottolineare il sincero pentimento dell’Illinois Boy, che certamente se la cava meglio a Basket che con il Bowling. Anche Bill Burton, vice-direttore dell’ufficio stampa presidenziale, si è scapicollato a dire che il suo presidente non intendeva offendere nessuno ma soltanto prendersi in giro da solo.
Se Bush avesse detto una cosa del genere, sarebbe stato come minimo lapidato in pubblico. Obama invece se la cava con un po' di critiche sui tabloid americani grazie alla sua - ormai proverbiale - velocità nello scusarsi. Lì altro che paraolimpiadi: Obama è un primatista assoluto.

CI HA MESSO POCO/6

Uno dei grandi errori di sottovalutazione di Bill Clinton fu pensare che avrebbe sconfitto Al Qaeda sparandogli addosso qualche missile. Nel 1998 il presidente ordinò di lanciare i Tomahawk contro un presunto complesso per la fabbricazione di armi nei pressi di Khartoum, in Sudan. La Cia credeva che Bin Laden fosse nascosto da quelle parti. In realtà il capo di Al Qaeda se l’era già squagliata e quando i missili centrarono il bersaglio si scoprì che era un'industria farmaceutica.
La strategia di Clinton, bombardamenti più o meno chirurgici per decapitare l’avversario e costringerlo alla resa (ne sa qualcosa la Serbia), servì a poco contro un nemico flessibile come Al Qaeda. La dottrina americana del colpire dal cielo per evitare perdite sul terreno permise a Bin Laden di definire gli Usa una “Tigre di carta”, un esercito che non aveva il coraggio di affrontare gli avversari in campo aperto.
Ieri la Cia ha esultato: Al Qaeda è in ginocchio in Pakistan. Gli ultimi 6 mesi di attacchi condotti con i Predator, i droni teleguidati dell’aviazione Usa, hanno decimato la dirigenza terrorista gettandola nel panico. Si è trattato della più vasta campagna di omicidi mirati messa in atto dal comando militare Usa dai tempi del Vietnam. Le operazioni erano iniziate nell’ultima fase della presidenza Bush, quando il presidente autorizzò la Cia a colpire nelle regioni tribali del Pakistan senza avvertire il governo di Islamabad.
Obama ha promesso di seguire la stessa strada. ...continua
di Bernardino Ferrero

"VEDO LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL"

Chi ha il coraggio di domandare a Dr. Doom Nouriel Roubini se la crisi ha toccato il fondo, se il peggio è passato, deve anche avere il coraggio di ascoltare la risposta che, sintetizzata in due lettere, è prevedibilmente "no". Per il professore di economia della New York University che gode oramai di una indiscussa fama mondiale per aver previsto con ampio anticipo e accurate analisi la crisi che ha messo in ginocchio il mondo, i mercati devono ancora scontare qualche altra cattiva notizia: è dell'opinione - in verità non è il solo - che i rialzi delle Borse di questi ultimi giorni siano un "bear market rally", con nuovi ribassi in arrivo. Tuttavia, in una intensa presentazione tenuta venerdì a Milano in un incontro a porte chiuse organizzato da Calyon Crédit Agricole, Dr. Doom ha concesso un barlume di speranza: "la luce in fondo al tunnel c'è", ha detto, anche se a denti stretti. E ha subito posto una serie di condizioni: purchè i Governi e le Banche centrali dei Paesi maggiormente colpiti dalla peggiore recessione dalla Grande Depressione del ‘29 – Stati Uniti, Unione Europea, Cina e Giappone in primis – "adottino misure anti-crisi molto aggressive di breve periodo". Quel che è stato fatto finora, tra stimoli fiscali e politiche monetarie anche non convenzionali, non basta. La gravità della crisi è tale ("l'economia mondiale rischia di cadere nel baratro della depressione", per dirla come la dice Roubini) da richiedere sforzi maggiori, azioni più tempestive e scelte più coraggiose da parte dei Governi. Ecco in sintesi il Doom-pensiero sulle principali questioni aperte che stanno più a cuore ai mercati, aggiornato al 20 marzo 2009.
Le banche
La "buona notizia" per Dr. Doom è che dopo il fallimento di Lehman Brothers ...continua

PIANO DISINTOSSICANTE

Il nuovo piano di salvataggio del sistema finanziario americano è pronto. Ora non resta che farlo funzionare, convincendo gli investitori a partecipare alle grandi "pulizie di primavera" organizzate dal Governo per spazzar via dai bilanci delle banche mille miliardi di dollari di asset tossici. Il ministro del Tesoro, Tim Geithner, si prepara ad annunciare all'inizio della prossima settimana, forse già oggi, una strategia su tre pilastri: la creazione di fondi in partnership pubblico-privato, affidati a gestori professionisti, per rilevare titoli nella bufera a cominciare da quelli garantiti dai mutui; un nuovo ente sostenuto dalla Fdic, l'autorità che assicura i depositi, che con il contributo privato si faccia carico di prestiti in sofferenza; un ampliamento del Talf, il Term Asset-Backed Securities Loan Facility nato per soccorrere il credito al consumo e alle piccole imprese.
L'amministrazione Obama, secondo il Financial Times, potrebbe inizialmente immettere nuove risorse tra 75 e i 100 miliardi. La cifra dovrebbe lievitare in seguito. Ma il timore è che la strategia non appaia abbastanza aggressiva e soprattutto che gli investitori, essenziali al suo successo, rimangano scettici: la cautela dei privati ad affiancarsi alle autorità è aumentata con le polemiche sui compensi degli executive coinvolti nei piani di soccorso. Per alleviare queste preoccupazioni, chi aderisce alla nuova strategia potrebbe essere esentato dai rigidi limiti sui compensi.
Comunque vada segnamo questa data, non vorremmo che Tim Geithner, un giorno, la dimenticasse.

MILANO TROTTO, MARTEDI' 24 MARZO

Pronostici convegni di corse
Pronostico Tris

EPISODIO 1: L'UOMO DAI 50 OCCHI

Sulla vicenda “calciopoli” si procede come l’ubriaco fra due file di lampioni: rimbalzando ora da una parte ed ora dall’altra, senza sapere dove andare. Sono anni che, con le intercettazioni diffuse, l’opinione pubblica sparla di quella o di questa vicenda senza conoscerne i contenuti. Penso che i giornalisti specializzati nel fare i copisti ed i velinari delle procure dovrebbero essere additati al pubblico disprezzo. Buffoni senza neanche la corte.

domenica 22 marzo 2009

INSIDERS GETTER

Quando un dipendente sente puzza di licenziamenti o di ridimensionamenti, fa scattare nella sua testa una serie di domande ben precise:
- Se toccherà a me?
- Come potrò fargliela pagare?
- Di che tipo di informazioni dispongo?
- Cosa potrò portare con me?
- Sanno che posso accedere anche a … ?
L’azienda sa bene che potrebbero esserci ritorsioni di questo genere, quindi mette in atto delle contromisure per tutelarsi. Contromisure che possono essere prese per uno, dieci o anche cento rancorosi. Ma cosa succede quando il numero è a quattro o più cifre? Succede che quelle contromisure diventano inapplicabili e si procede con una semplice disattivazione dei loro accounts e un cambio delle passwords condivise. Ed è così che una pugnalata autoinflitta viene scambiata per un piccolo graffio, con tutti i rischi clinici del caso. Infatti, licenziamenti e ridimensionamenti di massa, come quelli a cui assistiamo ormai da qualche tempo, rappresentano il miglior attacco non convenzionale possibile, peccato che il target sia l’autore dell’attacco.
Oltre al totale effetto destabilizzante che questi eventi causano nelle risorse umane, con tutte le sue conseguenze, entra in gioco pure la concorrenza sleale.
Ovvio, se licenzi 3000 dipendenti nessuna concorrente li assumerà tutti e 3000 o terrà colloqui con tutti loro per ottenere informazioni. Così come gli headhunters si metteranno in moto per agguantare i soli elementi di spicco, quelle figure che si porteranno appresso un bagaglio informativo sicuramente utile.
Ma, nel sempre sorprendente sottobosco dello spionaggio industriale, c’è un’altra figura che da qualche anno lavora a pieno regime: il procacciatore di insiders.
A differenza dell’headhunter ...continua

sabato 21 marzo 2009

IL MONDO CHE NON CAMBIA

Iran's supreme leader has dismissed overtures from the US president, saying Tehran does not see any change in US policy under Barack Obama's administration.
Ayatollah Ali Khamenei said in a speech on Saturday that there could be no change in US-Iran relations unless Obama puts an end to US hostility towards Iran and brings "real changes" in US foreign policy.
Iran's supreme leader rebuffed President Barack Obama's latest outreach on Saturday, saying Tehran was still waiting to see concrete changes in U.S. policy.
Ayatollah Ali Khamenei was responding to a video message Obama released Friday in which he reached out to Iran on the occasion of Nowruz, the Persian new year, and expressed hopes for an improvement in nearly 30 years of strained relations.
Iran's supreme leader rebuffed President Barack Obama's latest outreach on Saturday, saying Tehran was still waiting to see concrete changes in U.S. policy.
Ayatollah Ali Khamenei was responding to a video message Obama released Friday in which he reached out to Iran on the occasion of Nowruz, the Persian new year, and expressed hopes for an improvement in nearly 30 years of strained relations.

PRODURRE PANICO

The Obama administration has offered to talk to America's enemies across the globe, especially in the Middle East. So far, though, the offer has few takers.
Iran has called for "substantial changes in US foreign policy" as a precondition for talks. Syria wants the US to shut down the UN investigation into the murder of Lebanese ex-Premier Rafiq Hariri and insists on reviving its domination of Lebanon before "substantive talks" with Washington. The Taliban insists on "the complete withdrawal of foreign troops" from Afghanistan before it will consider talks.
Well, if your enemies won't talk to you, why not talk to your friends? But this is precisely what the new administration doesn't want to do - for that would look like continuing the Bush administration's "failed policies."
Notably, President Obama did not respond to greeting messages from America's Mideast allies until weeks after he'd entered the White House. The Iraqi leadership had to wait three weeks. Afghan President Hamid Karzai waited 40 days. Leaders of traditional allies such as Morocco, Egypt, Turkey, Jordan and Saudi Arabia didn't wait as long - but got only protocol calls devoid of political content.
Obama's emissaries to the region have made it clear that the new administration is keener on cultivating its foes than courting its friends.
Richard Holbrooke, the special envoy to Afghanistan and Pakistan, spoke of his desire to engage the Taliban but cited "scheduling problems" in not meeting America's friends among Afghan and Pakistani elites. In Kabul, he made it all but clear that the new administration sees the Karzai presidency as part of the "Bush legacy." In Pakistan, he sent signals that Washington is not keen on supporting President Asif Ali Zardari's government.
Secretary of State Hillary Clinton granted Lebanon's Prime Minister Fouad Siniora only a photo-op handshake during a conference on Gaza held in Egypt. Siniora, whose coalition government faces a crucial election in June, had hoped for a "convincing show of American support." Instead, he was cold-shouldered.

CAN WE DEFEAT THE TALIBAN?

On the basis of my field experience in 2005–08 in Iraq, Southeast Asia, Afghanistan, and Pakistan, I assess the current generation of Taliban fighters, within the broader Taliban confederation (which loosely combines old Taliban cadres with Pashtun nationalists, tribal fighters, and religious extremists), as the most tactically competent enemy we currently face in any theater. This judgment draws on four factors: organizational structure, motivation, combat skills, and equipment.

OBAMA LANCIA SEGNALI DI PACE

La risposta di Tehran alla “storica apertura” di Barak Obama è stata irriverente nella forma e nella sostanza. Né Khamenei, né Ahamadinejad hanno per ora ritenuto di rispondere, e hanno delegato la prima reazione a un oscuro “consigliere per i media”, Ali Akbar Javanfekr: “Accogliamo con favore la volontà del presidente americano di mettere da parte le nostre divergenze passate”. Ma Javanfekr ha subito tirato una stoccata polemica: “Il modo per arrivarci non è però di chiedere all’Iran di dimenticare unilateralmente il comportamento aggressivo degli Usa in passato” e ha preteso da Obama una “riparazione dei loro errori”, non solo quelli storici, da Mossadeq al 1988, ma anche e soprattutto quelli dell’oggi. Un elenco di “errori” che suona come una sfida beffarda agli stessi assi portanti della strategia degli Usa e di Obama: “Le sanzioni economiche contro Teheran; il cieco sostegno Usa al regime usurpatore di Israele, a commettere le sue azioni violente, tra cui l’arresto di musulmani (riferimento ad Hamas) o il sostegno ai gruppi terroristi nel mondo”. Il tutto, subito rafforzato dal ministro dell’Energia, Parviz Fattah, che ha annunciato proprio ieri che la centrale nucleare di Busher entrerà in funzione entro 20 giorni, che il programma atomico iraniano continua a pieno ritmo, aggiungendo: ...continua

AUGURARE BUON ANNO A TEHERAN

Barack Obama si è rivolto al popolo e ai leader iraniani con un messagio video postato sul sito della Casa Bianca e sottotitolato in farsi (anche il presidente israeliano Shimon Peres ha fatto la stessa cosa). L’occasione è stata il Nowruz, il capodanno persiano. L’intento era di dimostrare ancora una volta a Teheran e al mondo la nuova disponibilità al dialogo con gli ayatollah, come era stato preannunciato in campagna elettorale e ribadito nel giorno dell’insediamento alla Casa Bianca, quando ha annunciato che l’America sarebbe pronta a tendere la mano, qualora gli iraniani smettessero di serrare il pugno. La risposta, allora, fu di chiusura e anche recentemente gli ayatollah hanno sottolineato la continuità fra Obama e Bush.
La campagna obamiana di marketing è rivolta non soltanto agli iraniani, ma anche al pubblico occidentale, felice di avere finalmente un presidente che parla di dialogo. La strategia obamiana è identica a quella dell’intervista al canale satellitare Al Arabiya, pochi giorni dopo l’insediamento del 20 gennaio, in cui il presidente ha spiegato al mondo arabo che l’America è pronta a mettere da parte la politica degli ultimi trent’anni. Nella sostanza, al di là della grande operazione mediatica, ancora è cambiato poco. La settimana scorsa ...continua

venerdì 20 marzo 2009

FURBETTI

Although Treasury Secretary Timothy Geithner told congressional leaders on Tuesday that he learned of AIG's impending $160 million bonus payments to members of its troubled financial-products unit on March 10, sources tell TIME that the New York Federal Reserve informed Treasury staff that the payments were imminent on Feb. 28.
That is 10 days before Treasury staffers say they first learned "full details" of the bonus plan, and three days before the Administration launched a new $30 billion infusion of cash for AIG.
---
Riepiloghiamo. Nel settembre del 2008, Geithner è l’attore principale nella trattativa tra AIG, Fed e Tesoro per il salvataggio della compagnia assicurativa. Nel gennaio del 2009, AIG avverte la Fed dell’esistenza di bonus milionari per il suo management incompetente. Il Tesoro – mentre Geithner combatte con il Congresso per la sua conferma a ministro malgrado il suo passato di evasore fiscale – continua a regalare dollari ad AIG come se niente fosse. Nel marzo del 2009, dopo la ribellione dell’opinione pubblica, Geithner dichiara che è venuto a conoscenza dei bonus soltanto 5 minuti prima, quando ormai era troppo tardi per fare qualcosa.
Voi, sinceramente, gli credereste?

giovedì 19 marzo 2009

CRISI D'ASTINENZA

C'è la crisi, c'è la disoccupazione, c'è la cassa integrazione. Ma allora spiegatemi un paio di cose: vado all'ipermercato e incrocio decine di carrelli con dentro, oltre ai regolamentari pane e salame, uno schermo piatto LCD da 40 pollici. Prendo la statale e mi trovo in coda dietro un esodo di macchine con due paia di sci sul tetto. Salgo sulla metro e sono circondato di ragazzini che si mandano "mms" dalla testa alla coda del vagone, e ritorno, con telefonini da 300 euro. Scusate... qualcosa allora non quadra.
Io sento parlare di gente che non arriva alla fine del mese. Ma solo per capirci, non ci arriva per cosa?
Perchè se il problema è non riuscire a comprare il pane da mettere in tavola sono d'accordo, ci mancherebbe. Ma se il problema è non arrivare alla fine del mese con la ricarica del telefonino per mandare ai miei amici le foto del mio gatto mentre passeggia sulla lettiera, allora non ci sto. Se il problema è non arrivare a farmi il quarto weekend su quattro al Sestriere, allora non ci sto. Anche per questo la gente borbotta, mugugna, ma poi tira avanti. Le persone che vivono accanto a me, conoscenti e affini continuano (per fortuna) a svolgere la stessa vita dello scorso anno, con qualche scossa di assestamento ma niente di così catastrofistico, e non viviamo a Buckingham Palace. Il giorno che davvero sentiremo la crisi, quando cioè saremo noi a salire di nuovo sulle barche come abbiamo fatto cent'anni fa e come fanno oggi gli albanesi e i senegalesi a cui tanti vorrebbero lanciare siluri, allora lì saremo autorizzati a disperarci.
Ma oggi come oggi io non voglio disperarmi per la crisi dei grandi manager che hanno gettato nel cesso miliardi di dollari e di euro grazie agli abomini dei "subprime" ed altre tossicità simili. In fin dei conti, fino a che tutto è andato bene, non mi hanno mai invitato a brindare con loro.
Tremonti ci dice che il 2009 sarà peggiore del 2008. Però, in queste giornate di primavera anticipata, si sente dire che è importante percepire questa crisi per tornare alla normalità.
Allora mi domando: quale normalità?
La Fed annuncia che l'economia è ancora in contrazione; il Fondo monetario internazionale emette la stessa sentenza: il 2009 sarà marchiato dalla prima recessione mondiale dopo 60 anni di ininterrotta espansione economica. La ripresa è prevista per il 2010, ma per poter centrare l’obiettivo l’Fmi invoca interventi immediati da parte del G20, soprattutto per contenere l’ulteriore deterioramento del settore bancario.
Quest'ultimo, in Italia, può addirittura emettere delle obbligazioni speciali che il ministero del Tesoro si è detto pronto a comprare.
Continuo a non capire. Chi aveva le pezze al sedere continua ad averle, sento i telegiornali dire di aumenti nei generi alimentari eppure da un anno a questa parte quando vado a far la spesa vedo che i prezzi sono sempre uguali (e poi basta avere un po' d'intelligenza, se vedo un cavolfiore a 2 euro al chilo non lo compro). Vedo la gente che continua a spendere e spandere, i locali son sempre pieni, la "montagna" quest'anno ha avuto un boom. Dunque questa normalità dove albergherebbe?
Ci sono “single” che si lamentano perché con 1500 euro al mese non riescono a strafogarsi di aperitivi tutte le sere, con annessi locali da ballo.
Stiamo mancando l'occasione della crisi. Abbiamo l’astinenza del comprare un bene superfluo per seguire determinate regole di mercato e/o di tendenza, senza neppure sapere cosa abbiamo comprato. "C'è crisi" perché la gente ha scoperto che anche i "piccoli lussi" non sono la norma, altro che normalità. Di conseguenza, l'economia drogata anche da quei piccoli lussi, ne risente.
Se il tornare alla normalità significa nuovamente generare il mostro dei subprime, far collassare il credito maneggiando incautamente le carte di debito, spendendo in maniera scriteriata, allora è meglio frequentare il salotto di casa, magari con un piatto di spaghetti, per disintossicarsi dalla "crisi".

OBAMA DEVE RESISTERE ALLA TENTAZIONE DI TRATTARE CON LA SIRIA

Inquietante la lunga intervista che Beshir al Assad ha rilasciato stamane a Repubblica. Due pagine per lanciare in apparenza la piena disponibilità a un appeasement con gli Usa di Obama e contemporaneamente ribadire, con puntiglio sfacciato, tutte, ma proprio tutte le posizioni oltranziste e guerrafondaie che la Siria sostiene da 40 anni sotto il tallone di ferro dei due dittatori, padre e figlio.
Pieno sostegno alle organizzazioni terroristiche Hamas e Hezbollah, che ancora due giorni fa ha dichiarato per bocca dello sheikh Nasrallah il proprio progetto strategico di “distruggere Israele”; rivendicazione piena e totale del recupero della sovranità sulle Alture del Golan; scarico totale su Ehud Olmert della responsabilità del fallimento della mediazione del turco Tayyp Erdogan tra Siria e Israele, là dove è stata invece Damasco a rifiutare nettamente la richiesta di un allentamento dell’armamento di Hezbollah e Hamas; ribadita volontà di mantenere il “protettorato libanese”, non più manu militari, ma – appunto – tramite Hezbollah. Unica novità, il lancio formale del ruolo di mediazione tra Iran e Obama.
Mediazione che ha del tragicomico nel momento in cui Teheran rifiuta nettamente ogni e qualsiasi ammorbidimento della sua posizione e dei suoi progetti nucleari e pretende che Obama si sieda al tavolo già perdente in partenza. Nulla di strano: la grande resistenza al potere di Hafez al Assad, padre di Beshir, è sempre stata quella di proteggere tutte le organizzazioni e iniziative terroristiche e destabilizzanti possibili e immaginabili (incluso Abu Nidal, inclusi gli assassini dei dirigenti di al Fatah), proponendosi contemporaneamente come “mediatori” in tutti i tavoli di trattativa possibili e immaginabili per condurre trattative tanto sfiancanti, quanto inconcludenti, inclusa – non va dimenticato – la piena partecipazione di Damasco alle trattative dal 1993 al 2000 successive agli accordi di Oslo e al trattato Arafat-Rabin...
Strana, stranissima, misteriosa è e continua ad essere la piena apertura di credito ...continua
pubblicato su "l'Occidentale"

MISSILI IN PISTA

Vanno veloci i 3 anni indigeni. Evidentemente sentono la primavera e l’avvicinarsi delle prove che contano, quelle con gli albi d’oro e i soldi veri. Veri nonostante la contrazione del montepremi, linfa indispensabile in tempi di crisi come quello attuale. In poco più di due mesi le nostre M hanno abbassato il record della generazione di quasi un secondo e mezzo, portandolo dall’1.14.7 invernale di Mario Tommaseo all’1.13.3 di Mefisto Falu. Teatro di queste piccole, grandi imprese sempre e comunque il tapis roulant di San Siro, sul quale il cronometro è ormai da tempo protagonista. Martedì, infatti, complice la giornata primaverile, l’allievo di Massimo Barbini, praticamente al rientro (il 2 marzo a Firenze è uscito di scena all’imbocco della prima curva), ha sfruttato il rtimo sollecito imposto da Gio Fulici in sulky a Missouri Dm e nel mezzo giro finale ha aggredito Montemagno Dr, per piegarlo chiaramente in arrivo. Qualche difesa dovuta al carattere ancora verde nel sorpasso, ma una sostanziale impressione positiva per un soggetto miglioratosi in un colpo solo di quasi tre secondi e di sicura prospettiva classica. Che fosse un pomeriggio favorevole per i 3 anni, lo si era già capito con il ciocco di Moma As, inappuntabile al rientro da settembre e alla prima uscita versione Lorenzo Baldi nel suo millesei in meno di 1.59. Senza dimenticare che nel clou Maluenda, per i colori della Louisiana, ha trottato i due giri a media di 1.15.4. Insomma, lavori in corso... Barbini, Baldi e Mollo possono guardare al prosieguo della stagione con fiducia, ma anche Mauro Baroncini ha buoni motivi per giore. Circa un mese fa, guarda caso a San Siro, ha portato Memory Gams all’allora record della generazione prima dell’avvento di Mefisto. L’1.13.7 della figlia di Uronometro, quel giorno, ha fatto più o meno scalpore come il botto di martedì di Mefisto Falu, ma solo nelle proporzioni della sua impresa, perché sul suo conto circolavano già buone voci da tempo. Questi, insieme a Miss Lady Effe, Marion Bi, Marlon By Pass, Moses Rob e Mister Caf, per citare i più rappresentativi di questo primo scorcio di stagione, sono da considerare i soggetti emergenti di una generazione in logica fase di assestamento. E in attesa che tornino in scena i presunti big della leva, vale a dire i protagonisti dei Gruppi I disputati la scorsa stagione. Il riferimento è a Mania e Main Wise As, vincitori rispettivamente dell’Allevatori e del Gran Criterium. Ma anche a Martina Gual e Mind Wise As, in evidenza nei due Filly di spicco del 2008. Intanto il lungo iter di vertice dei 3 anni si è già messo in moto. L’8 marzo la pista di Firenze ha espresso i primi due verdetti, relativi al Premio Dante e Beatrice, vinti rispettivamente da Mackrouge Op e Moriera As, col maschio di Bjorn Lindblom molto convincente nel sottomettere l’atteso Mario Tommaseo, altro emergente della leva, ma in quella occasione un po’ al di sotto delle aspettative. Per vedere i big bisognerà quindi attendere la pista grande e, probabilmente, la selettiva media distanza. Pertanto Roma, Milano e Napoli, le sedi delle prossime Poule, con San Siro e Agnano che diranno qualcosa di più significativo in prospettiva doppio chilometro.

PRIMO MAGGIO

1982-Sant'Ilario d'Enza-Festa dell'Unità

Grande festa per i venti anni dell'iniziativa. I sindacati confederali hanno deciso di organizzare un'edizione del "concertone" del Primo Maggio particolarmente ricca. Su tutti spicca il nome di Vasco Rossi che ritorna sul palco della manifestazione dopo dieci anni, ma la lista comprende artisti del calibro di Edoardo Bennato, Caparezza e il jazzista Stefano Bollani. Il tema scelto quest'anno è "Il mondo che vorrei" e la musica sarà chiamata a esprimere la voglia di rinnovamento che troppo spesso, però, non giunge alle orecchie dei politici. A fare da presentatore è stato chiamato l'attore Sergio Castellitto.
Come sempre l'appuntamento è fissato per il primo maggio in Piazza San Giovanni a Roma.

AUGURI PAPA'

Sono un sognatore ma quando mi sveglio non puoi spezzare il mio spirito, sono i miei sogni che prendi con te e visto che stai andando via, ricordati di me, ricordati di noi e di quello che eravamo... ti ho visto piangere, ti ho visto sorridere, ti ho guardato per un pò mentre dormivi... ed io ancora stringo la tua mano nella mia quando mi addormento, e sopporterò la mia anima nel tempo mentre mi inginocchierò ai tuoi piedi. Addio amore mio, addio amico mio sei stato unico, unico per me.

In questo giorno di auguri, di gioia e di festa io ti ricordo, come sempre faccio ad ogni alba. Ricorderò per sempre di te gli insegnamenti, le raccomandazioni, le pacche sulle spalle e gli occhi corrucciati. Oggi di te ricordo le parole dirette al mio primo genito. Parole che volgo a Diego e Davide, come tu avresti sicuramente fatto. Loro non avranno mai il piacere carnale di poterti abbracciare, ma toccandomi potranno conoscerti, perchè alla fine nessuno muore mai completamente, qualcosa di lui rimane sempre ... vivo dentro di noi.

mercoledì 18 marzo 2009

OBAMA TO BACK

Barack Obama è deciso a proseguire sulla linea di rottura rispetto all’amministrazione Bush sui temi di etica. La Casa Bianca, secondo alcune fonti governative riprese dai maggiori quotidiani americani, tra cui il NYT, si appresa infatti a dare il proprio sostengo alla dichiarazione dell’Onu contro la criminalizzazione dell’omosessualità. Una dichiarazione che George W. Bush aveva rifiutato di firmare.
I diplomatici americani all'Onu, proseguono le fonti, avrebbero informato in questi giorni la Francia, promotrice della dichiarazione, sulle nuove intenzioni degli Stati Uniti. Lo scorso dicembre, l'amministrazione Bush fu al centro di critiche per aver rifiutato di sottoscrivere il documento, al quale è stato dato l'appoggio tra gli altri dai paesi dell'Ue e da Giappone, Australia e Messico. Tra gli stati che hanno deciso sin dall’inizio di non sottoscrivere il documento c’è pure il Vaticano.
L'Arcigay: Usa di nuovo paladini della libertà - Soddisfatta l’Arcigay italiana che parla di “svolta”: “La nuova amministrazione vuole cancellare il periodo oscurantista della presidenza Bush”, ha dichiarato il presidente di Arcigay Aurelio Mancuso, secondo il quale “gli Usa tornano a essere un'eccellenza di libertà per denunciare i fondamentalismi che ancora oggi incarcerano, torturano e uccidono migliaia di persone nel mondo”. L’associazione ha ripreso anche la polemica contro le parole del papa Benedetto XVI in merito al problema dell’Aids in Africa, dicendosi soddisfatta “della reazione che i governi francese e tedesco stanno avendo in queste ore nei confronti della tragica presa di posizione del papa contro l'uso del preservativo”.

DI PIETRO DA' UNO SCHIAFFO NEI DENTI AL PD

...e candida De Magistris che voleva processare e fece cadere Prodi
Avanti un altro! Il partito dei Pm che conducono inchieste che li fanno diventare parlamentari si infoltisce con la scelta di Luigi De Magistris di candidarsi alle europee nelle liste di Di Pietro, suo leader naturale, peraltro, per biografia e grettezza politica. La scelta, in questo caso, è sconvolgente, e non solo perché conferma che in Italia il cursus honorum dei pubblici ministeri ha uno sbocco naturale –in realtà palesemente distorto- nel Parlamento nei partiti della sinistra (al momento sono una decina, tra i quali Di Pietro, D’Ambrosio, Tenaglia, Casson e Ferranti), ma perché questa candidatura è –come si direbbe a Oxford- un calcio nei denti al Pd di Franceschini, tuttora e inspiegabilmente alleato dell’Italia dei Valori. De Magistris, con la sua inchiesta “Why not?” va ricordato, non ha solo provocato una guerra tra le procure di Catanzaro e Salerno che è sfociata in incredibili perquisizioni notturne incrociate nelle case dei magistrati delle due procure, obbligando il Csm a duri interventi. De Magistris ha fatto meglio e di più: ha dato un contributo non secondario nella caduta del governo Prodi. L’ipotesi accusatoria della sua inchiesta, infatti lo ha portato a indagare su Romano Prodi, il suo Guardasigilli Clemente Mastella, il deputato del Pd –stretto collaboratore di Prodi- Sandro Gozi, Agazio Loiero, presidente della Calabria del Pd, oltre a Lorenzo Cesa, segretario dell’Udc. Inutile dire che nelle pagine della sua inchiesta si trovano molta fantasia, moltissimi teoremi, infiniti aggettivi e poco altro. Il fatto è che la destabilizzazione di Prodi e il percorso che portò Mastella a rifiutargli la fiducia in Parlamento, iniziò proprio quando il Guardasigilli dovette esercitare i suoi legittimi diritti di difesa da un inchiesta irrispettosa di tutto, anche della forma. Veltroni, però, col pieno assenso di Franceschini ha poi scelto Di Pietro come unico e solo alleato in Parlamento e ora – con la candidatura di De Magistris nell’Idv- si ritrova ripagato con un ennesimo sberleffo. Candidare De Magistris definisce infatti un sillogismo implacabile: la sua inchiesta su Prodi, Gozi, Loiero, era più che legittima ed è stata impedita con l’artificio. Il corto circuito interno all’opposizione diventa così incandescente e non tarderà a provocare ulteriori faville. Detto questo ...continua

ASSISTENZA SANITARIA

President Obama today abandoned a proposal to bill veterans' private insurance companies for treatment of combat-related injuries after the measure prompted an outcry from veterans service organizations and members of Congress.
The proposal would have authorized the Department of Veterans Affairs to charge private companies for treating injuries and other medical conditions related to military service, such as amputations, post-traumatic stress disorder and other battle wounds. The measure was intended to save the VA about $530 million a year, but the administration's pursuit of third-party billing sparked resistance from leaders of powerful veterans groups, who met earlier this week with Obama.

martedì 17 marzo 2009

ANCHE OBAMA HA UN PROBLEMA CON LA "CASTA"

Oggi ho firmato la mia prima protesta contro l’amministrazione Obama, un atto che non prevedevo di dover commettere, almeno non così presto. Si fa per dire, più che una protesta è un avvertimento amichevole, e la spinta viene da moveon.org, il network di militanti progressisti che ha promosso la seguente petizione da presentare al Ministro del Tesoro: “Per nessuno motivo i dirigenti dell’AIG che hanno contribuito alla crisi finanziaria attuale devono ricevere un compenso. I soldi sono i nostri e dobbiamo fare tutto il possibile per riprenderceli”.
Il presidente sembra già aver capito e con una mossa preventiva ha annunciato che farà davvero tutto il possibile per bloccare – e far restituire – i 165 milioni di dollari che l’AIG ha pagato ai propri dirigenti, attingendoli dalle casse del salvataggio statale. Erano settimane che si discuteva su cosa chiedere in cambio alle grandi banche e industrie che ricevono aiuti dal governo. E la risposta è sempre stata la stessa: poco o niente, non siamo Europei, non crediamo all’economia controllata. Con un’eccezione. Prima di aiutare l’industria dell’auto, sono state chieste delle concessioni ai sindacati, una conferma delle credenziali anti-socialiste americane, ma ai banchieri i soldi sono stati regalati. Adesso ci si deve arrampicare sugli specchi per impedire un uso del tutto privato del denaro pubblico.
Gli Stati Uniti non saranno l’Europa ...continua

CARO OBAMA

Centosessantatré analisti ed esperti di politica estera americani e arabi, in gran maggioranza liberal e di sinistra, hanno firmato una lettera aperta indirizzata al presidente Barack Obama per chiedergli di promuovere la democrazia in medio oriente. L’iniziativa a sostegno di uno dei punti centrali della Freedom agenda elaborata da George W. Bush dopo l’11 settembre del 2001 è stata promossa dal Centro studi sull’islam e la democrazia, dal Project on Middle East democracy, dalla fondazione progressista newyorchese Century, dal professore liberal dell’Università di Stanford Larry Diamond, dalla Carnegie Endowment for international peace e da Freedom House. Tra i firmatari, preoccupati che la politica democratica non sarà nella lista di priorità della presidenza Obama, ci sono il saggista neoconservatore Robert Kagan, l’ex neocon Francis Fukuyama, il direttore della rivista iper progressista di cultura ebraica Michael Lerner, l’ex direttore dell’American Civil Liberties Union (Aclu) Morton Halperin, già numero tre del dipartimento di stato di Bill Clinton e oggi vicepresidente del centro studi di John Podesta Center for American Progress, l’ex direttore di New Republic Peter Beinart, il blogger e saggista di sinistra Matt Yglesias e un buon numero di dissidenti arabi e musulmani a cominciare dal leader democratico egiziano Saad Eddin Ibrahim.
La lettera si apre con le congratulazioni a Obama ...continua

STATI USA, QUANTI?

intervista a Said Tayeb Jawad di Roberto Barducci
Said Tayeb Jawad è l’attuale ambasciatore afgano negli Stati Uniti. È stato nominato nel dicembre 2003. Nativo di Kandahar, nel 1980, dopo l’invasione sovietica, ha vissuto in esilio prima in Germania e poi negli Stati Uniti. Rientrato in Afghanistan nel 2002, ha collaborato con il presidente Karzai come suo addetto stampa prima della nomina ad ambasciatore.

lunedì 16 marzo 2009

INDEBOLIMENTI

Ai tempi del grande entusiasmo neocon, quando analisti come David Frum scrivevano che bisognava spaccare in due l’Arabia Saudita (tenendosi i pozzi petroliferi e abbandonando la monarchia regnante al suo destino), i Saud erano come fumo negli occhi a Washington. Secondo la teoria dell’“effetto domino”, gli Usa avrebbero dovuto “liberare”, uno alla volta, l’Iraq, l’Iran e alla fine affrontare il vero male che era concentrato in Arabia Saudita. E c’è stato un momento in cui davvero principi e sovrani arabi devono aver pensato che la sacra alleanza con gli Usa era finita.
Ma Bush fu molto chiaro: se combatterete seriamente Al Qaeda invece di favorirla come avete fatto fino all’11 Settembre, gli Stati Uniti saranno a fianco dei governi arabi e musulmani nella guerra mondiale contro il terrorismo jihadista. Il presidente americano cercava quindi di riprendere il controllo di una situazione – quel grumo di interessi che unisce storicamente Washington ai sauditi – che sembrava essergli sfuggita di mano. ...continua
Intanto "The Nation" (Pakistan) parla di indebolimenti.

SENZA RICORDI

Recentemente ho scritto di quanto la storia, se maneggiata incautamente, possa essere sadica e severa.
Il 5 maggio 1821 morì, sull’Isola di Sant’Elena, l’Imperatore di tutti i francesi. Il 19 luglio 1821, poco dopo aver appreso la notizia della morte di Napoleone, Alessandro Manzoni scrisse la famosa ode “Il cinque maggio”, che ebbe una forte risonanza in tutta Europa e che fu tradotta in tedesco da Johann Wolfgang Goethe.
Da notare come con la suddetta opera, che è stata scritta dopo la morte di Napoleone, in modo che Manzoni non potesse riceverne nessun vantaggio (infatti il Manzoni non nutriva tanta simpatia per il dittatore e al contrario di molti letterati suoi contemporanei, non stese mai un'ode nei suoi confronti), il poeta ha esplicitamente fatto intendere di non voler né denigrare né celebrare il personaggio storico, ma ha rimandato questo giudizio ai posteri (con una frase che diverrà celebre e rimarrà nell'uso comune della lingua italiana: "Fu vera Gloria? Ai posteri l'ardua sentenza", vv 31-32), i quali, con maggiore distacco potranno valutare meglio dei contemporanei, coinvolti nelle passioni dell'epoca.

Per il popolo bianconero, coinvolto sempre nella passione, il cinque maggio porta ricordi meno poetici che l’ode scritta da Alessandro Manzoni, ma altresì intrisi di emozioni.
Ogni singolo tifoso, di quella domenica, ha ricordi stampati nella mente. Ricordi che mai potranno sbiadire.
Il sapore di una vittoria, qualunque essa sia, lascia sempre un segno, perché voluta, combattuta, rincorsa. Ma ce ne sono alcune che “sforano” dal semplice ricordo. A volte si pensa semplicemente ad una partita, a novanta minuti vissuti intensamente, dove le emozioni si sono susseguite in ogni istante dell’incontro; come non ricordare quel Juventus-Fiorentina dove un giovanissimo Del Piero completava una rimonta “quasi” impossibile.
Oppure si può gioire per tutta la notte dopo aver vinto uno scudetto inseguito per otto, lunghi, mesi. In quel cinque maggio 2002 ci sono racchiusi tutti i sogni di un qualunque tifoso: vincere all’ultima giornata dopo aver inseguito; battere la rivale storica del momento. Un sogno che la Juventus di Moggi, Giraudo e Bettega hanno fatto avverare a milioni di tifosi bianconeri, impazziti di gioia in una domenica che non si dimenticherà mai.
Uscita dalla Champions League la Juventus si rituffa in campionato, e dalla voce di Cobolli Gigli si levano queste parole: “Naturalmente sappiamo che ci sono 7 punti di distacco, però siamo fortemente determinati”. Alla successiva domanda, in cui si chiedeva se questo campionato avvincente potesse riservare un nuovo cinque maggio, il presidente bianconero ha risposto: “Per me il 5 maggio è solo quello di Manzoni”.
Manzoni, “criticando” la sua opera, volle che il giudizio sulla stessa si potesse esprimere con maggior distacco, con maggiore serenità, lasciando ai posteri le conclusioni.
Il difficile periodo storico calcistico è passato, le ferite ancora aperte ma le macerie oramai immobili. Eppure i giudizi sono ancora denigranti, quasi spocchiosi, e poco importa, a loro, se c’è un “popolo” che con passione ha attraversato ogni istante della propria vita con le gioie e i dolori che la propria squadra ha lasciato. Manzoni, pur non nutrendo simpatia per Napoleone, mise in risalto le imprese, le battaglie, fino ad immaginare come l’Imperatore dei francesi potesse soffrire rinchiuso in un’isoletta dispersa. In quell’isola dimenticata, oggi, ci siamo noi, tifosi bianconeri, abbandonati da chi ha catalogato la nostra passione.
Maneggiando incautamente la storia si rischiano giudizi severi, non conoscendola si rimane senza ricordo, né giudizio.

domenica 15 marzo 2009

VENTI PAGINE

La nuova strategia americana sull’Afghanistan è un documento in 20 pagine che indica come priorità l’eliminazione dei «santuari di Al Qaeda in Pakistan». A svelarlo è l’ammiraglio Mike Mullen, capo degli Stati Maggiori Congiunti, spiegando in un’intervista alla tv Pbs che il testo sarà «reso noto fra breve, verrà illustrato dal presidente Barack Obama al summit della Nato e si articolerà in 15 obiettivi, militari e civili».
George W. Bush elaborò la propria strategia sulla «lunga guerra globale al terrore» in risposta agli attacchi dell’11 settembre 2001 mentre ora Obama si concentra sullo scenario dell’Afpak - Afghanistan e Pakistan - perseguendo l’obiettivo di smantellare ciò che resta di Al Qaeda, eliminare i gruppi che la fiancheggiano e di stabilizzare i due Paesi «non solamente con la forza militare»: riccorrendo a interventi economici come al dialogo con i leader taleban disposti a collaborare con il governo di Kabul. Ad illustrare i dettagli del documento strategico ad una ventina di deputati e senatori sono stati i due uomini di punta di Barack Obama sull’Afpak: il generale David Petraeus, comandante delle truppe in Medio Oriente, e l’inviato Richard Holbrooke. Entrambi, secondo indiscrezioni di Capitol Hill, hanno messo l’accento sulla necessità di essere «più attivi in Pakistan» al fine di impedire ai gruppi jihadisti di usarlo come «santuario» per destabilizzare l’Afghanistan.Da qui le tre direzioni di marcia dell’amministrazione Obama che saranno incluse nel documento strategico. Sul fronte militare, l’invio in Pakistan di un consistente numero di istruttori militari per addestrare le truppe speciali come anche di ingenti mezzi per rafforzare il dispositivo che fa capo al generale Parvez Kayani, identificato dall’intelligence Usa come il nuovo uomo forte a Islamabad. Sul fronte economico, la promessa al Pakistan di nuovi aiuti per 15 miliardi di dollari, la prima tranche da 1,5 miliardi sta già per essere consegnata. E, infine, sul fronte politico un impegno multilaterale per «sostenere le istituzioni pakistane» al momento incapaci di controllare gran parte del Paese. «Rischiamo di avere una teocrazia con l’atomica e questo non mi fa dormire la notte» ha detto Mullen. Della necessità di «rafforzare il Pakistan» ha parlato Holbrooke la scorsa settimana a Washington con Attilio Iannucci, inviato della Farnesina per l’Afpak, così come è avvenuto nel colloquio fra Bruce Reidel - l’ex agente della Cia stretto consigliere di Obama - e il segretario generale della Farnesina, Giampiero Massolo. I messaggi consegnati all’Italia da Holbrooke e Reidel sono stati all’unisono: poiché il nostro Paese è il secondo partner economico del Pakistan in Europa può giocare un ruolo i primo piano nel «consolidarne le istituzioni» spingendo anche l’Ue ad avere più stretti legami con Islamabad nell’ambito di una «strategia di stabilizzazione regionale dell’Afghanistan che coinvolge anche l’Iran e l’India».Riguardo all’Afghanistan, Holbrooke e Reidel hanno chiesto all’Italia di inviare carabinieri per la sicurezza civile, istruttori per le forze armate di Kabul e maggiori aiuti economici per la ricostruzione. Riguardo all’impegno delle truppe italiane in combattimenti nelle zone più calde del Sud e dell’Est il Pentagono lamenta la persistenza della richiesta di Roma di un preavviso di sei ore per mobilitarle ma la Difesa obietta che potrà rinunciare a tale condizione solo se sarà consentito ad alcuni ufficiali italiani di essere nella «war room» che gestisce le operazioni di prima linea.

"LA CRISI NON E' COSI' GRAVE COME SI PENSA"

"La crisi non è così grave come si pensa”, ha detto improvvisamente il presidente degli Stati Uniti Barack Obama a una tavola rotonda convocata giovedì pomeriggio dalla Casa Bianca con i maggiori dirigenti industriali americani. Dopo mesi di catastrofismo e di scenari da tregenda, Obama è tornato a usare i toni ottimisti e positivi a lui più congeniali, come aveva già fatto nel discorso al Congresso riunito in seduta comune a fine febbraio. Ora il presidente ha detto di essere “altamente ottimista” per il futuro e di fronte alla business community è quasi arrivato a sminuire la portata della crisi economica che soltanto qualche settimana fa, a seguire la sua retorica, sembrava il segnale dell’apocalisse. I dati sulla disoccupazione e le ricerche sulla perdita della ricchezza continuano a essere impressionanti, ma probabilmente la Casa Bianca ha capito che per rassicurare i mercati e il sistema finanziario sia doveroso distillare fiducia, piuttosto che diffondere ulteriore panico. Anche Lawrence Summers, capo degli economisti della Casa Bianca, ha detto che ci sono segnali che la crisi sta cominciando a rallentare, pure se la fine è ancora lontana.
A confortare il nuovo approccio obamiano ci sono alcune notizie in controtendenza rispetto al catastrofismo degli ultimi tempi. Le Borse hanno dato segnali di ripresa, i dati delle vendite al dettaglio sono stabili e decisamente migliori rispetto alle previsioni, giganti bancari come Bank of America e Jp Morgan hanno ricominciato a produrre profitti. Ma sono soprattutto le notizie provenienti da Citigroup ad aver galvanizzato Wall Street. Data per insolvente – “fallita di fatto” – fino a qualche settimana fa, Citigroup ha annunciato di aver registrato profitti nei primi due mesi dell’anno e di prevedere un attivo di 8 miliardi e 300 milioni di dollari nel primo trimestre ...continua